COLLI

Colli di Monte Bove (AQ.), il Secolo Scorso

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Siginolfum Comitem dona S. Vincenzo a Farfa

Regesto Farfense - Atto con cui Siginolfo dona la chiesa di S. Vincenzo a Farfa


Il documento che pubblichiamo è di un eccezionale valore storico in quanto è tratto da un rarissimo esemplare del Regesto Farfense (la copia in nostro possesso proviene da una importante Università Americana) e attesta la presenza della famiglia comitale dei Conti dei Marsi nella nostra area territoriale nell'XI secolo.
L'atto di donazione della chiesa di S. Vincenzo al Monastero S.ta Maria di Farfa, redatto dal "Iudex et notarius Rainaldus",  è datato 1062, mese di febbraio, indizione XV; rappresenta uno strumento di analisi ontologica per comprendere come è stato costituito il patrimonio di alcuni monasteri in epoca tardo-antica. Dopo il fallimento del tentattivo di costituire una diocesi autonoma a Carsoli, Siginolfo "... filium berardi comitis qui sumus habitatores castelli sancti angeli territorii carsulani...", temendo per la salvezza della propria anima "... et genitoris ac genitricis meae et coniugis meae...", spera di procurarsi per sé e per i suoi parenti l'indulgenza plenaria, concedendo la chiesa di S. Vincenzo al monastero di Farfa.
I confini dell'edificio sacro sono accuratamente descritti: "...A capitem viam, A II° latere fossatum, A III°latere alium fossatum, A pede viam publicam -In alto una strada; al II° lato un fossato, al III° lato un altro fossato, in basso una strada pubblica-)". La viam pubblicam è, senza ombra di dubbio, il vecchio tracciato della Valeria che in quel tratto costeggiava il fiume Turano e seguiva la morfologia della valle medesima. Uno dei testimoni che controfirma l'atto, Burrelli, era un esponente della famiglia comitale, conte dell'attuale Borrello, località abruzzese situata tra Chieti e Castel di Sangro.

Agli albori della storia di Colli

Un periodo scarsamente studiato della storia di Colli è quello della sua probabile fondazione. Spesso l’aneddotica, il mito fondante del Paladino Orlando e la sua spada Durlindana, rispolverato anche di recente sui social network con risvolti decisamente esilaranti, prendeva il sopravvento sulla ricerca scientifica rigorosa: tra le tante ipotesi frivole che ci è capitato di leggere soltanto due contributi, legati, in verità, più alla linguistica che alla ricerca storiografica e, una lontana eco, nelle Annotazioni delle Memorie storiche... di don Paolo Panegrossi ci sono parsi come lodevoli sforzi per comprendere questo evento cruciale del nostro paese.
Gli scavi che l’école français de Rome ha condotto lungo la valle del Turano dal 1993 e la pubblicazione del voluminoso carteggio relativo ai sondaggi svolti che hanno rivelato le due fasi di “incastellamento” del territorio, unito al prezioso lavoro di ricerca effettuato sui documenti castrali del Regesto Farfense e sulle vicende dinastiche della famiglia dei Conti dei Marsi nell’area, ci consentono ora di comprendere meglio, almeno la temperie storico-sociale, nella quale è stato costruito il castello, primo nucleo abitativo dalla espansione del quale sorse Colli.
Genealogia dei Conti dei Marsi
La prima attestazione documentale della presenza dei Conti dei Marsi nella media valle del Turano risale al 1030; ma i possedimenti della famiglia comitale in territorium carsolanum risalgono alla seconda metà del X secolo ed è altamente probabile che il castello di Colli sia stato costruito in questa epoca, prima come baluardo alle esondazioni saracene dalla valle del Turano, poi entrando a far parte di un sistema di difesa speculare che comprendeva il castello di Oricola e di Carsoli.
Al primo posto dei proprietari fondiari della valle del Turano figuravano i Conti dei Marsi e di Rieti. Dopo la morte del capostipite Berardo I (947-972), suo figlio Rainaldo II (972-1000) gli successe come Conte dei Marsi, mentre un secondo figlio Teodino (970-1000), divenne Conte di Rieti.
Il tentativo della dinastia di radicarsi profondamente nell'area è testimoniata dalla creazione di una effimera Diocesi di Carsoli dal 1050 al 1056 (vescovo Attone) e di ritagliarsi un territorio ben munito e fortificato procedendo al cosiddetto "primo incastellamento" della media valle del Turano, come hanno confermato gli scavi dell'école français de Rome nei territori di Offiano e Montagliano. Dal 1060, la rottura della solidarietà familiare, determinò lo smembramento di questi possedimenti a vantaggio dell'abbazia di Farfa.

