COLLI

Colli di Monte Bove (AQ.), il Secolo Scorso

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Alcune idee per il restyling di Piazza Palazzo


Paolo Emilio Capaldi
RICERCATORE E STORICO

In piazza Palazzo, 880 m, addossata alla chiesa di Sant’Antonio abate, è un’antica fontana a muro. In larghezza è di 6,01 m; complessivamente, l’altezza è di 3,70 m.
Anno 1904
Le dimensioni della vasca, delimitata nei bordi da conci di pietra piana e chiara sono: profondità dal muro 1,13 m; altezza della vasca da terra è di 80 cm, in opera di mattoni, misto a qualche raro riempimento a pietrame. Sul fondo si alza un parapetto di sostegno in mattoni che è alto 67 cm, al di sopra, delimitato da un cordolo di conci di pietra bianca.
Mascherone
Al di sopra, per tutto il cordolo s’innalza il muro composto di numerose lastre in pietra di sperone lavorate a squadro, decorato da quattro lesene verticali e terminante con una doppia cornice superiore: il primo richiamo in pietra di sperone fa da marcapiano, su cui poggia la parte soprastante in pietra bianca, con modanatura a mensola.
Dal muro si stagliano tre cannelle marmoree di adduzione dell’acqua, a figura di volto leonino, molto consumati ma tutt’oggi, ne sono esistenti solo due.
In alto, al centro campeggia lo stemma dei Colonna con lo scudo di forma ovale, con i bordi accartocciati e, nella parte inferiore a foglia cadente. All’interno, è il rilievo di una colonna, simbolo della casata dei Colonna, sormontata da una corona che sta ad indicare che la famiglia aveva titolo nobiliare.
Alla destra del fonte, il muro prosegue chiudendo il fondo, verso un’arcata, richiamando lo stile del muro del fontanile, anch’esso in sperone; l’arco d’ingresso è in conci di pietra e, probabilmente, questo passaggio introduceva alla chiesa soprastante. 
Per la forma del bordo, con lo scudo accartocciato, che ospita il simbolo della famiglia Colonna, si può ritenere che l'opera idraulica attuale sia seicentesca perchè, la forma di questo ornamento nobiliare fu incominciata ad essere utilizzata in quel periodo.
Il saggio completo, con le proposte architettoniche, seguendo questo Link



LA SFIDA DELLA SOPRAVVIVENZA

Molto presto, nel suo piccolo, Colli diventerà una “smart city”: sarà possibile conoscere tutte le sue peculiarità storiche-artistiche con una serie di pannelli turistici disseminati lungo i siti che ne hanno segnato la sua esistenza quasi millenaria. Si potrà anche accedere a contenuti di realtà virtuale aumentata con il proprio smartphone.
Qualche anno fa fu costruito un mostro ecologico, in località castello, originariamente pensato come parcheggio, poi riconvertito in Piazza 1° Maggio. Ora si prospetta un intervento a Piazza Palazzo tendente a recuperare il fontanile e la splendida facciata seicentesca in conci di pietra. Si stanno sostituendo i punti di illuminazione pubblica con lampade a Led, dopo una brevissima vita di quelli a tecnologica iridescente di prima generazione. Questa lodevole attenzione …all’Hardware del paese stride con la totale assenza di iniziative tendenti a preservarne la stratigrafia sociologica (popolazione sempre più vecchia, nessun dinamismo economico, anomia della società) e a scongiurarne il collasso sistemico dei servizi basilari di vita (due soli collegamenti settimanali con il capoluogo); rete viaria degradata e fatiscente; assenza di politiche incitative alla residenza con conseguente cannibalizzazione dei nuclei familiari più giovani. Agire sull'Urbs non ha alcun senso se si dimentica l'importanza della Civitas.
I cambiamenti climatici, l’urbanizzazione, il riscaldamento della Terra sono sequenze di lunga durata dell’Antropocene e sulle quali l’incidenza dell’azione di un ente locale è scarsa o irrilevante; tuttavia, le persone stanno tornando al centro della riflessione politico-economica e ci si sta rendendo conto che l’uomo ha comportamenti simili a quelli dei batteri su una lastra di Petri: si moltiplicano sino a consumare le risorse disponibili e poi muoiono quasi tutti (Il primo miliardo di abitanti della terra risale al 1804; circa cento anni dopo divennero due; il passaggio dai sei ai sette miliardi è avvenuto in dodici anni).
Colli con le sue risorse naturali (un albero trattiene dai 10 ai 20 Kg di CO2 ogni anno per 20/40 anni), la sua cultura e la creatività di coloro che lo hanno nel cuore, riuscirà a rilevare anche questa sfida, dove per la prima volta, è in gioco la sua sopravvivenza. (M.A.)

