COLLI

Colli di Monte Bove (AQ.), il Secolo Scorso

image
image
image
image
image
image
image
image
image
image
image
image

C'era una volta un Castello...

Il suggestivo disegno del Castello di Colli (1978)
di Paolo Emilio Capaldi
Ricercatore e Storico

Sul finire degli anni Settanta del secolo scorso, fiorisce la letteratura riguardante i manieri, le rocche ed i castelli dell'Abruzzo. Tra questi ho ritrovato il seguente libro illustrato, opera fuori dal comune: PIETRO PERNARELLA, C'era una volta un castello...Ricerca di antichi valori. Torri e castelli dell'Abruzzo Aquilano in 58 disegni, Roma, Tipografia Aipe's, 1987. (126 pp.).
Si tratta di 58 disegni a china dei castelli dell'aquilano.
La copertina del prezioso volume
Vorrei condividere la bellezza di quest'immagine con l'interesse dei cultori del genere, sicuramente, l'occhio esperto dell'artista avrà aggiunto sapientemente, quel che poco manca all'edificio nella realtà.
A pagina 51 si può ammirare il disegno delle rovine del Castello di Colli di Monte Bove.
Nella pagina seguente, pagina 52, si può leggere la scheda illustrativa del disegno:
"...Colli di Monte Bove... disposto a circa 900 m su un ripido pendio sovrastato dalla cresta rocciosa di Guardia d'Orlando... è attraversato dalla via Valeria... Il Castello, sorto in epoca medievale, poté conservare a lungo la sua funzione primaria di controllo sui traffici verso l'interno della Marsica. Decaduto poi il castello, le cui rovine sovrastano attualmente l'abitato, il paese seguitò ad avere notevole importanza.... nell'800 vi si esigeva ancora la tariffa imposta da Re Carlo nel 1733...".
G. Barbato - A. Del Bufalo, L'Abruzzo e i Centri storici della provincia del l'Aquila, Ed. Ferri - L'Aquila 1978

Altra fonte sulla presa del castello di Colli (1821)

Copertina del volume del Pagani
di Paolo Emilio Capaldi

Ricercando fonti e testimonianze per la pubblicazione di un testo sui Monti Carseolani, ho ritrovata un'opera molto interessante: Giovanni Pagani, Avezzano e la sua storia, Abbazia di Casamari, 1968. Scorrendo il testo mi sono imbattuto nelle vicende che animarono Colli di Monte Bove, intorno al 20 Febbraio 1921 (1).
Nel 1815, il Congresso di Vienna si propose di restaurare lo status quo ante, agli sconvolgimenti conseguenti la rivoluzione francese del 1789, in tutti gli stati dell'Europa. Il vento delle novità e delle idee libertarie soffiò su tutti gli stati ed il re delle Due Sicilie Ferdinando IV (I), dovette assistere ai nuovi "moti rivoluzionari" (1820-1821), che coinvolsero il suo reame. Il 6 Luglio 1820 il re promise una nuova costituzione per il suo popolo, promulgandola il 13 Luglio.
Sotto la regia di Metternich, l'Austria si ritenne "custode" dell'Italia ed entrò nello scenario peninsulare con il suo esercito per domare le insurrezioni napoletane, con il velato proposito di impossessarsi del regno. Al comando del generale Primont, l'esercito austriaco, forte di cinquantamila uomini, mosse verso i confini del Regno di Napoli.
Il Pagani riporta una lunga citazione dell'attacco condotto dagli asburgici al castello di Colli, facendo riferimento ad alcune pagine dello storico Bernardino Iatosti inserite in Storia di Avezzano: scrive della difesa del castello ad opera del vecchio sergente Zazza di Pereto che, nonostante l'esiguità di uomini e mezzi, coi pochi proiettili rimasti, cercò di cannoneggiare l'esercito austriaco che avanzava.
(1) - Nelle Memorie storiche... don Paolo cita la data del 9 Marzo 1821.
Le pagine del Pagani, in download integrale, cliccando la didascalia della foto.

