COLLI

Gli affreschi della chiesa di S. Berardo su Aequa

La campagna pittorica della chiesa di San Berardo di Colli di Monte Bove, datata 1625/26
La rivista di studi e ricerche Aequa, nel numero 63 del mese di Dicembre 2015, pubblica eccellenti immagini sugli affreschi della chiesa di San Berardo, recentemente riportati alla luce, corredate da un articolo di commento a firma di A. Proietti.

Le chiese di Colli a fine Ottocento

In una memoria (collegamento ipertestuale al documento) che l’ex parroco di Colli, Paolo Panegrossi, inviò al Vescovo dei Marsi  il 7 Febbraio 1891, per richiedere una messa di anniversario annuale (“un funerale, il più semplice che usi in paese”) dopo la sua morte (che interverrà il 28 Agosto 1898) come parziale risarcimento per i suoi continui impegni finanziari per risanare le chiese di Colli, si possono ritrovare numerose informazioni sul loro stato di conservazione nella seconda metà del secolo XIX°.
Don Paolo esercitò la sua missione pastorale a Colli dal 1868 al 1887. Il suo successore fu un economo curato, quindi non un parroco a pieno titolo, Alfonso Continenza che si dimise nel 1891 e due anni dopo per ordine del Vescovo dei Marsi, venne sollevato dall’incarico. Questa successione deve essere stata particolarmente burrascosa e lo si intuisce sia dal linguaggio severo che utilizza il Sacerdote di Colli (“[…] Quali e quante fossero le rendite della Parrocchia or è dimostrato ad evidenza da fatti giuridici.”) che dalla misura irrituale che il Vescovo  fu indotto a prendere (spero di poter prossimamente chiarire meglio questa vicenda analizzando i documenti presenti nell’archivio vescovile di Avezzano). Dopo un periodo di vacanza, il 7 Febbraio 1898, nell’arcipretura di San Nicola fu designato Cesare Lucchetti, che sarà il Parroco più longevo (47 anni di pastorato) dell'età Moderna e Contemporanea a Colli.
Don Paolo, dopo aver ricordato di aver speso 500 Lire per ristrutturare la casa parrocchiale, si sofferma su lavori nelle varie chiese di Colli che promosse o finanziò con le proprie risorse economiche. Abbiamo così un affresco molto suggestivo del nostro paese alla fine dell’Ottocento.
Chiesa di S. Berardo - La sagrestia aggiunta
Nella chiesa di San Berardo, oltre ad aver risanato il tetto ed effettuati alcuni ornamenti interni, fu decisa una misura radicale per eliminare l’umidità perenne che affliggeva vari settori della chiesa: nella parete confinante con l’antica Valeria “fu eseguita alla maggiore profondità possibile uno scavo lungo tutta la parete superiore e difesa con contromuro per lasciar libero il vuoto alla corrente dell’aria”. L’altare che ospitava la statua del santo “inquinato da umidità di ignota provenienza e per liberarvelo fu presa dai fondamenti con solidità non ordinaria un’aggiunta alla chiesa stessa in forma di ferro di cavallo da cielo a terra.” Questa descrizione ci fornisce una preziosa informazione: la chiesa di San Berardo quando fu edificata (ad oggi, la fonte più antica che attesta la sua presenza nel nostro paese, è il libro delle Decime dell’anno 1303) aveva una forma rettangolare che non includeva l’attuale spazio collocato dietro l’altare di san Berardo.
Gli interventi che Paolo Panegrossi promosse nella chiesa Parrocchiale di San Nicola furono quello splendido soffitto a cassettoni che, dopo i lavori di ristrutturazione del secolo scorso, ora è solo parzialmente visibile e l’aggiunta di una “restrosagrestia ampia e decente per conservare Sacri Arredi e Utensili di chiesa”.
Chiesa di S. Rocco - Il sapiente recupero 
Nella chiesa di san Rocco fu ricostruita la Cona che raffigurava l’Annunciazione della beata vergine Maria “i cui muri erano di sostegno a quella piccola chiesa rurale. Fu rifatta dai fondamenti la Cona nella quale manca ancora la pittura”. Da questa descrizione particolareggiata si desume che solo successivamente fu edificata l’edicola attuale che ora è unita alla chiesa di san Rocco.
Don Paolo Panegrossi, con la  modestia che lo contraddistingue e che dovrebbe essere da monito ai tanti personaggi moderni sempre pronti a promuovere e valorizzare ogni loro azione, tralascia di elencare i molteplici interventi che promosse a sue spesa nella chiesa palatina di famiglia della Madonna della Speranza e le ingenti risorse che dedicò al risanamento della strade di accesso a tutte le chiese di Colli.

La "carrozzabile" per Carsoli iniziata nel 1879

Il tracciato della nuova Valeria in una foto del 1900 (Archivio Mantica)
Sigillo Chiesa S. Nicola di Colli - 1879