Le Gabelle imposte dai Colonna nel XVI secolo

Le gabelle di Oricola
Per avere un'idea dei proventi che i Colonna traevano dai loro possedimenti della Marsica Occidentale nel primo quarto del XVI° secolo, pubblichiamo le gabelle imposte ad Auricola (l'odierna Oricola) che, per analogia, possono ritenersi a grandi linee, valide anche per Colli (il nostro paese non era posseduto da Ascanio Colonna ma dal suo fratello naturale Sciarra Colonna).
Il lasso di tempo considerato va dal 1 Giugno 1519 al 12 Maggio 1520. Questa è la trascrizione integrale del documento:
La piazza, in moneta papale 37 D(ucati) equivalenti nel Regno di Napoli a 29 (Ducati), 3 (Carlini), 0 (Cavallo).
La Guardania annuatim  2. 3. 6.
La Calchara in q.sto anno 1519   53. 3. 0.
Lo bosco de sesaro de la retro scritta terra d'Auricula (...) 7. 1. 8. Si richiama l'attenzione del lettore sulle due diverse grafie del toponimo Auricola tra l'intestazione della pagina e la narrazione.
Le quattro giornate sotto tenute li Homini d'Auricula costruendone a la Corte pagai annuatim 0. 1. 2.
Pollastri in lo mese d'Ago 26 (sono il numero degli avicoli) 0. 4. 10.
Galline in lo Carnevale 18 (come sopra) 0. 4. 10. Le galline avevano un costo maggiore di circa un terzo rispetto ai polli.
Per omne porco s'ammazzasse, una spalla frontale.
La terza parte delli polletti masculi quando accade.
I Concedimenti e le Scadenze erano ad appannaggio di Alpjato (?) Hier.o percettore (il signore locale che riscuoteva questi oneri).
Quelli andassero a tagliare a la selva pagano per omne accetta mezzo carlino lo mese.
La calcara che se facesse in lo Monte de Arnone pussandone (?) 13 piedi de larghezza ogni volta paga dieci pyo (?) di calce a la Corte.
Alla luce di questo interessante documento si comprende meglio, circa cento anni dopo, il contesto storico nel quale maturò l'idea della realizzazione dell'affresco della Croce, nella chiesa di San Berardo per implorare, al protettore di Colli, il prodigio di lenire il peso di quelle tasse.

Sciarra Colonna signore di Colli (1520)

Archivio Colonna Santa Scolastica - Subiaco
Nel 1520, allorché Ascanio Colonna succedeva al proprio padre Fabrizio Colonna, il “Procurator procuratorio Cosimus de Maio” redigeva un quadro di bordo dell’economia del Ducato di Tagliacozzo e della Contea di Alba, estremamente moderno e dettagliato, nel quale sono elencate tutte le spese e i proventi afferenti alle due entità territoriali.
Galleria Sciarra a Roma
Il nostro paese è compreso nel Ducato di Tagliacozzo ma viene precisato “Colli tene Sciarra Colonna” che era un fratello naturale di Ascanio. Quali sono le ragioni di questa peculiarità? E’ la testimonianza dell’eccezionale importanza strategica del castello di Colli e delle sue pertinenze? Oppure il riverbero nel tempo dell’archetipo ereditario dei Conti dei Marsi che estendeva l’asse successorio a tutti i componenti della famiglia comitale, senza distinzione di sesso o di maggiorascato? Ovviamente non siamo in grado di infirmare o di avvalorare queste ipotesi di studio e consegniamo il prezioso documento al dibattito storiografico futuro su Colli.
Ringrazio l’Archivio Colonna di Santa Scolastica di Subiaco, la famiglia romana per aver dato l'assenso alla pubblicazione di questa fonte e Paolo Emilio Capaldi per la precisazione sul grado di parentela tra i due esponenti di casa Colonna.

