COLLI

Colli di Monte Bove (AQ.), il Secolo Scorso

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Singolare Agorà a Colli nel Seicento

La pagina iniziale dell'Antica Scrittura
La copia di un'antica scrittura, conservata sino a metà del secolo scorso nell'Archivio Parrocchiale di Colli, ci rapporta una singolare adunanza di alcuni cittadini del nostro paese, il "12 di Gennaro 1657", per decidere se aderire ad una nuova proposta di cessione di beni per ottenere la celebrazione di una messa a suffragio perenne alla morte di Pietro Paolo di Camillo, il giovedì di ogni settimana, nella chiesa di S, Berardo.
La riunione ha luogo "nella solita stanza della Comunità" alla presenza del Camerlengo (in epoca medievale era il tesoriere del Re) Giò Francesco Simeoni e dei Massari,  verte sull'integrazione di beni da concedere in aggiunta a quelli già trasferiti all'Università di Colli con un precedente contratto (il termine Università non va inteso nell'accezione moderna ma nel significato storico del tempo, come sinonimo di Comune), per ottenere il privilegio religioso. Oltre ai sei ducati di Regno e ducati "tre per 3° per ciascun anno durante sua vita", concessi nel negozio precedente, venivano aggiunti ducati centoventi in "beni stabili" (i beni immobiliari attuali) alla morte dell'attore, Nella nuova convenzione vengono devoluti all'Università di Colli anche alcuni terreni, dall'ubicazione dei quali si può presumere, che il di Camillo non fosse un cittadino di Colli ma di Carsoli o di Roccaccerro: uno di essi confina con "l'ospedale", verosimilmente, si tratta dell'ospedale per i poveri che esisteva a Carsoli nell'area che oggi insiste intorno al ponte in pietra sulla Valeria in direzione di Colli ed a fianco del quale nel Settecento una cittadina del nostro paese farà edificare la chiesa di S. Antonio Abate; un altro è situato "nel Prato alle Prata della Roccha di Cerro con l'alberi." L'atto conclusivo è firmato ed approvato, edittalmente, da tutti i cittadini presenti.
Regolamento del 1857
Pur in presenza di una Confraternita di S. Berardo (attestata dalla visita pastorale del vescovo dei Marsi del 1623 a Colli), i beni furono devoluti ad una entità, il Comune, a priori laica e per una finalità oltremondana. Il documento che pubblichiamo ci fa comprendere le diverse fasi storiche che ha attraversato questa gloriosa istituzione della Confraternita di S. Berardo: nel Seicento completamente asservita al potere temporale; nell'Ottocento subordinata all'autorità religiosa; in epoca contemporanea, formalmente ancora soggetta al potere della Chiesa, ma nella realtà utilizzata per riconvertirsi nel mercato politico e per entrare a far parte del notabilato locale egemonico, rissoso nel suo interno, mosso soltanto dal "familismo amorale" e da strategie di affermazione sociale.

Mortalità infantile piaga endemica di Colli

I dati demografici di Colli 1753-1762
Il confronto, delle note manoscritte sul nostro paese che ci ha lasciato il dr. Giuseppe Mantica e i documenti che abbiamo reperito nell'Archivio vescovile di Avezzano, ci offre la possibilità di effettuare un affascinante viaggio tra le nebbie sibilline della storia passata di Colli e di scoprire  la stratigrafia sociale della nostra comunità nei tempi antichi.
E' noto che l'illustre umanista del secolo scorso ha esaminato accuratamente i documenti presenti nell'Archivio della chiesa parrocchiale di S. Nicola ed ora non più reperibili per l'incuria con la quale sono stati conservati nel tempo. Per gli anni che vanno dal 1753 al 1762 il dr. Mantica ha accuratamente annotato l'età dei decessi e quindi possiamo scoprire che in quel decennio la vita media a Colli era di 32,4 anni. Disaggregando i dati delle sequenze statistiche si può rilevare che coloro che erano riusciti a superare i primi anni di vita, avevano una longevità invidiabile per gli
Ragazzi di Colli (Foto:A. Barnabei)
standards del tempo: non sono infrequenti decessi avvenuti oltre gli ottanta anni di vita, come significativo è il numero delle persone decedute dopo i settanta anni di età. Agghiaccianti, invece, sono i dati della mortalità infantile: in quei dieci anni, otto bambini sono  morti prima di dieci giorni di vita; diciassette entro i quindici mesi; ventiquattro prima del compimento del decimo anno di età. Le cause erano ovvie: povertà, malnutrizione, esposizione al freddo, insalubrità delle abitazioni fatiscenti.
Censimento del 1814
Un altro documento interessante, proveniente dall'Archivio Vescovile di Avezzano, redatto da Antonio Panegrosso il 4 marzo del 1814, è il censimento del nostro paese, effettuato applicando tecniche non certamente di uso frequenti nel tempo. Abbiamo quindi una ripartizione della popolazione per età e per stato civile: L'85% della popolazione aveva un'età inferiore  ai 40 anni ed il numero dei celibi era superiore ai coniugati ed ai vedovi/e. Si precisava che tutta la popolazione era originaria della provincia ed è molto probabile che l'età delle donne coniugate fosse, generalmente, superiore a quella degli uomini. Questa intima convinzione è maturata dallo studio che ho avviato su tutti gli Stati delle Anime che i vari vescovi hanno lasciato dopo le loro visite pastorali a Colli e dove il fenomeno si osserva con una frequenza significativa e non irrilevante.