Una serie di missive che il Parroco di Colli don Paolo Panegrossi, invia al Vescovo dei Marsi dell'epoca, per perorare la causa dei lavoratori impegnati nella costruzione della nuova strada "carrozzzabile" tra Colli e Carsoli che sostituirà il vecchio tracciato della via Valeria, richiedendo la dispensa per le maestranze impegnate nell'opera, dal frequentare le funzioni religiose nei giorni festivi per recuperare eventuali periodi di inattività dovuti all'inclemenza del tempo, ci fornisce, altresì, numerose notizie del nostro paese molto interessanti.
La costruzione della strada iniziò nel dicembre del 1879; arrivarono circa cinquanta operai dalla Toscana e dal Piemonte e furono impiegati anche lavoratori dei paesi vicini e di Colli. Il salario era di "una lira al giorno per gli uomini robusti allorché vadano al lavoro dallo spuntar del giorno si presso al tramonto del sole."
Inoltre si apprende che quell'anno "per la scarsezza dei raccolti verificatasi non solo qui, ma generalmente dappertutto, talune famiglie di Colli sono già ridotte a stato di necessità indubitatamente grave, abbenché siamo al principio dell'inverno, ed il loro numero dovrà crescere ogni giorno."
Infine un'attenta lettura della referenza fotografica pubblicata in alto, che ci è stata messa gentilmente a disposizione da Alberto Mantica, datata Settembre 1900, ci restituisce elementi orografici del territorio oggi completamente scomparsi; in primo luogo quell'imponente muro di sostegno, in opus reticolatus, nel versante nord della nuova strada che ora non esiste più ed il declivio molto più aspro rispetto ad oggi dell'area al disotto del Km 80 della Valeria. Da quel largo si snodava una strada, non più esistente, che probabilmente conduceva al tratturo che consentiva di raggiungere l'eremo di Sant'Angelo e i fertili campi di "Marinome" e "Vallendenza" (valle Intensa). Si ha la conferma che l'attuale cimitero non era ancora stato costruito (lo sarà nel 1905).

Lo stemma dei D'Angiò nel Comune di Carsoli

La lastra in pietra nella torre del castello di Carsoli (foto: A. Proietti - 1995)
Un calco della lastra in pietra con lo stemma dei D'Angiò si potrà presto ammirare nell'atrio del Comune di Carsoli.
L'opera è stata realizzata da Antonio Proietti con speciali solventi apposti direttamente sulla lastra ed il calco è stato riportato in positivo attraverso un lungo e difficoltoso processo fotografico.
La lastra in pietra riporta la data A.D. MCCLXXXXIII (1293) e misura cm. 100x33x44; sicuramente vi erano altre quattro raffigurazioni, ora completamente abrase (probabilmente altrettanti stemmi di famiglie gentilizie alleate alla casa D'Angiò: ipotesi rafforzata dall'osservazione del secondo manufatto, partendo da sx, il meno corrotto, che sembra il profilo di uno stemma araldico, con al centro un motivo floreale).

Un demagogo al tempo di don Paolo Panegrossi

La missiva di don Paolo al Vescovo dei Marsi
Pubblichiamo un documento (1873), proveniente dall'Archivio Vescovile di Avezzano, nel quale don Paolo Panegrossi, dopo aver descritto lo svolgimento di alcune processioni del tempo, si sofferma, con l'occhio scaltro dell'osservatore sociologico, sulle attività di un personaggio di Colli, designato genericamente con il solo cognome Gervasi, che raccoglie le offerte per istituire una processione in onore di S. Antonio, ma poi non si riesce a comprendere come la raccolta della questua è utilizzata.
Per molti versi sembra una cronaca scritta oggi, con spirito spregiudicato ma non antisistema, che ha il dono della sintesi e della sostanza e ci dimostra come la demagogia ed il populismo conducono sempre all'impotenza di una millantata onnipotenza.
Una trascrizione del documento, che si è avvalsa della preziosa collaborazione di Giovanni Anastasi, è consultabile seguendo il link che si attiva cliccando sulla didascalia della foto qui accanto.

La chiesa di S. Rocco edificata nel 1656

Il documento con la data di costruzione della chiesa  
Nella visita pastorale che il Vescovo dei Marsi Francesco Vincenzo Lajezza effettuò nel nostro paese nel giugno del 1777 attestò, nel descrivere la chiesa di S. Rocco, che fu edificata nel 1656 (anno della feroce pandemia di Peste che colpì il Regno di Napoli). Sembra anche d'interpretare, decriptando la scrittura, che il mese di costruzione fu giugno ed il giorno 15.
Questa è la prova documentale di un'ipotesi che avevamo formulata in un post precedente che la chiesa fosse sorta come ringraziamento per un pericolo scampato o almeno, per effetti tanatologici causati dal morbo, in parte leniti.
Interessante è anche la descrizione che della chiesa ne fa da Don Paolo Panegrossi in una memoria del 1879, dove si apprende che nella chiesa di S. Rocco: "...era caduta una Cona con immagine dell'Annunziazione della B.V.M. i cui muri erano di sostegno a quella piccola Chiesa Rurale."
Probabilmente con questo termine arcaico, ora desueto, di Cona don Paolo intendeva indicare un'immagine sacra che generalmente, soprattutto nell'Italia meridionale, era posta al disopra di un altare che, probabilmente, era l'attuale edicola unita alla chiesa medesima.