La chiesa di San Rocco

Colli - La chiesa di San Rocco
Scarse, o addirittura inesistenti, sono le notizie su questa chiesa collocata all'ingresso occidentale di Colli. Tuttavia, una sintetica raccolta delle visite pastorali dei Vescovi dei Marsi al nostro paese (1836-1872), presente presso l'archivio parrocchiale, ci consente di rilevare qualche informazione almeno sul suo stato di conservazione.
Il 12 Ottobre 1847, il Vescovo dei Marsi Michelangelo Sorrentino, scrive nella sua relazione: "...entro tre mesi è necessario restaurare la porta d'ingresso...".  Il medesimo prelato, nella visita del 1858, pone una lapide sull'altare e, infine, il Vescovo Federico De Giacomo nel 1858, rileva che la chiesa è piena di umidità e consiglia di promuovere una questua tra la popolazione per finanziare i lavori di risanamento. Un'annotazione ai margini del decreto, redatta dall'allora parroco di Colli Paolo Panegrossi, ci informa che il Vescovo contribuì alla raccolta con dieci Lire Italiane.
Nessuna notizia storica è giunta sino a noi sulla data di edificazione della chiesa anche se è possibile ipotizzare che, per il santo a cui è dedicata (San Rocco) solitamente invocato per debellare il flagello della peste e in conseguenza del fatto che la pandemia più virulenta del morbo si ebbe, nel regno di Napoli (Colli vi apparteneva), nel 1656 è possibile che la pieve sia stata costruita nella seconda metà del Seicento, come ringraziamento per un pericolo scampato o alleviato.
Colli - Grotta di San Rocco
Altrettanto enigmatica è la presenza di questo antro, connesso alla chiesa di San Rocco, finemente affrescato e, della cui campagna pittorica, è rimasto solo questo piccolo frammento, raffigurato qui accanto. La presenza a Colli di una strada denominata "grotta di San Rocco" (Archivio di Stato dell'Aquila, Liber Baptizatorum, Colli, anno 1809), rende plausibile l'ipotesi dell'esistenza nel luogo di un ipogeo, in seguito normalizzato con intervento antropico.
I toponimi stanno sempre ad indicare il carattere peculiare di una località e spesso ne saturano il significato nell'elemento geografico. Questa lezione del passato è spesso dimenticata dalla toponomastica moderna e un classico esempio di questo orrore, lo abbiamo proprio nel nostro paese, dove la splendida piazzetta, recentemente recuperata nella vicinanza dell'Arco de N'dreone, è stata denominata con il barbarismo Municipalità e Cittadinanza, mentre quel luogo è storicamente individuato come Cimetore.

La Valeria tra la "Fontevecchia" e la "Petrella"