Quando i conti tornavano

Dettaglio delle offerte per la Ricognizione Canonica del 1961
Nel Maggio del 1961 ci furono a Pescina delle solenni celebrazioni per ricordare il VI° centenario della traslazione del corpo di Berardo da Civitas Marsorum (odierna San Benedetto dei Marsi) verso la cittadina attraversata dal Giovenco. Lo stesso anno fu effettuata la ricognizione canonica sul corpo di Berardo.
Il nostro paese, come sempre, partecipò con slancio e generosità a questo sforzo, costituendo un comitato presieduto dal Parroco pro tempore (Don Donato Marsili) e nel quale era preponderante la presenza di operatori economici dell'epoca. Furono raccolte L. 732.350, così utilizzate:
A. Per i paramenti pontificali L. 212.000;
B. Per il volto riproducente le fattezze del Santo L. 100.000;
C. Rete Argentata, Legature ecc. L. 100.000;
D. Croce Pettorale d'Argento dorata L. 30.000;
E. Balsamo, Motu vari, Tubi di vetro sintetico, Spese viaggio e Onorari Rev.mo P. Pacciardi ricognitore e ricompositore del sacro corpo L. 150.000;
F. Impianto elettrico con tubi a Neon e reattori per illuminazione del santo e dell'urna L. 50.000.
Totale spese L. 642.000; attivo L. 90.350.
Il Programma delle festività
Redatti due elenchi delle offerte distinti tra i collesi residenti e non. Vi sono molti contributi di cittadini dei paesi vicini e provenienti da altri continenti. E' registrato un obolo della famiglia Petruccetti di Montesabinese che ottenne nell'Ottocento un prodigio da Berardo.
Sorprende questa meticolosa trasparenza antica, se la si correla con le pratiche opache di qualche tempo fa, che inducevano, costantemente, a testare i limiti della legalità.
E' confortante che, l'inverno scorso, l'Assemblea dei confratelli di S. Berardo abbia deciso di ripristinare la distinzione tra le funzioni apicali dell'istituzione e quelle finanziarie e di istituire un comitato dei Revisori dei conti: è il sintomo che un vecchio mondo sta morendo e ne sta nascendo, sia pure con difficoltà, uno nuovo.

La "carrozzabile" per Carsoli iniziata nel 1879

Il tracciato della nuova Valeria in una foto del 1900 (Archivio Mantica)
Sigillo Chiesa S. Nicola di Colli - 1879

Una serie di missive che il Parroco di Colli don Paolo Panegrossi, invia al Vescovo dei Marsi dell'epoca, per perorare la causa dei lavoratori impegnati nella costruzione della nuova strada "carrozzzabile" tra Colli e Carsoli che sostituirà il vecchio tracciato della via Valeria, richiedendo la dispensa per le maestranze impegnate nell'opera, dal frequentare le funzioni religiose nei giorni festivi per recuperare eventuali periodi di inattività dovuti all'inclemenza del tempo, ci fornisce, altresì, numerose notizie del nostro paese molto interessanti.
La costruzione della strada iniziò nel dicembre del 1879; arrivarono circa cinquanta operai dalla Toscana e dal Piemonte e furono impiegati anche lavoratori dei paesi vicini e di Colli. Il salario era di "una lira al giorno per gli uomini robusti allorché vadano al lavoro dallo spuntar del giorno si presso al tramonto del sole."
Inoltre si apprende che quell'anno "per la scarsezza dei raccolti verificatasi non solo qui, ma generalmente dappertutto, talune famiglie di Colli sono già ridotte a stato di necessità indubitatamente grave, abbenché siamo al principio dell'inverno, ed il loro numero dovrà crescere ogni giorno."
Infine un'attenta lettura della referenza fotografica pubblicata in alto, che ci è stata messa gentilmente a disposizione da Alberto Mantica, datata Settembre 1900, ci restituisce elementi orografici del territorio oggi completamente scomparsi; in primo luogo quell'imponente muro di sostegno, in opus reticolatus, nel versante nord della nuova strada che ora non esiste più ed il declivio molto più aspro rispetto ad oggi dell'area al disotto del Km 80 della Valeria. Da quel largo si snodava una strada, non più esistente, che probabilmente conduceva al tratturo che consentiva di raggiungere l'eremo di Sant'Angelo e i fertili campi di "Marinome" e "Vallendenza" (valle Intensa). Si ha la conferma che l'attuale cimitero non era ancora stato costruito (lo sarà nel 1905).

