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Fig. 1 - Imperatore con corona |
La campagna per riportare alla luce gli affreschi della chiesa di San Berardo sta dando eccezionali risultati.
Le figure (1-5) sono la testimonianza dei primi motivi di cui si compone la rappresentazione pittorica del miracolo di Berardo nella conversione del
Bravo dei Colonna
Fancesco Di Ambrosio (che in seguito al prodigio mutò il suo cognome in
Barnabei) e si possono ammirare un personaggio con una corona (sicuramente un esponente del potere temporale, probabilmente facente parte della famiglia
Colonna, Fig. 1), contrapposto ad un vescovo (certamente Berardo, Fig. 2). Nella narrazione sinora rivelata non appare ancora l'uomo che si pente ma, altri dettagli, non descritti da don
Paolo Panegrossi nelle sue
Memorie, stanno emergendo, come questa gradevole figura femminile (a metà strada tra un'eterea creatura divina e una donna del tempo, Fig. 3) che rendono ancora più interessante la composizione.
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Fig. 2 - Berardo, Vescovo dei Marsi |
Gran parte della scritta di committenza è già visibile: Il testo è esattamente come riportato da don
Paolo nelle
Memorie, eccetto qualche piccola variante. Ora si legge: "FARE P. SVA. DIVOTIONE. A.D. 1625" (Fig. 4). Penegrossi invece scriveva: "FABRIZIO DI AMBROSIO F.F. PER VOTO A.D. 1626". Considerando che l'epigrafe non è ancora completamente svelata; che don
Paolo, quando scrisse la sua opera (1867), gli affreschi erano già stati ricoperti e quindi non ebbe a disposizione una fonte diretta ma solo orale, il piccolo errore sulla data (un anno) appare sostanzialmente irrilevante. Il commitente, per ora, è identificato come "AMBROSIVS" (Fig. 5).
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Fig.3 - Figura di donna |
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Fig. 4 - Scritta di committenza |
Un'ultima annotazione: il volto di Berardo risulta straordinariamente somigliante a quello raffigurato nello stendardo, rinvenuto anni fa da
Antonio Barnabei in una ricognizione effettuata nella sagrestia della chiesa san Nicola di Bari e di cui sinora non si era riusciti né a formulare un
range di collocazione temporale, né un'attribuzione artistica. Lanciamo come ipotesi di scuola: la famiglia
Di Ambrosio, sicuramente facoltosa in quanto rappresentante dei
Colonna a Colli, potrebbe aver commissionato entrambi i lavori al medesimo autore, viste le affinità delle due opere?
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Fig. 5 - Scritta di committenza, particolare |
Altre scoperte interessanti si stanno facendo con il progredire dei lavori di campionatura delle due esperte operatrici sulle pareti dell'edificio sacro. Nella nicchia dove c'era la pala di santa Lucia, è apparsa questa scritta:
" Pittore Corradini Francesco e aiutanti Luigino Gervasi Salvadei Andrea li pittarono l'anno 1933 19-5". E' verosimile che al disotto vi siano altri affreschi (Fig. 6).
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Fig. 6 - Nicchia s. Lucia |
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Fig. 7 - Stele funeraria |
Infine pubblichiamo questa stele funeraria (Fig. 7) presente nella chiesa di san Berardo. L'asprezza del testo, l'ortodossia ed il velo di livore che segnala il quinto capoverso, fanno pensare alle ultime volontà di uno dei tanti collesi le cui spoglie riposano sotto il pavimento
della chiesa di san Berardo (ha svolto la funzione di cimitero succedaneo almeno sino al 1905). Il raro
privilegio di una frase dedicatoria, non può che attribuirsi al collese
più illustre che è lì sepolto, vale a dire don
Paolo Panegrossi, (la morte, nel 1897 e, il luogo di sepoltura nella chiesa di san Berardo, sono attestati da un documento dell'Archivio Vescovile di Avezzano), malgrado la sua famiglia possedesse la propria sede funeraria nella cappella palatina della Madonna della Speranza (in uno spazio ricavato al di sotto della navata si trovano, in uno stato perfettamente conservato, i resti di due uomini, una donna e una bambina, verosimilmente esponenti della famiglia
Panegrossi. All'interno di questo antro la temperatura è di 4 gradi, costanti in tutte le stagioni dell'anno).
Poiché don
Paolo era un rigoroso gesuita è possibile che abbia voluto marcare il dissenso con i costumi ...leggeri degli altri esponenti dell'illustre famiglia di Colli che, negli ultimi anni dell'Ottocento stavano dilapitando le enormi ricchezze accumulate nel corso dei due secoli precedenti, con
donnine facili provenienti da Roma e che intrattenevano ad Arsoli, commissionando appunto, prima di morire, questa stele così singolare.