La Valeria tra "S. Lucia" e la "Fontevecchia"
Il passo (1) del volume "Le antichità di Alba Fucense nel territorio degli Equi", dell'architetto Carlo Promis che descrive il percorso della via Valeria nel tratto che ha inizio dalla località della "Mola" ed arriva alla "Petrella", mi ha sempre suscitato numerosi interrogativi perché i due paragrafi che elencano i manufatti presenti lungo il percorso sono contradditori tra loro e la sequenzialità dell'epoca (1836) non corrisponde a quella attuale.
Il Promis sostiene che dopo circa tre miglia da Carsoli (Il Miglio non è un'unità di misura euristica: la sua lunghezza varia a secondo delle epoche e dei paesi. Dopo attenta riflessione, abbiamo optato per l'ipotesi che l'architetto adottasse come strumento di misura il Miglio Italiano, equivalente a circa 1851 m.), si trovava la colonna del milario XLVIII, poi misteriosamente rinvenuta nella località di Sorbo, vicino Tagliacozzo, che identificava l'Imperatore Nerva come il promotore della sistemazione della via Valeria. Pertanto questo cippo doveva trovarsi un pò oltre la località attuale della "Mola". La descrizione continua così: "...Mezzo miglio dopo questo villaggio la Valeria è sostrutta a dritta da un lungo muro poligonio composto principalmente di massi a base trapezia, e pochi passi dopo è a sinistra una fontana la cui vasca è un sarcofago ornato di festoni e bucrani...".
Massi trapezoidali nelle vicinanze della "Fontevecchia"
Osservando la disposizione attuale del territorio, in questa descrizione vi sono almeno due incongruenze: 1) Il muro di cui parla il Promis dovrebbe iniziare dall'abitazione di Anastasi Berardo e in effetti si riscontrano, nel versante occidentale della Valeria, dei massi rettangolari (che potrebbero costituire il muro poligonio di cui parla l'architetto) ma non vi è traccia di massi a base trapezia che invece troviamo poco prima della "Fontevecchia" (vds. figura a destra), con il muro poligonio, perfettamente conservato, anche se ora parzialmente impedito alla vista da una folta vegetazione, che si trova nel terreno di proprietà di Roccasini Marcello, poco prima della "ara della Trebbia". 2) Non vi è traccia, nella località descritta dal Promis, in prossimità di "Fossateglio" di "fontana la cui vasca è un sarcofago ornato di festoni e bucrani", che invece troviamo alla "Fontevecchia" e proprio con vasca a forma di sarcofago (Foto sotto).
La "Fontevecchia"
Tutte queste considerazioni ci inducono a pensare che il famoso architetto abbia commesso un errore nel descrivere la Valeria e abbia collocato dopo l'abitato di Colli ciò che invece aveva notato prima di fare l'ingresso nel nostro paese.
Per onestà intellettuale mi corre l'obbligo di riportare una fonte orale (il compianto Antonino di Giò Battista, più noto in paese con l'antroponimo, Toto, appassionato di storia locale) che asseriva di ricordare l'esistenza di questa fontana in prossimità di "Fossateglio", all'incrocio tra la strada rurale per "Le Pezze" e l'antica Valeria ma, la descriveva come molto piccola, piuttosto spartana e priva di decorazioni, formata da un grande masso di pietra, concavo all'interno.
Massi squadrati alla Fontevecchia



(1) C. Promis, "Le antichità di Alba Fucense negli Equi, misurate e illustrate dall'architetto Carlo Promis", p. 59-60, Roma 1836.


Il cantiere-scuola della "Fontevecchia" (1960)

Alcuni degli allievi muratori del cantiere
Il cantiere-scuola con Colli sullo sfondo
Per porre rimedio alla grave crisi dell'occupazione giovanile negli anni sessanta del secolo scorso, il governo presieduto dall' onorevole Fanfani, immaginò una serie di misure economiche Keynesiane che ebbero un indubbio effetto espansivo e consentirono ad un folto gurppo di giovani del nostro paese di acquisire i primi rudimenti dei mestieri edili e che poi seppero, sapientemente, mettere a frutto andando a prestare la loro manodopera a Roma nel pieno boom della cosiddetta "febbre edilizia" (Nel 1960 la stazione ferroviaria di Colli contava 96 abbonamenti per Roma. Erano persone che partivano la mattina alle ore 04:30 e tornavano a casa alle ore 21:00, in dei vagoni per viaggiatori che avevano poco da invidiare ai carri merci!).
Vista d'insieme del complesso edificato negli anni Sessanta
Un altro progetto, sempre in quegli stessi anni, che ebbe una spinta propulsiva sull'occupazione giovanile di Colli, fu l'opera di rimboschimento del monte Guardia d'Orlando (oggi comunemente chiamata "Pineta") che interessò anche un'area delle "Lamatore" e, purtroppo, il Castello dei Conti dei Marsi.
E' per una sorta di nemesi storica che proprio per far fronte, parzialmente, alla drammatica situazione dell'occupazione a Colli oggi che, l'Amministrazione separata dei Beni Civici, ha acquisito vouchers per mini-jobs dall'Inps (per complessivi 6.000,00 €), assegnati a tre operai del nostro paese, attualmente inoccupati, per far bonificare l'area dalla vagetazione che con la sua esuberanza nascondeva alla vista il manufatto così come la "Fontevecchia", di epoca romana e, le vestigia dell'antica Valeria che proprio in questa area conserva dei "massi ciclopici" di straordinaria bellezza; ma, questo, sarà l'argomento di un prossimo Post.
Ringrazio Antonio Barnabei che mi ha inviato l'immagine degli allievi del cantiere-scuola.