Il miliario della Valeria di Colli rubato è a Sorbo

Piazza Miliaria a Sorbo (AQ.)
Paolo Emilio Capaldi
Ricercatore e Storico

Ricercando fonti e testimonianze per la scrittura dell’articolo sulla rivista “Aequa”, dal titolo « Evo antico – Il carseolano e la genesi del toponimo di monte Romano » (1), tratterò delle vicende storiche e dell’antropizzazione del territorio, in special modo della via consolare “Valeria”.
Ritrovai in questo stesso blog l’importante testo del Promis che così recitava: « Ad una distanza di tre miglia da Carsoli, per conseguenza circa un miglio e mezzo prima del prossimo villaggio di Colli appartiene la colonna del milliario 48 trasportata non si sa quando al villaggio di Sorbo posto presso la Scurgola, né deve far meraviglia il trasporto di questo milliario riguardo alla distanza che intercede fra Colli e Sorbo, poiché tal traslocazione deve aver avuto luogo per mezzo della strada, o calpestata di Tra[e]monte[i] più breve e meno malagevole che non sia la Valeria » (2).
Il Promis proseguì con la dicitura dell’iscrizione che allora, ancora si poteva leggere sul miliario: « XLVIII // IMP NERVA // CAESAR AVGVSTVS // PONTIFEX MAXIMVS // TRIBVNICIA POTESTATE // COS. IIII // PATER PATRIAE // FACIENDAM CVRAVIT » (3).
In un caldo luglio di quest’estate, con l’aiuto di Maurizio, ci recammo a Sorbo (AQ) e potemmo facilmente ritrovare il cippo asportato e oggi conservato in “piazza Miliaria”, così come descritto dal Gattinara: « Innanzi la chiesa è eretta una colonna miliaria […], ma senza scritta » (4).
Ebbene, quando fu asportato il cippo dal sito della Valeria, che s’innalzava prima di due km e poco più, da Colli di Monte Bove?
Ci soccorre un probabile indizio riguardo gli avvenimenti accaduti intorno al 1806, poco prima dell’invasione francese; a ricordarli è il Zazza che così scrive: « La nostra Valeria per la montagna di Colli e sotto Colli sino a Tagliacozzo, fu fatta segno di orribili devastazioni da soldati, zappatori, minatori, per ordine del governo per timore delle invasioni francesi, sul declinare del passato secolo, e così perirono i colossali muraglioni, e qualche pezzo che sfuggì alla barbarie, trae a sé le meraviglie di tutti, anzi i vecchi mi riferivano che da Colli per scendere in Carsoli la strada si manteneva nella primiera magnificenza perché fiancheggiata da grossi muri in gran salciato, e che i macigni di detti muri furono rotolati per quelle balze che i principi Colonna si portavano in Avezzano con loro veicolo, lo attestavano il detto Giuseppe Cerri, come ancora la devastazione della strada avvenuta a’ suoi tempi, e lo stesso attestava il chiarissimo Teodosio De Vecchis di Oricola teste oculare » (5).
Ora, il Promis scrive nel 1836 e questi, e altri reperti, furono sistemati nella piazza di Sorbo, solamente dieci anni prima, nel 1826 (6).
Rimane il fatto che, con la costruzione della nuova Strada Statale 5 (Via Valeria), sia stata cancellata la memoria del passaggio della consolare romana per l’abitato di Colli di Monte Bove.
Inoltre, nel “Catalogus Baronum”, regesto Normanno di tutti i possedimenti del Regno, sotto Ruggero II, stilato definitivamente da re Guglielmo II il Bono nel 1187 (7), il feudo è così citato: « Pandolphus de Calle et Berardus de Calle tenent a Domino Rege in Marsi Collem Zippam, quod est feudum III. militum. et augmentum sunt IV. Una inter feudum, et augmentum obtulit milites VIII. et servientes XVI » (8).
Il toponimo “Zippam”, quindi “Zippa”, può avere due significati:
a) – Zippil. Sostantivo maschile derivante dal longobardo che significa « estremità a punta » (9).
Anche altrove appare sotto forma di termine derivato come “zippa”: « Dal longobardo, zippa, oggetto appuntito » (10).
In questo caso il toponimo di Colli di Monte Bove acquisirebbe il proprio nome per la conformazione del luogo orografico in cui sorge: le rocce del monte Guardia d’Orlando e del monte Bove s’innalzano sopra il paese e sono inequivocabilmente visibili da lontano; come punte aguzze s’innalzano verso il cielo, apparendo così come un sicuro riferimento geografico e d’orientamento.
b) – Cippus. Nello stesso dizionario sopracitato, alla voce “zeppa” è anche scritto: « Invece, la presenza di tepe, teapa ‘palo, pungolo, spiedo, punta, resta’ in rumeno ha fatto pensare al Pisani ad una comune origine con zeppa, “forse antico termine di origine mediterraneo-balcanico”, dopo aver espresso l’opinione che si tratti del centro-meridionale zeppo “stecco”, diminutivo del latino cippus » (11).
Non possiamo scartare questa seconda ipotesi vista la presenza del passaggio dell’importante asse viario della “Valeria”.
Assurda, non sarebbe la proposta di poter valorizzare nuovamente un dato storico così importante per questa frazione carsolana.
Infatti, c’era una proposta, caldeggiata da alcuni eruditi cittadini di Colli, di sostituire il toponimo del bel corso che attraversa il paese, appellandolo da “Via Trento” in “Via Valeria” (aggiungerei “vecchia”).
Inoltre, non sarebbe sbagliato porre nei pressi della cosiddetta porta Catena o dell’antico fontanile a muro dei Colonna, la copia di un miliario scavato in pietra locale (calcare), a ricordo della presenza di questa importante direttrice che contribuì ad arricchire il paese.
Con questo contributo abbiamo bussato ad una porta; speriamo che per l’amore della propria terra e nella coscienza delle persone, si apra un portone.
Colli - "Terra Sassosa"  Resti della Valeria, Massi Poligonali (foto: A. Proietti)