Un demagogo al tempo di don Paolo Panegrossi

La missiva di don Paolo al Vescovo dei Marsi
Pubblichiamo un documento (1873), proveniente dall'Archivio Vescovile di Avezzano, nel quale don Paolo Panegrossi, dopo aver descritto lo svolgimento di alcune processioni del tempo, si sofferma, con l'occhio scaltro dell'osservatore sociologico, sulle attività di un personaggio di Colli, designato genericamente con il solo cognome Gervasi, che raccoglie le offerte per istituire una processione in onore di S. Antonio, ma poi non si riesce a comprendere come la raccolta della questua è utilizzata.
Per molti versi sembra una cronaca scritta oggi, con spirito spregiudicato ma non antisistema, che ha il dono della sintesi e della sostanza e ci dimostra come la demagogia ed il populismo conducono sempre all'impotenza di una millantata onnipotenza.
Una trascrizione del documento, che si è avvalsa della preziosa collaborazione di Giovanni Anastasi, è consultabile seguendo il link che si attiva cliccando sulla didascalia della foto qui accanto.

Correlazione tra le famiglie Panegrossi e Segna

Il documento, presente all'Archivio Vescovile di Avezzano, che attesta la correlazione tra le famiglie Panegrossi e Segna
Il 9 Ottobre 2012, il Dr. Gabriele Baldelli, archeologo ed ex Soprintendente per i Beni Archeologici dell'Umbria, mi inviò una email, chiedendomi se ero a conoscenza di eventuali correlazioni parentali tra le famiglie Panegrossi di Colli di Monte Bove e Segna di Poggio Cinolfo (Giuseppe Segna fu vescovo dei Marsi dal 3 Maggio 1824 all'8 Marzo 1840). Queste notizie gli erano necessarie per completare una sua ricerca storico/antiquaria sulle due prestigiose famiglie.
Risposi che il mio interesse per lo studio della famiglia Panegrossi era dovuto al fatto che aveva determinato il destino storico del mio paese per almeno centocinquanta anni e che, talune ricostruzioni oliste che avevano caratterizzato quel periodo, mi erano da stimolo per continuare la ricerca, ma che, purtroppo, in quel momento, non ero in possesso di informazioni che comprovassero il legame di parentela tra le due famiglie.
Una recente visita all'Archivio Vescovile di Avezzano mi ha consentito di fare questa scoperta e attestare la correlazione di parentela tra le due famiglie che il Dr. Baldelli ricercava. Tuttavia, come spesso, accade nella ricerca, il caso è stato una necessità e soltanto lo scrupolo dell'anonimo amanuense che redasse il libro delle Famiglie di Colli dal 1839 al 1879 ci ha consentito di raggiungere questo risultato: infatti, come mostra il documento che pubblichiamo in alto, Giacomo Panegrossi, figlio di Giò Nicola Panegrossi e Maria Speranza Latini, nato il 4 Marzo 1834, sposò in prime nozze Vittoria Tomei ed in seconde, Margherita Trojani, figlia di Angelo Trojani, di Petrella Liri e di Marianna Segna di Poggio Cinolfo.