Articolo Osservatore Romano su Berardo (1961)

Osservatore Romano
Un articolo dell' Osservatore Romano del 1961 traccia con puntualità e rigore la biografia di Berardo (ad esempio è esattamente indicato l'anno di nascita di Berardo -1080- citando documenti inoppugnabili, mentre c' è chi ancora oggi insiste pedissequamente nel sostenerere il 1079: lo scrivono persino nei cartelli d'indicazione stradale!).
L'apertura del testo evoca la presenza di Berardo a fianco del Papa Pasquale II in occasione dell'inaugurazione del Duomo di Palestrina, dedicato a S. Agapito; quindi si mette in risalto l'azione di riformatore gregoriana di Berardo (a mia conoscenza è la prima volta che in un testo precedente a: Les structures du Latium méridional... di Pierre Toubert -1973- sia pur labilmente, si fa eco a questa "nuova arte di governo della Chiesa" che inaugurò Berardo). E' anche precisato che Berardo nacque a "Colli, nella Marsica". Segue la descrizione del cursus che il vescovo dei Marsi effettuò con Pasquale II.
Il testo integrale è scaricabile facendo click sulla didascalia della figura qui a fianco. Ringrazio Antonio Proietti che mi ha fatto pervenire il prezioso documento.

Gli affreschi del prodigio di Berardo (1625)

Fig. 1 - Imperatore con corona
 La campagna per riportare alla luce gli affreschi della chiesa di San Berardo sta dando eccezionali risultati.
Le figure (1-5) sono la testimonianza dei primi motivi di cui si compone la rappresentazione pittorica del miracolo di Berardo nella conversione del Bravo dei Colonna Fancesco Di Ambrosio (che in seguito al prodigio mutò il suo cognome in Barnabei) e si possono ammirare un personaggio con una corona (sicuramente un esponente del potere temporale, probabilmente facente parte della famiglia Colonna, Fig. 1), contrapposto ad un vescovo (certamente Berardo, Fig. 2). Nella narrazione sinora rivelata non appare ancora l'uomo che si pente ma, altri dettagli, non descritti da don Paolo Panegrossi nelle sue Memorie, stanno emergendo, come questa gradevole figura femminile (a metà strada tra un'eterea creatura divina e una donna del tempo, Fig. 3) che rendono ancora più interessante la composizione.
Fig. 2 - Berardo, Vescovo dei Marsi
Gran parte della scritta di committenza è già visibile: Il testo è esattamente come riportato da don Paolo nelle Memorie, eccetto qualche piccola variante. Ora si legge: "FARE P. SVA. DIVOTIONE. A.D. 1625" (Fig. 4). Penegrossi invece scriveva: "FABRIZIO DI AMBROSIO F.F. PER VOTO A.D. 1626". Considerando che l'epigrafe non è ancora completamente svelata; che don Paolo, quando scrisse la sua opera (1867), gli affreschi erano già stati ricoperti e quindi non ebbe a disposizione una fonte diretta ma solo orale, il piccolo errore sulla data (un anno) appare sostanzialmente irrilevante. Il commitente, per ora, è identificato come "AMBROSIVS" (Fig. 5).
Fig.3 - Figura di donna
Fig. 4 - Scritta di committenza
Un'ultima annotazione: il volto di Berardo risulta straordinariamente somigliante a quello raffigurato nello stendardo, rinvenuto anni fa da Antonio Barnabei in una ricognizione effettuata nella sagrestia della chiesa san Nicola di Bari e di cui sinora non si era riusciti né a formulare un range di collocazione temporale, né un'attribuzione artistica. Lanciamo come ipotesi di scuola: la famiglia Di Ambrosio, sicuramente facoltosa in quanto rappresentante dei Colonna a Colli, potrebbe aver commissionato entrambi i lavori al medesimo autore, viste le affinità delle due opere?
Fig. 5 - Scritta di committenza, particolare
Altre scoperte interessanti si stanno facendo con il progredire dei lavori di campionatura delle due esperte operatrici sulle pareti dell'edificio sacro. Nella nicchia dove c'era la pala di santa Lucia, è apparsa questa scritta: " Pittore Corradini Francesco e aiutanti Luigino Gervasi Salvadei Andrea li pittarono l'anno 1933 19-5". E' verosimile che al disotto vi siano altri affreschi (Fig. 6).
Fig. 6 - Nicchia s. Lucia
Fig. 7 - Stele funeraria
Infine pubblichiamo questa stele funeraria (Fig. 7) presente nella chiesa di san Berardo. L'asprezza del testo, l'ortodossia ed il velo di livore che segnala il quinto capoverso, fanno pensare alle ultime volontà di uno dei tanti collesi le cui spoglie riposano sotto il pavimento della chiesa di san Berardo (ha svolto la funzione di cimitero succedaneo almeno sino al 1905). Il raro privilegio di una frase dedicatoria, non può che attribuirsi al collese più illustre che è lì sepolto, vale a dire don Paolo Panegrossi, (la morte, nel 1897 e, il luogo di sepoltura nella chiesa di san Berardo, sono attestati da un documento dell'Archivio Vescovile di Avezzano), malgrado la sua famiglia possedesse la propria sede funeraria nella cappella palatina della Madonna della Speranza (in uno spazio ricavato al di sotto della navata si trovano, in uno stato perfettamente conservato, i resti di due uomini, una donna e una bambina, verosimilmente esponenti della famiglia Panegrossi. All'interno di questo antro la temperatura è di 4 gradi, costanti in tutte le stagioni dell'anno).
 Poiché don Paolo era un rigoroso gesuita è possibile che abbia voluto marcare il dissenso con i costumi ...leggeri degli altri esponenti dell'illustre famiglia di Colli che, negli ultimi anni dell'Ottocento stavano dilapitando le enormi ricchezze accumulate nel corso dei due secoli precedenti, con donnine facili provenienti da Roma e che intrattenevano ad Arsoli, commissionando appunto, prima di morire, questa stele così singolare.