1 – L’articolo sarà pubblicato prossimamente, nel numero 62 di “Aequa”.
2 – Cfr. Promis C., Le antichità di Alba Fucense negli Equi, Roma, 1836, p. 59.
3 – Promis C., Idem, p. 59.
4 – Gattinara G., Storia di Tagliacozzo: dalle origini ai giorni nostri, con brevi cenni sulla regione marsicana, Città di Castello, Tipografia dello Stabilimento S. Lapi, 1894. Rist. anast. Tagliacozzo, Libreria Vincenzo Grossi, 1999, p. 86.
5 – Zazza A., Notizie di Carsoli, dal ms. C/86/1924 dell’Archivio della Diocesi dei Marsi, [s. d.], [1881], a cura di Sciò M. – Amici F. – Alessandri G., Pietrasecca di Carsoli, Associazione Culturale Lumen, 1998, p. 12, [4r-4v].
6 – Questa notizia l’ho potuta ricavare dalla targa che illustra un cippo funerario posto al lato della chiesa di Sorbo.
7 – Cfr. Brogi T., La Marsica antica, medioevale e fino all’abolizione dei feudi, Roma, Tipografia Salesiana, 1900, p. 178.
8 – Catalogus baronum, in Del Re G., Cronisti e scrittori sincroni napoletani editi e inediti. Storia della Monarchia. I Normanni, Napoli, dalla Stamperia dell’Iride, 1845, vol. I, p. 606.
Il Febonio nella sua opera sulla Storia dei Marsi riporta anch’egli, per il paese di Colli, lo stesso toponimo del Catalogus Baronum: « […] è indicato col nome di Colle Zippa, con mura fortificate e una torre a difesa del valico ».
Phoebonio M., Historiae Marsorum, Neapoli, apud Michaelem Monachum, ciɔiɔclxxviij [1678], libri tres. Rist. anast. Storia dei Marsi, Roma, Di Cristofaro Editore, 1991, vol. III, p. 219.
9 – Aa.Vv., Dizionario etimologico, Santarcangelo di Romagna, RusconiLibri, 2003, p. 1080.
10 – Nocentini A., L’etimologico vocabolario della lingua italiana, Milano, Le Monnier, 2010, p. 1346.
11Cortellazzo M. Zolli P., L’etimologico minore. Deli, dizionario etimologico della lingua italiana, Città di Castello, Zanichelli, 2011, p. 1435.

Correlazione tra le famiglie Panegrossi e Segna

Il documento, presente all'Archivio Vescovile di Avezzano, che attesta la correlazione tra le famiglie Panegrossi e Segna
Il 9 Ottobre 2012, il Dr. Gabriele Baldelli, archeologo ed ex Soprintendente per i Beni Archeologici dell'Umbria, mi inviò una email, chiedendomi se ero a conoscenza di eventuali correlazioni parentali tra le famiglie Panegrossi di Colli di Monte Bove e Segna di Poggio Cinolfo (Giuseppe Segna fu vescovo dei Marsi dal 3 Maggio 1824 all'8 Marzo 1840). Queste notizie gli erano necessarie per completare una sua ricerca storico/antiquaria sulle due prestigiose famiglie.
Risposi che il mio interesse per lo studio della famiglia Panegrossi era dovuto al fatto che aveva determinato il destino storico del mio paese per almeno centocinquanta anni e che, talune ricostruzioni oliste che avevano caratterizzato quel periodo, mi erano da stimolo per continuare la ricerca, ma che, purtroppo, in quel momento, non ero in possesso di informazioni che comprovassero il legame di parentela tra le due famiglie.
Una recente visita all'Archivio Vescovile di Avezzano mi ha consentito di fare questa scoperta e attestare la correlazione di parentela tra le due famiglie che il Dr. Baldelli ricercava. Tuttavia, come spesso, accade nella ricerca, il caso è stato una necessità e soltanto lo scrupolo dell'anonimo amanuense che redasse il libro delle Famiglie di Colli dal 1839 al 1879 ci ha consentito di raggiungere questo risultato: infatti, come mostra il documento che pubblichiamo in alto, Giacomo Panegrossi, figlio di Giò Nicola Panegrossi e Maria Speranza Latini, nato il 4 Marzo 1834, sposò in prime nozze Vittoria Tomei ed in seconde, Margherita Trojani, figlia di Angelo Trojani, di Petrella Liri e di Marianna Segna di Poggio Cinolfo.

Un'ipotesi di Albero Genealogico della famiglia Panegrossi

di Giovanni Anastasi
Cultore di Storia Locale


Le risorse artigianali di Colli nell'antichità

L'interno del laboratorio di un Fabbro
La consultazione degli archivi civili di Colli del XIX e XX secolo si rivela particolarmente edificante per individuare i vecchi mestieri artigianali che erano diffusi nel nostro paese.
Le professioni prevalenti erano quelle del Bracciante e del Coltivatore; tuttavia non è infrequente imbattersi in mestieri come Lanaio, Caldaio, Sarto, Fabbro Calzolaio, ecc. a testimonianza di una certa propensione verso l'imprenditoria artigianale.
Ora troviamo un'ulteriore conferma di questo dinamismo economico in due brevi passaggi presenti nel manoscritto di ANTONIO ZAZZA, Notizie di Carsoli, Pietrasecca 1998, che per gentile concessione del Presidente dell'Associazione Lumen, don Fulvio Amici, abbiamo potuto visionare nell'unica copia-master presente in archivio.
La prima informazione, contenuta nel foglio 4v (pagina 13 del testo stampato), riguarda un mastro Gervasi di Colli che rialzò di un terzo la torre campanaria della chiesa di Santa Vittoria di Carsoli, sottolineando che l'artigiano: "...lavorò nella sagrestia di San Pietro in Roma...".
L'altra notizia interessante la troviamo nel foglio 6r, (pagina 15 del testo stampato) in cui si afferma che: "La chiesa di S. Antonio Abate poco fora le mura di Carsoli col suo ospedale dicono fondata coi beni di una tal carseolana andata a marito in Colli, e coi beni di suo marito...".  E' una prova indiretta di come Colli tra il XVI e XVIII secolo fosse il paese economicamente più florido della nostra zona e che una sua cittadina potesse elargire alla collettività risorse finanziarie per costruire una chiesa con annesso l'ospedale.