Un'ipotesi di Albero Genealogico della famiglia Panegrossi

di Giovanni Anastasi
Cultore di Storia Locale


Il cantiere-scuola della "Fontevecchia" (1960)

Alcuni degli allievi muratori del cantiere
Il cantiere-scuola con Colli sullo sfondo
Per porre rimedio alla grave crisi dell'occupazione giovanile negli anni sessanta del secolo scorso, il governo presieduto dall' onorevole Fanfani, immaginò una serie di misure economiche Keynesiane che ebbero un indubbio effetto espansivo e consentirono ad un folto gurppo di giovani del nostro paese di acquisire i primi rudimenti dei mestieri edili e che poi seppero, sapientemente, mettere a frutto andando a prestare la loro manodopera a Roma nel pieno boom della cosiddetta "febbre edilizia" (Nel 1960 la stazione ferroviaria di Colli contava 96 abbonamenti per Roma. Erano persone che partivano la mattina alle ore 04:30 e tornavano a casa alle ore 21:00, in dei vagoni per viaggiatori che avevano poco da invidiare ai carri merci!).
Vista d'insieme del complesso edificato negli anni Sessanta
Un altro progetto, sempre in quegli stessi anni, che ebbe una spinta propulsiva sull'occupazione giovanile di Colli, fu l'opera di rimboschimento del monte Guardia d'Orlando (oggi comunemente chiamata "Pineta") che interessò anche un'area delle "Lamatore" e, purtroppo, il Castello dei Conti dei Marsi.
E' per una sorta di nemesi storica che proprio per far fronte, parzialmente, alla drammatica situazione dell'occupazione a Colli oggi che, l'Amministrazione separata dei Beni Civici, ha acquisito vouchers per mini-jobs dall'Inps (per complessivi 6.000,00 €), assegnati a tre operai del nostro paese, attualmente inoccupati, per far bonificare l'area dalla vagetazione che con la sua esuberanza nascondeva alla vista il manufatto così come la "Fontevecchia", di epoca romana e, le vestigia dell'antica Valeria che proprio in questa area conserva dei "massi ciclopici" di straordinaria bellezza; ma, questo, sarà l'argomento di un prossimo Post.
Ringrazio Antonio Barnabei che mi ha inviato l'immagine degli allievi del cantiere-scuola.

Atto rogato dal notaio De Simeonibus (1724)

Berardino de Simeonibus, o Bernardino dè Simoni, altre volte Berardino Simeoni - c'è una sorta di nomadismo anagrafico sull'onomastica -, notaio apostolico di Colli, rogò l'atto di concessione della Corona d'Oro all'immagine della Madonna dei Bisognosi del Monte Carsoli, nella Basilica Vaticana il 5 Novembre 1724.


Il documento è redatto con una grafia nervosa ma di facile interpretazione, attesta la concessione del privilegio alla sacra reliquia utilizzando le formule sacramentali dell'epoca.

Soprannomi Collesi annotati da Roberto Lauri

Il Manoscritto originale di Roberto Lauri (Part. 1)
Manoscritto (Part. 2)
Pubblichiamo l'elenco dei soprannomi di alcuni cittadini di Colli che Roberto Lauri redasse con la consulenza di Benedetto Caroli, intorno agli anni settanta del secolo scorso.
Tutti i lettori che fossero a conoscenza di altri nomi fittizzi potranno postarli nei commenti.
"Il Soprannome è un nome diverso dal proprio e dal cognome, con cui specie in ambienti popolari, si usa chiamare o indicare una persona. Il soprannome che risponde ad esigenze di concretezza e a ricerca di espressività, spesso scherzoso ed ironico, ha sempre un significato trasparente alludendo per lo più a caratteristiche fisiche della persona cui è riferito, a particolari attitudini e qualità, al luogo di nascita o di provenienza". (Definizione tratta da Vocabolario Treccani Online).
Il prezioso documento è stato messo a disposizione del Blog da Alberto Mantica, che ringraziamo.

Eccellenze del nostro territorio: Angela Maurizi



Copertina del Romanzo di Angela
Angela Maurizi, figlia di Maria Pia Borgi di Colli di Monte Bove, è risultata vincitrice del Concorso Pagina Uno e vedrà coronato il sogno della pubblicazione della sua opera prima letteraria Le Fiabole di A. dalla casa editrice Ded'A. Angela è stata, di gran lunga, la più votata dagli internauti - 732 suffragi raccolti pari al 34,2% - (la preferenza poteva essere espressa un sola volta e esclusivamente per via telematica). Il concorso si è protatto per due mesi e mezzo.
Nell'intervista rilasciata a "Io come Autore", numero 27, Angela chiarisce che ha tentato di "realizzare un esercizio di stile servendomi della mitologia, nella stessa misura in cui lo fecero gli antichi greci. Il mio intento non era tuttavia rivolto a spiegare le origini del mondo o la vita di personaggi più o meno deificati, bensì all'analisi della società contemporanea."
L'appuntamento con l'autrice è all'esposizione della Media e Piccola Editoria in programma al Palazzo dei Congressi di Roma dal 7 all'11 Dicembre 2011.
Angela, malgrado la giovane età, è una stimatissima urologa del complesso Universitario Policlinico Umberto I° di Roma.
La sua passione per l'Archeologia l'ha già condotta in Grecia per una campagna di scavi di due anni.
Per acquistare online il libro di Angela: clicca qui