Le prime foto degli affreschi

Chiesa di San Berardo - Il Cristo crocefisso
Queste sono le prime immagini degli affreschi che stanno vedendo la luce nella chiesa di s. Berardo di Colli di Monte Bove e, giudicando da questi primi saggi, l'attività di recupero si preannuncia di estreno interesse artistico/storico.
La precisione della descrizione dell'edificio sacro di don Paolo Panegrossi nelle sue Memorie storiche intorno a s. Berardo cardinale, trova una conferma -persino nei minini dettagli.
L'insieme della narrazione pittorica sinora esplorata
I dipinti esplorati si trovano nella parete del lato del vangelo dell'altare maggiore ( opposta alla disposizione attuale) e non è ancora possibile affermare se sono l'espressione di un'unica campagna pittorica o se sono avulsi da un tema uniforme. Seguendo le indicazioni di don Paolo queste prime testimonianze dovrebbero essere la serie di santi effigiati nelle due pareti; pertanto, al momento, non si sono ancora rinvenuti gli affreschi dei due prodigi di Berardo, compiuti a Colli,  che darebbero il carattere dell'eccezionalità a questo recupero.
Gli affreschi sono in una stato di conservazione buono anche se, talvolta, qualche degrado ascrivibile a interventi antropici, ne hanno intaccato alcune parti. La leggibilità complessiva sembra, comunque, ampiamente preservata.
Parete opposta al Vangelo
Saggi altare S. Lucia
Alcuni saggi esploratori effettuati dalla d.ssa Piera Ferrazzi hanno, altresì, messo in luce che l'altare di santa Lucia è una composizione molto più articolata e complessa in quanto sono emerse altre parti ora occultate dagli strati di tempera.


Mi scuso per la pessima qualità delle immagini ma sono state realizzate senza l'ausilio dell'illuminazione elettrica.