Terminus ante quem sulla chiesa di S. Rocco

La Chiesa di San Rocco
Le fitte nebbie che avvolgevano la storia della costruzione della chiesa di San Rocco a Colli di Monte Bove, collocata all'entrata occidentale del paese, si vanno, gradualmente, diradando e oggi possiamo citare un documento presente presso l'Archivio Vescovile di Avezzano, che ci consente di stabilire un primo terminus ante quem sulla data di edificazione dell'edificio sacro.
Matteo Caroli accedeva alla carica di curatore delle chiese di San Berardo e di San Rocco di Colli nell'anno 1697 (D 128). Questa citazione significa che a quella data la chiesa di San Rocco era già esistente ed aveva una qualche rilevanza, per giustificare la nomina di un curatore sia pur incaricato anche della tutela della chiesa dedicata al vescovo dei Marsi.
Infine questa data si colloca in un arco temporale che suffraga, ulteriormente, l'ipotesi che avevamo formulato in un precedente post, sulla probabile edificazione della chiesa in un'epoca immediatamente successiva alla grande pandemia di peste che colpì il Regno di Napoli nel 1656.

Fondo Berardo nell'archivio vescovile

L'edizione filologica della Vita di Berardo
Comunicazione al congresso di Poitiers




















Molto presto l'Archivio Vescovile di Avezzano si arricchirà di un Fondo dedicato a Berardo dove verranno raccolti tutti i documenti ed i testi pubblicati su Berardo. L'idea nacque nel Marzo scorso quando nel tentativo di perorare un eventuale inserimento nel programma dell'otto per mille gli interventi successivi da realizzare nella chiesa di San Berardo di Colli di Monte Bove per recuperare totalmente gli affreschi presenti nel luogo sacro (progetto piuttosto difficile da realizzare perché la chiesa non è inserita né nell'elenco dei Patti Lateranensi, né dalla successiva integrazione del 1986 e quindi non è sotto la giurisdizione del vescovado), il Cancelliere Ennio Grossi mi manifestò l'esigenza di raccogliere presso l'Archivio Vescovile tutti i testi che avevo portato per sensibilizzarlo sul dibattito storiografico internazionale animato intorno alla figura di Berardo come modello arcaico di vescovo tipicamente gregoriano, in modo da poter mettere a disposizione dei ricercatori futuri le fonti e la bibliografia raccolte.
Accettai l'idea con entusiasmo e da quel giorno ho lavorato per reperire soprattutto le pubblicazioni in lingue straniere e, con una certa ragionevolezza, oggi possiamo dire che il Fondo sarà così costituito:

a) - Sezione Internazionale
1) - P. TOUBERT, Les structures du Latium médiéval, Le Latium méridional et la Sabine du IX siècle à la fin du XII siècle. Roma, 1973
2) - J. DALARUN, Bérard des Marses (1080 - 1130) un éveque exemplaire, Paris, 2013
3) - J.DALARUN, Vie et miracles de Bérard éveque des Marses, Bruxelles, 2013
4) - J. DALARUN, Berardo dei Marsi un modello episcopale gregoriano, Carsoli, 2010
5) - J. DALARUN, Bérard éveque des Marses. Un art de gouverner, in Hagiografia, idéologie et politique au Moyen Age en Occident, Turnhout, 2012
6) - J. HOWE, St. Berardus of Marsica (d. 1130) "Model Gregorian Bishop", in JOURNAL OF ECCLESIASTICAL HISTORY, 58 (2007), p. 400-416

b) - Sezione Storici Italiani
1) - Z. ZAFARANA, Berardo, santo, Roma, 1966
2) - S.B. GAJANO, Berardo Vescovo dei Marsi, tra agiografia e storia, Roma, 2002
3) - F.UGHELLI, Italia sacra, ed.Coleti, Venezia, 1717

c) - Sezione Storici Locali
1) - P.A. CORSIGNANI, Reggia Marsicana, Napoli, 1738
2) - P. PANEGROSSI, Memorie storiche intorno a San Berardo Cardinale, Carsoli, 2011
3) - D. GIARDINI, San Berardo. Vita, leggende,miracoli, culti e reliquie, Cerchio, 2001
4) - F. F. ZAZZERA VINCENZO AMENDOLA, Berardo, servo scelto. Chosen servant, Marino, 2015
5) - M. ANASTASI, Sui toponimi sconosciuti presenti ne La vita del beato Berardo dei Marsi, in Aequa, 43 (dicembre 2010), p. 13-17

d) - Sezione Fonti Documentali
1) - BIBLIOTECA CASANATENSE, MS 2375, f. 77-167, M. FEBONIO, Dei santi Marsicani
2) - ARCHIVIO DELLA CONGREGAZIONE DELLE CAUSE DEI SANTI, Sacrae ritum Congregationis ab anno 1801 ad annum usque 1802
3) - ARCHIVIO DELLA CONGREGAZIONE DELLE CAUSE DEI SANTI, Sacrae ritum Congregationis decreta in causis servorum Dei, 1905.