La genesi del cognome della famiglia Barnabei

La ricostruzione del testo del volume di Don Paolo Panegrossi Memorie storiche intorno a S. Berardo Cardinale (1867) per una, speriamo, prossima ristampa, si sta rivelando una miniera d'oro di anedotti e di vicende civili della storia di Colli di Monte Bove, nei secoli scorsi.
 Tra i racconti più interessanti vi è quello riferito alla famiglia Barnabei, testimoniato anche da una campagna pittorica che doverbbe essere presente nella chiesa di San Berardo e ora ricoperta da una coltre di vari strati di tinteggiature successive. Don Paolo Panegrossi scrive: "Nel basso della parete opposta si distingue per l'accuratezza dell'esecuzione di altro autore una pittura rappresentante un giovane uomo genuflesso, con le mani giunte e sollevate verso un'immagine del Crocifisso, il quale ha inchinato verso lui amorevolmente il capo e vi si legge sotto - FABRIZIO DI AMBROSIO F.F. PER VOTO A.D. 1626. - Il significato di questa pittura non à per nulla oscuro nel paese dove esiste la famiglia a cui quel Fabrizio apparteneva e che poi ha preso il cognome di Barnabei. Era, dunque quel Fabrizio uno dei  scherani, o come dicono, uno dei bravi dei principi Colonna ai quali apparteneva il feudo di Colli: ed egli dopo aver passato nel disordine una parte della sua vita, rientrato in sé stesso si gettò ai piedi del Crocifisso, il quale rivolse verso di lui benignamente il volto ed inchinò il capo in segno di misericordia".
Nelle foto: da sx, un antenato della famiglia Barnabei; il ramo americano dei Barnabei di Colli.

L'Indiano di Colli che cacciò i...visi pallidi (1967)

  Nel numero 5 de l'Appennino del 1967, p. 119, c'è la descrizione di un colorito episodio che accadde nel nostro paese: un bambino di sette, otto anni, armato di arco e faretra, mette in fuga un gruppo di amici romani che discendevano dal monte Fontecellese e si accingevano a prendere il pullman per fare ritorno a Roma dopo una gita al monte Midia.
Non vengono forniti altri dettagli dell'...indiano collese che mise in fuga i visi pallidi! Ma se qualcuno (oggi dovrebbe avere tra i 50 e i 55 anni) si è riconosciuto nella descrizione che ne fa il periodico ce lo faccia sapere ed indicheremo sul blog il suo nome.
Si ringraziano, la Biblioteca del C.A.I., Sezione di Roma e Paolo Emilio Capaldi che ci hanno fornito questo documento di costune di Colli di Monte Bove.

Il progetto del 1919 della ferrovia Teramo-Carsoli

Pubblichiamo, per gentile concessione del sito valledelsalto, il carteggio (per scaricarlo seguire il collegamento ipertestuale) che accompagnò nel 1919 la richiesta della costruzione di una linea ferroviaria di dorsale appenninica, che avrebbe dovuto collegare Teramo con l'Aquila e quest'ultima, attraverso la valle del Salto-Cicolano con Carsoli, confluendo qui nella tratta, già in esercizio, e raggiungere Roma.
Se questa arteria di comunicazione fosse stata realizzata, con molta probabilità, la storia economica della Marsica del secolo scorso, sarebbe stata radicalmente diversa in quanto avrebbe interconnesso aree di produzione direttamente ai mercati di consumo.
La distanza tra Carsoli e L'Aquila, con il progetto di ferrovia del 1919, sarebbe stata di soli 56 Km. e, avrebbe richiesto, con il materiale rotabile di allora, un tempo di percorrenza non superiore ad 1h e 30'. I tempi di percorrenza di un tragitto Avezzano-L'Aquila si sarebbero ridotti dalle 4h e 30' a meno di 2h. 

I Pizzicuni: piatto ricercato della cucina di Colli

Conquistato il proprio piatto di Pizzicuni
lo si consuma anche in piedi (Agosto Collese 2010)
La ricetta dei Pizzicotti
della Sabina
I Pizzicuni, il piatto povero della tradizione culinaria contadina di Colli di Monte Bove, è diventato il più ricercato nelle sagre estive del carseolano. Composto da ingredienti semplici (farina, acqua, pancetta, salsiccia, olio) è una pietanza di facile preparazione: tuttavia richiede molta maestria nelle fasi di stiratura e di cottura. Le donne più anziane del paese, custodiscono una ...formula magica, tenuta gelosamente segreta, che rende il piatto preparato a Colli di una prelibatezza unica.
Paolo Emilio Capaldi ci ha segnalato il testo di Maria Giuseppina Truini Palomba, Cucina Sabina, Franco Muzzio Editore, dove è presente un piatto simile al nostro, i Pizzicotti che, comunque, differisce molto negli ingredienti utilizzati per il condimento.