Il restyling del fontanile "alle prata"

Il fontanile "delle prata"
I cacciatori, i racoglitori di funghi e di more che in questo periodo frequentano la località "delle prata", avranno una gradita sorpresa nell'effettuare la tradizionale sosta al fontanile che insiste su questa zona; troveranno il manufatto completamente restaurato e sottoposto ad un restyling gradevole, in armonia con le linee architettoniche prevalenti nel sito.
Fonte Colle delle Parata come era (Foto: P.E. Capaldi)
L'opera finanziata dalla Comunità Montana "Montagna Marsicana", oltre alla sapiente ristrutturazione, è stata ulteriormente ingentilita dall'aggiunta di una nuova vasca che favorirà il ristoro di animali non provvisti di arti particolarmente poderosi. Il perimetro circostante, spesso melmoso, è stato bonificato con una pavimentazione a pietra incerta che renedrà fruibile la fonte anche nei piovosi mesi invernali. Un canale di scolo laterale che dal sito di accumolo dell'acqua arriva sino all'area di scolo del fontanile ridurrà ulteriormente la presenza di acqua stagnante.
L'opera è costata 17.500 €, finanziata dal Ministero dell'Ambiente e dalla Regione Abruzzo allo scopo di preservare la Batacrofauna, cioè tutti i quei vertebrati che allo stato larvale vengono denominati girini.
Queste precisazioni sul finanziamento dell'opera le dobbiamo a Paolo Emilio Capaldi.

ANALISI GEOLOGICA E DEI TOPONIMI DEL TERRITORIO DI COLLI
Gli ultimi "Calanchi" della catena fontecellese
Gli abitanti di Colli che hanno qualche lustro ...sulle spalle, hanno notato i cambiamenti e le trasformazioni orografiche che sta subendo la catena "fontecellese" nel versante prospicente l'abitato di Colli.
Oltre alle frane in atto ben visibili, oggetto della tesi di laurea del Dr. Gino Aniballi pubblicata su questo Blog, da qualche anno, nel versante di ponenete, stanno scomparendo i tradizionali "Calanchi" calcarei.
Queste evoluzioni hanno fatto germogliare, ai due geologi di Colli, (D.ssa Tullia Anastasi ed il citato Dr. Gino Aniballi) l'idea di realizzare un video per illustrare le caratteristiche geologiche del territorio di Colli, nonché di analizzare l'origine di alcuni toponimi.
Il coordinamento tecnico sarà assicurato da Giovanni Anastasi.

Un progetto di cimitero alla "Roccaccia" (1817)

Il Progetto del cimitero alla "Roccaccia" (1817)
Un interessante studio sui progetti dei cimiteri di Carsoli e delle sue frazioni, in ottemperenza alla legge borbonica dell' 11 Marzo 1817, è apparso sul Foglio di Lumen, Miscellanea 39, Agosto 2014, a firma di Michele Sciò. Il testo è corredato da una serie di immagini (quì pubblicata quella di Colli), provenienti dall'Archivio di Stato dell'Aquila, che raffigurano i criteri archietttonici che si dovevano seguire nella progettazione dei cimiteri, ma, l'niziativa non raggiunse l'obiettivo totemico per ragioni finanziarie.
L'esigenza di tumulare i defunti in un luogo chiuso e collocato a distanza dai paesi, diventò impellente nei primi anni dell'Ottocento, per le frequenti epidemie provocate  dall'uso di seppellire i morti nelle chiese o in delle pievi. Colli fu l'ultimo paese, tra quelli del circondario di Carsoli, ad avere l'attuale cimitero (1905) e ancora oggi i resti di misere spoglie si trovano nei sotterranei della chiesa di san Berardo e di san Nicola.
Nella chiesetta gentilizia della famiglia Panegrossi (ora Mantica) si trovano, in uno stato di conservazione eccezionalmente integro, le salme di quattro componenti la prestigiosa famiglia di Colli (due uomini una donna e una bambina).  La temperatura del luogo di sepoltura è di quattro gradi costanti in qualsiasi periodo dell'anno.
Ringrazio il Presidente dell'Associazione Lumen, don Fulvio Amici, per la cortese disponibilità menifestata nell'accordare il consenso alla pubblicazione della referenza iconografica.