Il castello di Colli in un documento perduto

Il castello di Colli nella genealogia della famiglia  De Leoni
Questo particolare del castello di Colli, estratto da un antico albero genealogico della famiglia De Leoni di Carsoli della seconda metà dell'Ottocento, che purtroppo è stato trafugato, ci fornisce elementi non irrilevanti sulla struttura architettonica della fortezza.
L'entrata del castello era più al centro della parete sud (infatti un'attenta ricognizione del luogo consente ancora di osservare le basi di un manufatto antistante l'ingresso) e la torre, probabilmente il nucleo originario di tutto il complesso difensivo, era molto più alta dei resti attuali a conferma di un'ipotesi storico-architettonica suffragata dall'osservazione di altri castelli  presenti nella Marsica occidentale.
Il castello di Colli in una foto successiva agli anni trenta del secolo scorso
L'altro documento che pubblichiamo illustra la polisemia degli elementi architettonici delle torri poste ai lati delle mura di cinta (a volte quadrate, in altri casi circolari) e segnala, altresì, l'evoluzione delle tecniche di costruzione nel corso dei secoli, applicate ad un baluardo difensivo collocato in un lugo di eccezionale importanza strategica.
Entrambe le referenze fotografiche ci sono state fornite da Antonio Proietti che si ringrazia.

La Porta del Colle, accesso orientale a Colli

Il confronto tra le due immagini
di Antonio Proietti

La lettura del post apparso il 16/01/2014 sul blog di Colli, mi ha stimolato a confrontare ed a interpolare la preziosa immagine proveniente dagli archivi del Dipartimento dell'Interno del governo americano, con la pittura murale raffigurante il vescovo dei Marsi Berardo presente nella chiesa Madonna della Speranza di Colli di Monte Bove e che ha come sfondo il castello dei Conti dei Marsi.
Ebbene, invertendo la prospettiva della foto della fortezza scattata dall'Ammiraglio dell'aviazione americana J. Lansing Callan nel gennaio del 1915, si può perfettamente notare come l'anonimo artista abbia raffigurato negli affreschi con estrema esattezza la conformazione architettonica dell'arco della porta orientale di Colli posta a protezione di un sentiero di raccordo tuttora visibile e che probabilmente intersecava la Valeria all'altezza della località "la Petrella".

L'antica porta del Colle

Il castello di Colli visto da Oriente
Questa eccezionale immagine del castello di Colli di Monte Bove è stata realizzata dall'Ammiraglio dell'aviazione statunitense J. Lansing Callan nel Gennaio del 1915 (per vedere altre foto seguire questo collegamento ipertestuale).
Le informazioni preziose che ci fornisce sul paesaggio circostante la valle del Turano sono uniche: è visibile il casello ferroviario sito all'incrocio tra la direttrice Roma-Pescara e l'antica via Valeria; il casale di "Barba" in località "Casino"; una vasta panoramica delle "Pezze"; ma la vera rivelazione sono i ruderi che si possono distintamente scorgere nei pressi del castello dei Conti dei Marsi e che potrebbero essere le ultime vestigia della "Porta del Colle", menzionata da don Paolo Panegrossi nelle sue Memorie Storiche...
J. Lansing Callan è al centro (camicia bianca)
Più volte, facendo delle ricognizioni alla fortezza che sovrasta il nostro paese, mi ero chiesto cosa avrebbe potuto ospitare, a suo tempo, la vasta area perfettamente squadrata e ancora delimitata da mura ciclopiche, posta a sud est del castello. Ora questa unica e sorprendente referenza iconografica sembra aver risolto l'enigma.