Sul numero 44 di AEQUA, è stato pubblicato un breve saggio storico/gastronomico sui Pizzicuni.

I matrimoni celebrati a Colli dal 1913 al 1933

Il matrimonio di Antonio Panegrossi
con Beatrice, celebrato il 24 aprile 1900.
Archivio privato Alberto Mantica


Una pagina del registro
dei  matrimoni

Referenza Matrimoniale del 1800





Dal 1913 al 1933 sono stati celebrati a Colli di Monte Bove 141 Matrimoni (la lista completa è scaricabile da questo Link, leggetela attentamente vi si può trovare un vostro Nonno, un Papà o uno Zio).
La media è di quasi sette matrimoni all'anno: oggi se ne celebrano sette in ventuno anni?
Anche in questo dato sociologico si può leggere il declino economico e culturale del nostro paese nell'età contemporanea.
Un'attenta osservazione della sequenza statistica dei matrimoni per quell'epoca fa emergere una tendenza pronunciata a contrarre matrimonio tra residenti; sono scarsi quelli non autoctoni, solo sei, mentre si osserva un'attenuazione dell'ortodossia religiosa per i matrimoni consentiti con vedove (movimento che si accentua negli anni immediatamente successivi al Primo conflitto mondiale, anche se bisogna aggiungere che precede i Patti Lateranensi del 1924 tra Stato e Chiesa).
E' sorprendente come questi dati riflettano gli eventi storici dell'epoca: appena due matrimoni nei tre anni di guerra del 1916-1918; trentotto nei tre anni successivi. Ancora, la grande crisi depressiva dell'economia mondiale del 1929, pur avendo fatto sentire i suoi effetti a Colli dal 1931, produce le medesime conseguenze della guerra, leggermente meno marcate, sulla frequenza dei matrimoni.
Infine nella lista compilata è spesso stato difficile risalire ai mesi in cui si erano celebrati i matrimoni ed all'individuazione di alcuni cognomi data l'eterogenità delle grafie dei parroci che si sono succeduti, nell'intervallo temporale preso in esame, alla guida della chiesa San Nicola di Bari.
Il grafico annuale dei matrimoni celebrati a Colli dal 1913 al 1933

Palmino Ferrante Poeta di Colli di Monte Bove


Queste due poesie di Palmino Ferrante, che l'autore ha appositamente vergato a mano per i lettori di questo blog, rappresentano due momenti diversi della vita di colui che ha dovuto forzatamente lasciare il proprio paese di origine ma che ogni volta che vi ritornava riprovava le sensazioni della sua infanzia. L'altra, invece, ci racconta il paese con i suoi ..."rumori" di allora e, il silenzio, talvolta spettrale, di oggi.
La Poesia Colli di Monte Bove è stata premiata al concorso nazionale di poesia "L'Albero Andronico" al Campidoglio di Roma e la Giuria, insigne riconoscimento, ha pregato l'autore di redigerla anche in italiano per essere conservata agli atti del Premio.
Palmino Ferrante ha pubblicato una dozzina di libri di poesia: ne abbiamo scelte quattro e le abbiamo fatte riscrivere dall'autore,  per far apprezzare più compiutamente questo nostro amatissimo poeta.