I Pellegrini del cammino del Volto Santo a Colli

I Pellegrini all'ingresso di Colli
di Giovanni Anastasi
Cultore di Storia locale

Domenica 10 Maggio 2015, Colli di Monte Bove ha accolto i pellegrini del Volto Santo. Erano partiti da Roma, ripercorrendo il cammino (così narra la Leggenda) che fece un misterioso pellegrino da Roma a Manoppello (PE) nel 1506 con la reliquia del Volto Santo, un'immagine acheropita (cioè non disegnata dall'uomo) che raffigurerebbe il volto di Cristo.
La stessa è stata da alcuni identificata con il Telo della Veronica, conservata oggi nella Basilica del Volto Santo di Manoppello. Il cammino partito precisamente da Piazza San Pietro il 6 Maggio si è concluso il 16 Maggio con rientro alla basilica in occasione dei festeggiamenti del Volto Santo e i pellegrini, ove possibile, hanno ripercorso il tracciato originario. Tale iniziativa, sponsorizzata dal comune di Manoppello con la partecipazione di altre Associazioni come il CISC (Centro Iniziativa Socio Culturale) ha visto l'adesione di oltre venti Comuni tra Lazio e Abruzzo che hanno messo a disposizione strutture per ospitare i pellegrini; tale iniziativa (sul modello del famoso Cammino di Santiago di Compostela) dovrebbe contribuire alla rinascita e la rivalorizzazione di paesi in via di spopolamento -come ci ha spiegato Stefania D'Annunzio  del CISC- e potrebbe contribuire alla ripresa economica del nostro territorio, sfruttando una delle maggiori risorse dell'Abruzzo, ossia il turismo.
Visita Chiesa Madonna della Speranza (foto: A Barnabei)
I pellegrini che sono arrivati a Colli verso le ore 10:30, sono stati accolti in località Fontevecchia. La giornata è proseguita con una rapida visita del paese, iniziando dalla pieve di San Rocco, patrono peraltro dei viandanti, la visita della parte rinascimentale con il palazzo dei Colonna e la Dogana; la visita delle nostre chiese (San Berardo e San Nicola), sono rimasti affascinati soprattutto da quello della Madonna della Speranza per via della piccola copia (però quella Sindonica) del Volto Santo conservata sull'altare della chiesa stessa, oggi di proprietà della famiglia Mantica. Il giro si è concluso con la visita al castello dei Conti dei Marsi, situato nella parte più alta del paese, da dove i pellegrini hanno potuto ammirare lo stupendo panorama. Infine, prima della partenza verso Tagliacozzo, i pellegrini sono stati ospitati nell'ex edificio scolastico con un pasto offerto dalla Confraternita di San Berardo, con la collaborazione della Pro-Loco.
Il ristoro di un cavallo della compagnia a Colli 
Trattandosi della prima edizione (anche se alcuni di loro fanno il cammino da molti anni) si spera che questa iniziativa venga sostenuta e, come già detto, si possa creare un cammino sul modello di quello di Santiago, cioè non imposto con date e orari ma da percorrere liberamente, con la possibilità di sostare nei luoghi preferiti da ogni singolo partecipante e, per questo, considerando le numerose risorse artistiche, storiche e religiose di Colli di Monte Bove, potrebbe rappresentare un'opportunità unica per il rilancio del nostro piccolo paese.
...noi intanto il primo passo (per rimanere in tema) lo abbiamo fatto...

I RINGRAZIAMENTI DI EMANUELE DE LUCA (Consigliere Turismo Comune di Manoppello)


La presentazione degli affreschi a S. Berardo

La D.ssa Piera Ferrazzi nel suo intervento (Foto: A. Barnabei)

Il giorno 1 Maggio 2015 alla presenza di un folto pubblico, attento e competente, ha avuto luogo la presentazione degli affreschi riportati alla luce nella chiesa di S. Berardo di Colli di Monte Bove e riguardanti i miracoli che il Vescovo dei Marsi ha compiuto nel nostro paese.
Il Miracolo di F. Di Ambrosio (Foto: A. Barnabei)
Dopo una breve introduzione storica dell'estensore di queste note, la D.ssa Piera Ferrazzi, coordinatrice del gruppo di restauratrici che per sei mesi ha operato sulle pareti della chiesa, ha chiarito l'ipotetica ispirazione artistica della campagna pittorica suggerendo delle aree di ricerca molto interessanti sulla possibile temperie nella quale sono stati concepiti i tre temi completi sinora recuperati.
L'affresco del Miracolo del bambino (Foto: A. Barnabei)
L'analisi stratigrafica ha rilevato che, almeno per i due dipinti del lato opposto al Vangelo (secondo la disposizione dell'Altare Maggiore nel secolo scorso), si possono ipotizzare committenze coeve, risalenti al primo quarto del secolo XVII.
Da segnalare, infine, che lodevole era stata, in mattinata, la presentazione degli affreschi che il Cancelliere della Curia Vescovile di Avezzano, don Ennio Grossi aveva fatto al Vescovo Pietro Santoro, insistendo su carattere di primo intervento del recupero.
Da questo Link  https://youtu.be/CsRiJ22HxL8
è possibile visionare il video girato da Giovanni Anastasi  a Pescina dopo la ricognizione canonica operata sul corpo di Berardo.