Ringrazio Giovanni Anastasi per avermi segnalato il documento ed il portale Fucino Lands per la condivisione.
Fonte Governativa americana U.S.G.S. (U.S. Geological Survey - Department of the Interior/USGS).

Le lotte per il castello di Colli nel Trecento

Fig. 1 - Il frontespizio del prezioso volume
Il recupero di questo prezioso volume del 1903 da parte di Paolo Emilio Capaldi, ci ha consentito di circoscrivere meglio le vicende complesse che hanno caratterizzato la lotta per il possesso del Castello di Colli nei primi anni del Trecento, a conferma della sua eccezionale importanza strategica nell'alto medio evo.
La scoperta del testo è ancora più decisiva in quanto le pergamene dell'Archivio Orsini citate sono andate perdute o, comunque, non sono reperibili tra le risorse digitali online dell'Archivio Storico Capitolino che, come è noto, ospita una parte dell'Archivio Orsini (quella più cospicua è conservata all'UCLA di Los Angeles. Nutro il progetto, nei prossimi giorni, di interloquire con la dott.ssa Mori, responsabile dell'archivio Orsini di Roma, per tentare di rintracciare queste pergamene).
Il 16 Gennaio 1307, il re di Sicilia Carlo II, ordina al Giustiziere d'Abruzzo Ultra di "rimettere in possesso" Giacomo Napoleone Orsini, conte di Tagliacozzo, della sesta parte del castello di Colli, illegalmente occupata da Francesco de Pontibus (1). L'ingiunzione regia o fu disattesa dal Giustiziere oppure dopo una prima restituzione il castello fu di nuovo occupato  da Francesco de Pontibus (la lettura attenta dell'incipit della pergamena fa propendere per questa seconda ipotesi), perché il 4 Aprile 1311, un Decreto di re Roberto di Sicilia ordina di nuovo, questa volta al Giustiziere dell'Abruzzo Citra, di far restituire a Giacomo Napoleone de filiis Ursi, "la sesta parte del Castel dei Colli", specificando "toltagli con violenza da Francesco de Pontibus."
Fig. 3 - Seconda ingiunzione

Fig. 2 - Prima ingiunzione
Sempre nello stesso volume è citata questa ulteriore pergamena che attesta la rilevanza storica che assumeva il nostro paese, identificato come detentore di così vaste terre da potersi considerare un Feudo. Infatti nell'anno 1340 (non sono specificati il giorno ed il mese): "Nella città di Tagliacozzo davanti alla chiesa di S. Cecilia Pietro D. Riccardo Frangipane di Cisterna, Loreto di Santa Maria da Valle, beneficiati di San Pietro di Roma, Roberto di Capistrello, Napoleone di Colli, Cola Molo di Tivoli, attestano che il magnifico Orso di Giacomo di Napoleone de filiis Ursi, destinò a suo procuratore generale Giacomuccio Lalli da Visso, suo famigliare per l'acquisto di alcuni beni feudali nel castello di Colli".
Tutte le referenze iconografiche ci sono state inviate da Paolo Emilio Capaldi che si ringrazia.
Fig. 4 - Nomina procuratore





(1) La famiglia de Pontibus fu detentrice, probabilmente in condominio con altri signori locali, della Contea di Tagliacozzo, dal 1130 (fine della dinastia dei Conti dei Marsi) sino al 1270 quando Risabella de Pontibus, consorte di Giacomo Orsini e unica figlia del conte di Tagliacozzo Bartolomeo de Pontibus e di Maria d'Aquino, testa a favore del proprio coniuge il trasferimento della medesima contea.