Piccolo Dizionario dei riti del Matrimonio a Colli

Un solo grido!: "...Piucchiù, nun' zo ppiù..."
Questo sarà un Post work in progress, aperto alla collaborazione di tutti i lettori del Blog. La mission sarà quella di redigere un piccolo dizionario dei riti che circondavano a Colli il matrimonio di un tempo: proverò a descrivere gli eventi che rammento, con la consapevolezza che sono ricordi aridi, scheletrici, sommari e lacunosi.
Chi vorrà potrà postare nei Commenti lemmi integrativi o aggiuntivi, oppure inviarmeli per email (l'indirizzo è in fondo al Blog alla voce Contatti) per essere trascritti qui.
Da Giovanni Anastasi riceviamo e pubblichiamo integralmente:
I MATRIMONI A COLLI DELL'OTTOCENTO: I festeggiamenti avevano la durata di una settimana e nelle tre domeniche precedenti avevano luogo le pubblicazioni. La prima domenica di pubblicazione la sposa andava in chiesa vestita con abito di seta con velo accompagnata da parenti e amiche. Tornata a casa riceveva il "primo complimento" (rinfresco).
all' inizio della quarta settimana il fratello ( o un parente) dello sposo accompagnava la sposa a casa dello sposo. alla porta ad attenderla c'era la suocera con un ciambellone che le diceva: "Sposa mia bella, portami la pace e non la guerra". Veniva fatto un rinfresco poi la sposa con tutti i parenti tornava a casa e offriva loro il pranzo.
Il matrimonio si celebrava la mattina del sabato quando lo sposo, accompagnato da una sorella o zia, andava a prendere la sposa, accompagnata anch'ella da una sorella o da una zia. Si andava in chiesa in quattro e i genitori restavano in casa. Finita la celebrazione si andava a casa della sposa dove c'era una colazione per gli invitati. Dopo la colazione lo sposo tornava a casa e la sposa restava coi suoi. Quest'ultima "usciva" di casa la domenica seguente detta "della benedizione" e si rinchiudeva a casa dello sposo per i successivi otto giorni senza uscire dalla propria stanza. Passato questo periodo le due famiglie potevano organizzare il pranzo di nozze.
Tra tutte le usanze di quel tempo, una è particolarmente carina: qualche sabato prima del matrimonio i parenti dello sposo andavano  a casa della sposa e cercandola dicevano: "s'è perduta una pecorella e la cerchiamo, è tra le vostre?". Una volta che la sposa si faceva riconoscere, il fratello dello sposo le donava l'anello di fidanzamento: "per amore di mio fratello dammi la mano che ti metto l'anello". poi un altro anello veniva regalato il giorno delle nozze.
Sia i parenti dello sposo e quelli della sposa andavano in giro ad invitare i parenti per il pranzo della domenica con una lanterna. Infine c'era il corredo che veniva trasportato il giovedì precedente dai parenti che inscenavano un mercatino con il corredo e le ciambelle. il tutto finiva con discussioni e risse, naturalmente finte.

(fonti: archivio famiglia Panegrossi)

I CANESTRI: I parenti più stretti della sposa e dello sposo dovevano assolvere a questo compito di inviare un canestro contente per lo più specialità alimentari che venivano poi utilizzate per il cosiddetto "pranzo degli spusi".
Le donne addobbavano questi canestri con nastri e fiori di carta di vari colori che creavano loro stesse; venivano portati sulla testa ed il peso era equilibrato, ed in parte ammortizzato, da un pezzo di stoffa arrotolata. Per consuetudine durante il percorso le portatrici dei canestri venivano accompagnate da un commento musicale (solitamente opera di "Topone"), come mostra la foto in alto a destra.
CIAMMEGLIO-Glio- (Il Ciambello): Ciao maurizio, sono Giovanni Anastasi e rivedendo le foto del matrimonio dei miei genitori (Elena e Bruno) ho trovato la foto con il ciambello e mi sono fatto spiegare a cosa serviva. Era una semplice tradizione che veniva fatta dopo la cerimonia.
Quando gli sposi entravano nella casa dello sposo, la sposa si inginocchiava alla soglia della porta, la suocera gli donava il ciambello, la sposa lo passava senza guardare dietro e il primo che lo prendeva lo mangiava (in quel caso zio Richetto). Purtroppo non sono riuscito a capire da dove provenisse questa tradizione. Ciao                
PRANZO DEGLI SPUSI (Pranzo degli Sposi): Era la riunione conviviale che seguiva la celebrazione del matrimonio in chiesa. Tutti gli invitati alle nozze s'incamminavano, in corteo seguendo gli sposi, verso la sede del simposio culinario. In genere veniva utilizzata una stanza spaziosa, ma, sistematicamente, erano utilizzate anche quelle attigue perchè i convenuti al ...baccanale erano masse ...oceaniche.
Tutte le pietanze (portate) venivano preparate la notte precedente le nozze dalle amiche della sposa o della famiglia ma non poteva mai mancare la Cuoca (La Coca, una provetta era Maddalena, quì ritratta nella foto, al centro) che dirigeva tutte le fasi della preparazione delle pietanze. Queste dovevano essere nuerose ed il più abbondanti possibile in quanto erano segno di munificenza delle due famiglie degli sposi e rivestivano una simbologia augurale alla nuova unione. Il tutto, ovviamente, accompagnato da un ottimo vino (paesano).
Per imbandire le tavole si utilizzavano i servizi buoni di posate e bicchieri che, soprattutto i componenti del Rione (vicinato), mettevano a disposizione.
Photobucket