La torre del castello non potrà più collassare

La torre del castello di Colli dopo l'intervento
La torre del castello di Colli lo scorso inverno




















Per molto tempo i cittadini di Colli di Monte Bove si sono chiesti quale utilità avesse per il  paese l'Ammistrazione separata dei beni civici (spesso ho ascoltato opinioni fortemente negative sul suo operato); senonché, da qualche tempo, e, dietro l'impulso del dinamico presidente attuale, Mario Dionisi, questa istituzione sta acquisendo un prestigio ed un ruolo altamente meritorio nella conservazione del patrimonio artistico/culturale del nostro paese.
Nel 2012, in occasione dell'arrivo del corpo di Berardo a Colli, finanziò un'accurata e oculata prima sistemazione dei resti dei massi ciclopici che giacevano in prossimità del castello. In precedenza aveva già provveduto a diradare quei pini che, purtroppo, ancora in gran quantità disturbano la vista della fortezza e che non consentono all'osservatore esterno di apprezzarne la polisemia degli elementi architettonici, veramente singolari (Il radicamento di questi alberi nei primi anni sessanta del secolo scorso fu promosso con il cosiddetto Piano Fanfani per l'occupazione giovanile).
Questa primavera l'Amministrazione separata dei beni civici, raccogliendo l'appello pressante e preoccuoato di alcuni abitanti di Colli, è intervenuta con un piano di risanamento che ha impedito il collasso strutturale della torre, il nucleo più antico e originario intorno al quale in seguito è sorto il Castello dei conti dei Marsi. L'opera conservativa non è esente da qualche critica perché, in alcune parti, non ha rispettato la tecnica costruttiva precedente, alterando parzialmente la leggibilità del complesso. Ma siccome nella vita pratica, come sosteneva un illustre economista del Novecento, professore di Economia Politica all'Università "La Sapienza" di Roma, "non si può avere contemporaneamente il burro ed i cannoni", siamo ben lieti che sia stato salvaguardato l'essenziale: cioè che la Torre del Castello dei conti dei Marsi di Colli eviterà un collasso strutturale al quale era sicuramente condannata senza questa tempestiva azione.

La chiesa di S. Berardo sarà splendida

Affreschi chiesa S. Berardo - Particolare (foto: A. Proietti)
L'ultimo ostacolo burocratico che si frapponeva al progetto dell'Amministrazione Separata degli Usi Civici di Colli di Monte Bove, di riportare alla luce gli affreschi della chiesa di S. Berardo -fatti occultare alla fine del seicento dall'allora vescovo dei Marsi- è stato superato. La scorsa settimana il Presidente del consesso collese Mario Dionisi, ha riceveuto il definitivo placet della Soprintendenza per i beni Architettonici e Paesaggistici dell'Aquila per richiedere i progetti di esecuzione dell'opera sulla base del cahier de charge economico/esecutivo approntato, con consulenza gratuita, dell'architetto Roberto Ziantoni del Comune di Carsoli.
I lavori dovrebbero iniziare nel mese di giugno e potrebbero essere conclusi entro la fine dell'estate: si apprezzeranno, così, i due miracoli inediti di Berardo; la conversione di un bravo dei Colonna ed il ritorno in vita di un bambino di Colli perito nella piazza antistante la chiesa dedicata al Beato.
La stima dei lavori scaricabile in PDF
Questo progetto di recupero dovrebbe, altresì, essere accompagnato da un'altra iniziativa della precedente Amministrazione comunale, presieduta dal dottor Mario Mazzetti, per promuovere la pubblicazione di un volume dedicato ai nuovi affreschi e più in generale all'iconologia di Berardo, edito dalla società Viella e redatto dall'eminente storico Sofia Boesch Gajano. Sei pannelli turistici, in tre lingue, (tre saranno offerti dal nostro concittadino benemerito dottor Romolo Di Carlo) saranno dislocati nei pressi dei monumenti più significativi di Colli.
La Regione Abruzzo ha erogato, quindi è già disponibile per essere impiegato, un finanziamento di € 1.000 nell'ambito del bando Itinerari della Fede. L'attuale Giunta del comune di Carsoli, guidata dal dottor Domenico D'Antonio, si sta prodigando per ricercare gli strumenti di copertura della restante somma (€ 4.000) in modo da rendere esecutivo il progetto ed inserirlo nel prossimo bilancio di previsione del comune di Carsoli.