I Conti dei Marsi nell'Historia Normannorum

Ystoire de li Normant di A. Salernitano
Stemma Conti dei Marsi
In questo documento di eccezionale valore storico, il monaco cassinense Amato Salernitano (anche Amatus o Aimé) riferisce delle diatribe all'interno della famiglia comitale dei Conti dei Marsi, qualche anno prima della nascita di Berardo.
Analizzando il testo (che è possibile acquisire integralmente cliccando sull'immagine a sinistra) si possono apprezzare tutte le aporie della realtà del tempo, compresa la ferocia con cui si regolavano i dissensi; come la dinastia controllava gran parte dell'odierno Abruzzo interno e ché abbia dovuto adottare una politica di attento equilibrio tra i due poteri dominanti: Il Papato e i re normanni.
Stemma Conti dei Marsi in un affresco a Napoli
Questa Chronica non è di facile lettura in quanto il traduttore Isidoro adottò criteri filologici piuttosto dubbi nella ricostruzione del testo facendo ricorso ora al volgare, ora al francese dell'epoca: il risultato non è certamente brillante e comunque implica uno sforzo interpretativo del lettore non sempre agevole.
Il Manoscritto, con tutta evidenza eseguito in Italia tra la fine del XIII e l'inizio del XIV secolo, ora alla Bibliothéque Royale di Parigi, faceva parte del fondo Mazarino ed in precedenza era stato posseduto da colti ricercatori francesi.
Fonte: BnF.fr/gallica/Bibliothéque nationale de France.

I Conti dei Marsi secondo Caracciolo/Beltrano

La Genealogia dei Conti dei Marsi di Caracciolo/Beltrano del 1671 è considerata la più esaustiva anche se non necessariamente, la più rigorosa e soprattutto scarsamente argomentata in letteratura.
E' in questo documento che, per la prima volta, s'introduce il rapporto di parentela tra il nostro Berardo e Santa Rosalia: "...S. Berardo detto di Colle sua Terra, Vescouo di Marsi, dal cui ramo uscì S. Rosolea, pronipote di detto Berardo.", poi ripreso, con insistenza, dal Corsignani, da Pietro Antonio Tornamira e dallo Zazzera.
Non è nostro compito indagare sulla patrologia della Chiesa: in questo ambito non è necessario documentare scientificamente enunciazioni edittali, che implicano un'accettazione acritica e fideistica, o assoggettare a severe verifiche le fonti scelte; quindi, è pienamente legittimo, celebrare con la massima solennità, questa pretesa parentela. Su ben altre basi, invece, riposa il dibattito storiografico: qui notiamo tutte le carenze di questi testi che si limitano a formulare asserzioni apodittiche senza essere sostenuti da una documentazione solida e indiscutibile.
Ad esempio, per il Tornamira, basta limitarsi alla sola analisi del titolo del volume Della Prosapia Paterna, Materna e di Palermo, Patria della Gloriosa Vergine S. Rosalia Monaca e dell'Ordine del Patriarca San Benedetto, per capire la sua inanttendibilità, in quanto è stato accertato da documenti ufficiali Vaticani che S. Rosalia non è stata monaca. Alla stessa stregua, lo Zazzera, citato costantemente dal Tornamira nella sua opera, confuse il Berardo Vescovo dei Marsi, con il Berardo Vescovo di Teramo, tra l'altro, neanche componente di un ramo collaterale della famiglia dei Conti dei Marsi.
La segnalazione della Genealogia dei Conti dei Marsi Caracciolo/Beltrano ci è stata fatta da Paolo Emilio Capaldi e da questo link è possibile scaricarla  al completo.