L'ésprit de finesse dei collesi nelle varie epoche

Può anche essere che per il troppo amore per il proprio paese (come succede anche con le femmes fatales), si possano mitizzarne le vicende, levigare le aporie della realtà ed adagiarsi in una soporifera irrealtà: ma più ci si addentra in questo antro tetro e sconosciuto che è la Cultura a Colli nei secoli scorsi, più si fanno scoperte singolari.
Ad esempio la presenza a Colli, sia pur per un breve periodo (14 mesi: dalla seconda metà del 1918 sino alla fine del 1919. E' stato il predecessore di Don Cesare Lucchetti) di questo Sacerdote Pasquale Di Loreto; eccentrico ma di fine cultura, amante di Parigi e della Belle époque. Da fonte autorevolissima ci è stato confermato che Pasquale visitò l'esposizione Universale di Parigi del 1900 e ne fu profondamente segnato. Esponente di una famiglia agiata del sulmontino il 22 aprile del 1918, ordinò alla "Maison de la Bonne Presse" di Roma una "Lanterna per proiezioni" del valore di 175 Lire. Un prezzo enorme se si considera l'epoca e che si era in pieno primo conflitto mondiale. Inoltre tra le diapositive dei vari Santi commissionate ce ne sono 20, genericamente designate come "Umanistiche", che lasciano adito alle più fantasiose supposizioni...
Nessuno ricorda a Colli il suo sacerdozio, nemmeno i più anziani residenti da me personalmente consultati, ma della sua presenza nel nostro paese è rimasta questa composizione "Parigina" che le pieghe di un testo antico hanno salvato dall'oblio.
Altro personaggio emblematico della storia del costume di Colli è stato Spartaco Di Giacomo (foto in alto a destra). Protagonista della vita politica del paese durante il fascismo e nella prima era repubblicana, di un'eleganza affettata (come mostra la foto: sempre vestito all'ultimo grido della moda) è rimasto celebre anche per la sua sfortunata storia d'amore con una collese: respinto dalla "famiglia" perchè "facea gli scarapocchi sulle carte pe campà" (era impiegato delle Ferrovie dello Stato) e non era possessore terriero. Il giorno delle nozze della sua amata si presentò in chiesa vestito elegantemente come se dovesse essere lui lo sposo. Questo melodrammone, molto simile ai films americani dell'epoca, purtroppo non ebbe il ...canonico happy end: la giovane sposa morì qualche anno dopo il matrimonio per il grande dolore.
L'immagine riprodotta qui sotto, un pò kitsch (la rosa dipinta a mano, il tappeto variegato di colore, la sigaretta virilmente ostentata tra le dita, il libro, per dare un tocco di intellettualità), è quella di Mariano Gervasi. Pur ipotizzando che la "scena" della foto sia stata costruita in uno studio fotografico, tuttavia la sua realizzazione implica un'accettazione non acritica del prodotto da parte del committente e sta a testimoniare questo gusto per le differenze e l'alterità di cui abbiamo reperito varie tracce nella società civile di Colli del passato.
Si sa che con il trascorrere del tempo le idee diventano sensazioni. Quelle qui esposte sono sensazioni, brillanti ma non chiarificanti, per prospettare una spiegazione globale della vita degli uomini in società?

La Vita di San Berardo con un'ipotesi fantasiosa

La vita di San Berardo ricostruita da Vincenzo Amendola, prelato della Curia di Avezzano, è composta di due parti: L'agiografia del Santo e l'operato di San Berardo come Vescovo dei Marsi . Si conclude con un'ipotesi singolare e fantasiosa, comunque, non suffragata da alcun documento storico -solo una semplice notice apparsa in uno studio di Pietro Antonio Tornamira del 1674 dal titolo: "Della Prosapia Paterna, Materna e di Palermo, Patria della gloriosa Vegine S. Rosalia Monaca e Romita dell'Ordine del Patriarca San Benedetto"-  della possibile discendenza di Santa Rosalia, protettrice di Palermo, dai Conti Berardi.
Il testo è interessante in quanto tenta di ricostruire il quadro storico dell'epoca in cui visse San Berardo ma è carente nell'impianto complessivo e il suo epilogo ci appare piuttosto bizzarro. Su di esso si stanno costruendo a Pescina connessioni arbitrarie della famiglia dei Conti Berardi con altri casati, alimentate da personalismi dal sapore millenaristico.
 

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