Ricognizione canonica sulla salma di Berardo

La salma di Berardo a Pescina
Da fonti autorevoli vicine alla curia vescovile di Avezzano apprendiamo:
Il prossimo anno il corpo di Berardo, che si trova a Pescina nella chiesa Santa Maria della Grazie, sarà sottoposto a ricognizione canonica.
Il procedimento consisterà nel redigere una minuziosa descrizione e catalogazione dei paramenti della salma nonché di tutte le reliquie attuali afferenti ad essa. Al termine della ricognizione canonica Berardo verrà rivestito con abiti risalenti all'epoca della sua morte (1130), appositamente ricostruiti.

C'è un pò di Colli nella nuova Letteratura Italiana

Copertina
Tra gli autori emergenti della letteratura italiana contemporanea c'è anche Emanuele Velluti, nelle cui vene scorre un pò di sangue collese, che con questa sua ultima fatica letteraria, è al secondo romanzo pubblicato.
In Sovrastare il Destino, il nostro autore immagina un racconto fantastico i cui eroi sono personaggi tratti dalla realtà quotidiana e personificati dai suoi amici più cari. Si ritrovano i temi consueti trattati da Emanuele ma ci sembra che la scirttura sia più matura e notevolmente più intimista.
Nella medesima pagina anche le istruzioni per scaricare l'applicazione per la lettura gratuita degli e-book in formato Kindle.
La versione epub è in download gratuito qui

Atto rogato dal notaio De Simeonibus (1724)

Berardino de Simeonibus, o Bernardino dè Simoni, altre volte Berardino Simeoni - c'è una sorta di nomadismo anagrafico sull'onomastica -, notaio apostolico di Colli, rogò l'atto di concessione della Corona d'Oro all'immagine della Madonna dei Bisognosi del Monte Carsoli, nella Basilica Vaticana il 5 Novembre 1724.


Il documento è redatto con una grafia nervosa ma di facile interpretazione, attesta la concessione del privilegio alla sacra reliquia utilizzando le formule sacramentali dell'epoca.

Il castello di Colli in un documento perduto

Il castello di Colli nella genealogia della famiglia  De Leoni
Questo particolare del castello di Colli, estratto da un antico albero genealogico della famiglia De Leoni di Carsoli della seconda metà dell'Ottocento, che purtroppo è stato trafugato, ci fornisce elementi non irrilevanti sulla struttura architettonica della fortezza.
L'entrata del castello era più al centro della parete sud (infatti un'attenta ricognizione del luogo consente ancora di osservare le basi di un manufatto antistante l'ingresso) e la torre, probabilmente il nucleo originario di tutto il complesso difensivo, era molto più alta dei resti attuali a conferma di un'ipotesi storico-architettonica suffragata dall'osservazione di altri castelli  presenti nella Marsica occidentale.
Il castello di Colli in una foto successiva agli anni trenta del secolo scorso
L'altro documento che pubblichiamo illustra la polisemia degli elementi architettonici delle torri poste ai lati delle mura di cinta (a volte quadrate, in altri casi circolari) e segnala, altresì, l'evoluzione delle tecniche di costruzione nel corso dei secoli, applicate ad un baluardo difensivo collocato in un lugo di eccezionale importanza strategica.
Entrambe le referenze fotografiche ci sono state fornite da Antonio Proietti che si ringrazia.
 

Disclaimer

Questo blog non rappresenta una testata giornalistica in quanto viene aggiornato senza alcuna periodicità. Non può pertanto essere considerato un prodotto editoriale ai sensi della legge n. 62 del 7.03.2001.