L'Enigma della genealogia dei Conti dei Marsi

Ricostruire l'Albero Genealogico della famiglia Berardi, Conti dei Marsi, è estremamente difficile e complesso sia per la scarsità delle fonti che per l'interesse storiografico, relativamente recente, rivolto alla storia dell'Abruzzo in generale e della Marsica in particolare (tralasciamo il dibattito sulla presunta parentela tra la famiglia Berardi e Santa Rosalia in quanto scientificamente irrilevante e frutto di occasionale estemporaneità) .
La ricostruzione effettuata dal Muratori nel Rerum Italicarum Scriptores, non specificando il numerale del nome proprio (Berardo, Oderisio, Rainaldo, ecc.), è di scarso ausilio perchè, come vedremo in seguito, questa mancanza ingenera non poche confusioni. 
Lo studio di A. Sennis apparso  in Bullettino dell'Istituto storico italiano per il medioevo e archivio muratoriano è sicuramente il più attendibile in quanto è stato oggetto di attente verifiche scientifiche e avuto riscontri oggettivi con ricerche condotte da altri storici. 
Tuttavia le aporie storiografiche emergono se si mettono a confronto le ricostruzioni prospettate dallo stesso Sennis e John Howe, storico della Texas University, proprio sulla figura del nostro Berardo. Per il primo, il futuro vescovo dei Marsi, sarebbe il figlio del conte Berardo IV, a sua volta, figlio di Berardo III che era fratello di Oderisio II, mentre per il secondo sarebbe il figlio di Berardo I di Collimento, il cui padre era Oderisio II, fratello di Berardo III. Il Catalogus Baronum, Commentario propone una terza ricostruzione.
Jacques Dalarun nel volume di imminente pubblicazione in italiano, Berardo dei Marsi (1080 - 1130). Un vescovo esemplare, proporrà un'ulteriore ipotesi iconografica dell'Albero genealogico dei Conti dei Marsi che hanno conservato il titolo comitale dalla discesa in Italia di Ugo di Arles (926)  al 1143.

Quanti Feudatari nel 1280 a Colli di Monte Bove!




















Il Re Carlo I, il 4 gennaio 1279, ordinò che tutti i Conti, Baroni e Feudatari del regno si dovessero presentare al Regio Giustiziere d'Abruzzo a Sulmona per registrare i nomi delle persone e delle terre possedute e conoscere la Tassa annuale che avrebbero dovuto assolvere.
Questo Registro dei Feudatari d'Abruzzo ci è pervenuto solo in parte così come è stato trascritto dall' arcivescovo di Matera D. Antonio Lodovico Antinori nel Vol II dell'opera "Memorie Istoriche delle tre Provincie d'Abruzzo", Napoli, 1782.
A partire dall' Aprile 1280, settima indizione, tutti i Feudatari si recarono o si fecero rappresentare presso il Regio Giustiziere e, il giorno 27 Aprile al foglio 89 del registro sono ascritti a Pandolfo, Andrea, Matteo e Gerardo diritti per la terza parte di 11 oncie per il Castello di Colle e Luppa. Il giorno successivo, al foglio 90, in corrispondenza della alinea dedicata a Colle e Luppa, sono presenti almeno altri nove feudatari, anche se in questo caso non sono indicate le tasse individuali da corrispondere ma, vengono inseriti nelle tre Terre precedenti che, collettivamente, sono considerate come equivalenti a un Feudo di un Milite e mezzo.
Come si evince dalla figura in alto a sinistra, sul rigo di Carsoli, anche se individuata come Città, non è associato alcun Feudatario (links ai fogli del Registro per Pietrasecca, Poggio Cinolfo e Tufo). Questo è un ulteriore elemento che rafforza la tesi già espressa nel Post I ...Fuochi di Colli di Monte Bove" (22 Luglio 2009), che Colli nel Primo e Tardo Medio Evo recitò un ruolo preponderante nell'economia e nella storia dell'odierno carseolano.
Sempre nel medesimo testo vi è una digressione sulla via Valeria, il cui tratto angusto da Colli sino al Valico del Monte Bove, indusse Corradino, per raggiungere Tagliacozzo, a Carsoli, a deviare verso la Valle di Luppa. Tesi già sostenuta da Muzio Febonio nell'Historia Marsorum; da apprezzare tuttavia con cautela, sia per l'argomentazione risibile "...essendo tra dirupi sì stretta che appena vi potiano capire due persone...": se era così impervia la Valeria, strada consolare e comunque unica direttrice di acesso alla terra dei Marsi da occidente, si può facilmente immaginare come fosse ancora più accidentato il percorso per la Valle di Luppa; sia perchè si può anche pensare che il Castello di Colli, a difesa del passaggio, fosse controllato da forze fedeli a Carlo d'Angiò. Più plausibile appare l'ipotesi che Corradino abbia volutamente bypassato il valico di Monte Bove per posizionarsi sulle alture di Poggio Filippo e Scurcola Marsicana, in una posizione geostrategicamente favorevole rispetto alle truppe angioine attestate in massa tra Tagliacozzo e i campi Palentini.
Infine pubblichiamo un'ipotetica ricostruzione del Castello di Colli che ci ha inviato il Prof. Sandro Crisi. Lo vogliamo qui ringraziare sentitamente per questo lodevole contributo.