Editoriale

Berardo recuperato dalla Politica

E' tradizione che alle manifestazioni in onore di Berardo presenzino le autorità civili e militari, in particolare i Sindaci. Questa attenzione verso il Vescovo dei Marsi era interpretata, sinora, come il giusto tributo che le popolazioni continuavano a manifestare alle opere e alle azioni di Berardo, attraverso i loro legittimi rappresentanti.
Senonché, da qualche tempo, si osserva uno sgradevole recupero della politica della figura di Berardo per procurarsi consenso tra i fedeli: Sindaci che annunciano sul sagrato delle chiese la loro non ricandidatura; arrivisti che si servono di Berardo per scalare la piramide sociale.
Berardo in tutta la sua vita ha incarnato valori universali e non di parte; si preoccupava di "tutti ed ognuno" e non solo dei suoi seguaci, essendo sempre stato attento a proteggere i deboli, i poveri, le persone oneste che subivano soprusi.
Infine mi sia concessa una nota personale.
Spesso mi si attribuisce l'etichetta di "Storico", mentre, al massimo, posso essere considerato un modesto appassionato di Storia locale. Capisco che per chi confonde la casa Editrice Laterza con una classe scolastica (la Terza, la Quarta, ecc.) la differenza possa apparire soltanto semantica e, quindi irrilevante, ma il rispetto che ho per il duro lavoro del ricercatore storiografico, mi rende l'amalgama insopportabile e mi ha spinto a fare questa precisazione.
Maurizio Anastasi

Meraviglie strappate alle tenebre oscurantiste

L'affresco visto in prospettiva
La conversione di Fabritio de Ambrosio
Fabritio de Ambrosio  -  Particolare














I sessantotto miracoli che Berardo compì quando era ancora in vita, dopo la morte, nel corso e successivamente alla traslazione della sua salma dal Chiostro a dentro le mura di Santa Sabina, non hanno mai avuto una rappresentazione pittorica o raffigurati con un'altra forma di espressione artistica. La sola leggenda agiografica di Giovanni di Segni riverbera nel tempo il ricordo di questi prodigi. Dal 1 Maggio saranno visibili nella chiesa di san Berardo di Colli di Monte Bove gli unici due miracoli del vescovo dei Marsi sinora rappresentati, riportati alla luce dall'equipe della D.ssa Piera Ferrazzi, con il contributo finanziario dell'Amministrazione separata dei Beni Civici del nostro paese.
Scritta di committenza
La prima campagna pittorica è incentrata sul pentimento del bravo dei Colonna, Fabritio de Ambrosio che con le sue angherie vessava gli abitanti di Colli e che, su intercessione di Berardo, improvvisamente, cessò di praticare i suoi soprusi. La figura del Cristo crocefisso è, al contempo, maestosa e struggente: lo studio anatomico del corpo è completo e le sue linee efficacemente armonizzate. La carnosità della muscolatura fa pensare ad alcuni personaggi michelangioleschi del Giudizio Universale. Anche il tratteggio della figura del penitente risulta gradevole per l'uso di lumeggiature di colore sapienti. La situazione drammatica è energicamente resa.
La grande peculiarità del dipinto, che autorizza l'ipotesi di un'attribuzione prestigiosa, è l'utilizzo di singolari volumi per veicolare una sorta di secondo linguaggio qualora lo si osservi in prospettiva: l'opera acquista una profondità tridimensionale ed emergono particolari non facilmente rilevabili nella visione diretta (ad esempio la stilizzazione di un paesaggio all'altezza dei piedi della croce).
La data di committenza è del 1626.
Il prodigio del fanciullo al quale è donata di nuovo la vita
Miracolo di Berardo - Particolare
   










Il secondo Miracolo di Berardo venuto alla luce, è quello del fanciullo perito nel lato scosceso della piazza di san Berardo a Colli ed al quale il santo donò di nuovo la vita. Purtroppo gli interventi antropici hanno fortemente alterato la leggibilità dell'insieme: sicuramente è andata perduta la figura del vescovo del quale è riconoscibile solo una parte del bastone pastorale. La grossolanità delle figure della madre e del fanciullo contrastano con quelle dei due personaggi rappresentati in basso, molto più elaborate. Risulta evidente l'impiego di maestranze ed artisti diversi.
Questa eccezionale campagna di campionatura degli affreschi presenti nella chiesa di san Berardo di Colli di Monte Bove ha permesso, altresì, di evidenziare altre composizioni che sarebbe estremamente interessante poter riportare definitivamente alla luce. In questo caso, però, è la Sovrintendenza alle Belle Arti di Aquila che dovrebbe promuovere la campagna di studio in quanto le risorse finanziarie da mobilitare sono ingenti.
scena pittorica con volto di Berardo
Motivo affiorato dopo saggi mirati











Altra scritta di committenza emersa

C'era una volta un Castello...

Il suggestivo disegno del Castello di Colli (1978)
di Paolo Emilio Capaldi
Ricercatore e Storico

Sul finire degli anni Settanta del secolo scorso, fiorisce la letteratura riguardante i manieri, le rocche ed i castelli dell'Abruzzo. Tra questi ho ritrovato il seguente libro illustrato, opera fuori dal comune: PIETRO PERNARELLA, C'era una volta un castello...Ricerca di antichi valori. Torri e castelli dell'Abruzzo Aquilano in 58 disegni, Roma, Tipografia Aipe's, 1987. (126 pp.).
Si tratta di 58 disegni a china dei castelli dell'aquilano.
La copertina del prezioso volume
Vorrei condividere la bellezza di quest'immagine con l'interesse dei cultori del genere, sicuramente, l'occhio esperto dell'artista avrà aggiunto sapientemente, quel che poco manca all'edificio nella realtà.
A pagina 51 si può ammirare il disegno delle rovine del Castello di Colli di Monte Bove.
Nella pagina seguente, pagina 52, si può leggere la scheda illustrativa del disegno:
"...Colli di Monte Bove... disposto a circa 900 m su un ripido pendio sovrastato dalla cresta rocciosa di Guardia d'Orlando... è attraversato dalla via Valeria... Il Castello, sorto in epoca medievale, poté conservare a lungo la sua funzione primaria di controllo sui traffici verso l'interno della Marsica. Decaduto poi il castello, le cui rovine sovrastano attualmente l'abitato, il paese seguitò ad avere notevole importanza.... nell'800 vi si esigeva ancora la tariffa imposta da Re Carlo nel 1733...".
G. Barbato - A. Del Bufalo, L'Abruzzo e i Centri storici della provincia del l'Aquila, Ed. Ferri - L'Aquila 1978