Il feudo di Ioannis de Colibus (1252)

Carsoli - S. Maria in Cellis (1940)










Paolo Emilio Capaldi
RICERCATORE E STORICO

Investigando tra le fonti e le testimonianze per redigere uno studio sui “Monti Carseolani”, ritrovai un contributo molto interessante circa le bolle emanate da, e a favore della chiesa di Santa Maria de Cellis (Carsoli) che, già nel XIII secolo, attestano la presenza di un possidente dell’odierna cittadina di Colli di Monte Bove, tal “Giovanni di Colli”, intestatario di un feudo.
La nascita di questo nuovo monastero si contrappose alla sede di un altro cenobio circonvicino, S. Angelo in Cellis, riscontrabile nell’attuale fondazione del castello di Sant’Angelo in Cellis, sorto sul poggio primitivo dell’odierna Carsoli.
Nell’anno 1000, il conte Rainaldo dei Marsi, figlio del fu Berardo III, donò il castello di Sant’Angelo al monastero di Santa Maria in Cellis, già di proprietà dell’abbazia di Montecassino. e nell’anno 1060, il conte Siginolfo, figlio di Berardo IV, creato vescovo dei Marsi dall’antipapa Clemente III, predecessore di Berardo a Santa Sabina, appartenente alla dinastia dei Conti dei Marsi e padre di Giovanni da Petrella che liberò Berardo dalla prigionia di S. Pietro Romano (Palestrina), abitò il castello di Celle, trasformandolo nella propria dimora.
Nel tempo, il monastero di S. Maria de Cellis si unirà a Montecassino, nel 1060, nel primo anno di elezione dell’abbate Desiderio, membro della famiglia comitale dei Marsi.
 .ti le pergamene riguardanti S. Maria in Cellis, in tutto ventinove, distribuite in quattro fascicoli e, un quinto, contenente documenti cartacei.
Ora, nel fascicolo III, al n. 14, si trova la copia di una pergamena emendata in data 4 febbraio 1252, nel testo dell’Iguanez apposta col numero cinque delle ventinove relazionate. Il testo ivi riassunto recita:

« Copia di un istrumento in cui D.[om.] Enrico, preposito, e fr. Rainardo di Montenero, fr. Giovanni di Auricula, fr. Geraldo, fr. Biagio delle Celle, fr. Nicola di Poggio, fr. Bartolomeo di Alto S. Maria e fr. Tommaso di Pireto concedono in enfiteusi a Matteo “de Petrilonis”, fino alla terza generazione, un feudo sotto il nome di “Iohannis de Colibus” consistente in diverse case e terre “in Castro Cellarum et pertinentiis suis” ».

Dal sommario si evince che i monaci di S. Maria de Cellis dettero in enfiteusi a Matteo de Petrilonis un feudo che, prima di questa data, aveva il nome di Giovanni di Colli, esteso fin nei pressi del castello di Celle (Carsoli – AQ)