Il castello di Colli venduto agli Orsini (1327)

Con il Decreto del 1327 (collegamento ipertestuale per vederlo), proveniente dal Regesto_De Cupis dell'Archivio Storico Capitolino di Roma, il Re Roberto di Sicilia presta il suo assenso per la vendita della sesta parte del castello di Colli, posto nel giustiziarato degli Abruzzi, fatta dal figlio Ottaviano a favore di Orso de filiis Ursi.
Questo documento rappresenta anche la fine della dominazione dei Conti Berardi, che tanto lustro avevano dato al nostro paese, San Berardo era nato in questo castello, e l'inizio di un'epoca buia fatta di spoliazioni e di completo assoggettamento alla rapacità delle famiglie Orsini prima e Colonna poi.
(Breve di Clemente VII, antipapa, datato da Avignone, col quale conferma a favore di Rainaldo Orsini, conte di Tagliacozzo, la provvisione conferita al medesimo da Giovanna regina di Sicilia, che aveva assegnato allo stesso Orsini in perpetuo 185 onze d'oro sopra le terre e i castelli del Regno. In conseguenza lo stesso Rainaldo poteva da per sé esigere detto assegno senza ricorrere all'opera dei giustizieri ed esattori o commissari del Regno, e poteva eseguire tutto ciò nelle università di Cappadocia, Bonriparo, Petra de Venusa, Auricola, Rocca de Cerra, Intramontes, Altum S. Marie, Castrum Vetus, Stanzanum, Talliacotioum, Collis et Luppa, Tufum, Celle, Petraficcha, Podium Siginulfi, Mons Falconum, Veretula, Civitas Carsoli, Roccha de Butte, Piretum, Barrum, Pestum Rotarium, Turris Catalli, Castrum de flumine, Maccla de Mone, Cucumellum, Palearia, Girofalci, Corbarium, Vallis Meleti, Castillionum et Podium de Valle, Collis Ficatum, Podium S. Iohannis et Roccha Ranisii. Datum Avinioni, pontificatus nostri anno quarto.)
Per i lettori non... etnocentrici e curiosi di sapere, quì possono consultare,  l'Atto di vendita del 30 Maggio 1326, redatto da Guillelmus dictus de Benevento de Neapoli pubblico notaro, dei due terzi dei castelli di Pietrasecca e Poggio Sinolfi (detto anche Castel Ginolfo) nella provincia d' Abruzzo, coi vassalli, terre etc. fatta da Nicola da Boiano, Gran Razionale della regia Curia, a favore di Pandolfo Rainaldo e Giordano del fu Roberto di Colle Alto, per la somma di 60 oncie da 60 carlini d'argento. La vendita fu compiuta annuente Roberto, re di Sicilia.
L'originale della Pergamena del Re Roberto di Sicilia
 

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