Altra fonte sulla presa del castello di Colli (1821)

Copertina del volume del Pagani
di Paolo Emilio Capaldi

Ricercando fonti e testimonianze per la pubblicazione di un testo sui Monti Carseolani, ho ritrovata un'opera molto interessante: Giovanni Pagani, Avezzano e la sua storia, Abbazia di Casamari, 1968. Scorrendo il testo mi sono imbattuto nelle vicende che animarono Colli di Monte Bove, intorno al 20 Febbraio 1921 (1).
Nel 1815, il Congresso di Vienna si propose di restaurare lo status quo ante, agli sconvolgimenti conseguenti la rivoluzione francese del 1789, in tutti gli stati dell'Europa. Il vento delle novità e delle idee libertarie soffiò su tutti gli stati ed il re delle Due Sicilie Ferdinando IV (I), dovette assistere ai nuovi "moti rivoluzionari" (1820-1821), che coinvolsero il suo reame. Il 6 Luglio 1820 il re promise una nuova costituzione per il suo popolo, promulgandola il 13 Luglio.
Sotto la regia di Metternich, l'Austria si ritenne "custode" dell'Italia ed entrò nello scenario peninsulare con il suo esercito per domare le insurrezioni napoletane, con il velato proposito di impossessarsi del regno. Al comando del generale Primont, l'esercito austriaco, forte di cinquantamila uomini, mosse verso i confini del Regno di Napoli.
Il Pagani riporta una lunga citazione dell'attacco condotto dagli asburgici al castello di Colli, facendo riferimento ad alcune pagine dello storico Bernardino Iatosti inserite in Storia di Avezzano: scrive della difesa del castello ad opera del vecchio sergente Zazza di Pereto che, nonostante l'esiguità di uomini e mezzi, coi pochi proiettili rimasti, cercò di cannoneggiare l'esercito austriaco che avanzava.
(1) - Nelle Memorie storiche... don Paolo cita la data del 9 Marzo 1821.
Le pagine del Pagani, in download integrale, cliccando la didascalia della foto.

La chiesa di San Rocco

Colli - La chiesa di San Rocco
Scarse, o addirittura inesistenti, sono le notizie su questa chiesa collocata all'ingresso occidentale di Colli. Tuttavia, una sintetica raccolta delle visite pastorali dei Vescovi dei Marsi al nostro paese (1836-1872), presente presso l'archivio parrocchiale, ci consente di rilevare qualche informazione almeno sul suo stato di conservazione.
Il 12 Ottobre 1847, il Vescovo dei Marsi Michelangelo Sorrentino, scrive nella sua relazione: "...entro tre mesi è necessario restaurare la porta d'ingresso...".  Il medesimo prelato, nella visita del 1858, pone una lapide sull'altare e, infine, il Vescovo Federico De Giacomo nel 1858, rileva che la chiesa è piena di umidità e consiglia di promuovere una questua tra la popolazione per finanziare i lavori di risanamento. Un'annotazione ai margini del decreto, redatta dall'allora parroco di Colli Paolo Panegrossi, ci informa che il Vescovo contribuì alla raccolta con dieci Lire Italiane.
Nessuna notizia storica è giunta sino a noi sulla data di edificazione della chiesa anche se è possibile ipotizzare che, per il santo a cui è dedicata (San Rocco) solitamente invocato per debellare il flagello della peste e in conseguenza del fatto che la pandemia più virulenta del morbo si ebbe, nel regno di Napoli (Colli vi apparteneva), nel 1656 è possibile che la pieve sia stata costruita nella seconda metà del Seicento, come ringraziamento per un pericolo scampato o alleviato.
Colli - Grotta di San Rocco
Altrettanto enigmatica è la presenza di questo antro, connesso alla chiesa di San Rocco, finemente affrescato e, della cui campagna pittorica, è rimasto solo questo piccolo frammento, raffigurato qui accanto. La presenza a Colli di una strada denominata "grotta di San Rocco" (Archivio di Stato dell'Aquila, Liber Baptizatorum, Colli, anno 1809), rende plausibile l'ipotesi dell'esistenza nel luogo di un ipogeo, in seguito normalizzato con intervento antropico.
I toponimi stanno sempre ad indicare il carattere peculiare di una località e spesso ne saturano il significato nell'elemento geografico. Questa lezione del passato è spesso dimenticata dalla toponomastica moderna e un classico esempio di questo orrore, lo abbiamo proprio nel nostro paese, dove la splendida piazzetta, recentemente recuperata nella vicinanza dell'Arco de N'dreone, è stata denominata con il barbarismo Municipalità e Cittadinanza, mentre quel luogo è storicamente individuato come Cimetore.
 

Disclaimer

Questo blog non rappresenta una testata giornalistica in quanto viene aggiornato senza alcuna periodicità. Non può pertanto essere considerato un prodotto editoriale ai sensi della legge n. 62 del 7.03.2001.