 Lo studio completo scaricabile da questo collegamento ipertestuale

Colli catena: le origini del toponimo

Il saggio completo
 Paolo Emilio Capaldi
 RICERCATORE E STORICO

Dopo il XII secolo, l’odierna cittadina di Colli di Monte Bove, è stata sempre denominata con l’appellativo di “Colli, più raramente “Colle, come appare in vari documenti, diplomi e carte corografiche. Popolarmente, per un certo periodo, il villaggio sarà accostato ad un elemento singolare: una catena, denominandosi così, “Colli Catena. Infatti, poco dopo la metà dell’Ottocento, nella cornice del brigantaggio postunitario, s’incontrerà in letteratura questo nuovo appellativo che influenzerà le dizioni della storia locale, tra l’Ottocento e il Novecento.
Il toponimo della cittadina è presente, sia nelle opere geografiche, che ngli elenchi delle città, illustrate tra il Seicento e la fine dell’Ottocento.
Per evitare confusioni ed omonimie, con Regio Decreto n. 4466, del 13 marzo 1887, la cittadina prenderà il nome di « Colli di Monte Bove » per distinguerla dagli altri abitati sparsi per l’Italia, che avevano la medesima radice.
La prima testimonianza che ho potuto ritrovare, riguardo l’appellativo di “Colli Catena, è fornita da Marc Monnier. Giornalista francese a Napoli, fu il primo a pubblicare il diario del generale Josè
Josè Borjés - Tagliacozzo
Borjés ritrovato nella tasca della sua giacca. Borjés era stato inviato da Borbone II nel Regno delle Due Sicilie per riconquistare il territorio sfruttando il fenomeno del brigantaggio, catturato dalle truppe piemontesi fu fucilato a Tagliacozzo..
L’erudito De Vecchi Pieralice sosteneva che al centro di Colli: ”...non si passava se quella catena non si toglieva se non si ungeva la serratura con la unzione prescritta dalla riportata Tarifa. che senza dubbio doveva essere affissa colà a vista di tutti i passeggeri...” Il paese acquisisce, così, nel linguaggio vernacolare questa onomastica. Osservando l'architettonica del paese si può ipotizzare una sorta di nomadismo della catena nel corso delle varie epoche e non è da escludere che possa avere avuto nel corso dei secoli più localizzazioni che insistevano lungo il tracciato urbano attuale della Valeria.
Arco della Dogana
Achille Laurenti nel 1920 attinse a queste fonti per confortare, prima al Senato e poi alla Camera, l’aspirazione di Colli ad avere una propria autonomia amministrativa. La legge istitutiva del comune di Colli fu approvata alla Camera ma non potè essere licenziata dal Senato per sopraggiunto scioglimento anticipato del Parlamento. Il regime che ne seguì ebbe una visione centralistica del Regno e così i sogni di Colli di diventare comune autonomo svanirono.
Si può concludere che, l’appellativo Colli Catena sia stato assegnato alla cittadina per il passaggio obbligato per quel luogo doganale, gravato da balzelli fiscali e, fosse noto solo nel gergo locale, nel circondario del carsolano e nella marsica occidentale.
Il toponimo perdurerà, sia pure popolarmente, ancora fino ai nostri giorni, grazie anche alla bella targa marmorea conservata all’ingresso occidentale della porta del paese, detta “Porta Catena che, elenca tutte le tassazioni per il passaggio di merci e capi di bestiame.
Certamente, questo villaggio sospeso tra le rocce ha avuto la fortuna di sorgere ove transitava l’antica consolare Valeria; infatti, Colli fu una delle più ricche frazioni del carsolano. Oggi, coloro che ci vivono, rammentano che una “Catena poté tanto, per far sì che Colli divenisse una città forte economicamente, salda e sicura tra le cime appenniniche.
Il saggio integrale, con tutti i riferimenti bibliografici, è scaricabile cliccando sulla didascalia della prima foto a sinistra oppure seguendo questo link

A Poitiers si celebra l'arte di governo di Berardo

Gli atti del colloquio di Poitiers 
La nuova Arte di Governo della chiesa di Berardo è stata al centro di un colloquio a Poitiers (Francia) nel mese di settembre 2008 con una comunicazione dello storico francese Jacques Dalarun, specialista della santità medievale.
In questo brillante saggio, l'eminente medievista anima il dossier di Berardo rintracciando attraverso varie fonti ma, seguendo principalmente la lezione dell'agiografia di Giovanni di Segni, il suo Cursus per poi soffermarsi sugli studi intrapresi presso il Capitolo di Santa Sabina ed al monastero benedettino di Montecassino. Segue un'attenta analisi delle strategie di potere polimorfe promosse dalla famiglia comitale dei Marsi, in un'epoca in cui era in atto uno scontro titanico tra il Papa e l'Imperatore per la supremazia temporale.
Il saggio di Dalarun in Italiano
Il capitolo più interessante è tuttavia dedicato al Berardo "ardente riformatore gregoriano": è mirabilmente delineata l'energica azione del vescovo dei Marsi per restaurare la disciplina della comunità dei canonici di Santa Sabina ma, è anche esaltata la straordinaria novità che rappresentò la nuova arte di governo di Berardo verso i propri fedeli e segnatamente con l'attenzione per i più deboli e i più bisognosi. Per far questo Berardo diede di nuovo senso a vecchie parole che avevano perso significato, proteggendo "tutti ed ognuno."
Assolutamente innovativa è l'indagine sulla caotica gestione della pratica di canonizzazione del defunto vescovo; sui tentativi di far fallire la Riforma e di svilire la produzione dei prodigi. Jacques Dalarun ci restituisce le aporie della Storia ridestandoci da quella soporifera illegibilità in cui ci avevano immerso le varie Vite lenificanti prodotte dalla storiografia locale su Berardo sin dal XVII secolo, ad opera soprattutto di chierici.
L'essenza di questa comunicazione, ampliata e ulteriormente approfondita, fu la traccia che il professore Jacques Dalarun seguì nella lectio magistralis che tenne a Carsoli il 30 Aprile 2010 su Berardo.
Il testo è stato, altresì, valorizzato nel volume Bérard des Marses (1080-1130): un éveque exemplaire, pubblicato nel 2013 dall'Università Sorbona di Parigi e nello studio dedicato alla ricostruzione filologica della leggenda, curato sempre dallo storico francese, per la Société des Bollandistes di Bruxelles.
 

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