COLLI

Colli di Monte Bove (AQ.), il Secolo Scorso

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Ritrovata la "Virilassi" della vita di Berardo

Vista dell'anfiteatro romano a San Benedetto dei Marsi
Nel descrivere il miracolo dei grani nell'agiografia di Berardo, Giovanni Di Segni, fornisce questa risposta a Berardo che gli chiedeva se c'era ancora un pò di grano da dare alle due nobili donne che non ne avevano più: "Dio sa che quei due poveri -che ci asteniamo dal nominare per non fare vergogna ai loro figli- che abitano vicino a qui nel luogo chiamato Virilassi..."
Nel ricostruire la leggenda di Berardo, il professore Jacques Dalarun, che poi pubblicò, in francese, nelle Publications de la Sorbonne e, nella versione latina, con un'ampia ricostruzione filologica, presso la Société des Bollandistes di Bruxelles, non riusciva ad individuare questa località "Virilassi". Un'appassionante ricerca storica condotta da alcuni redattori delle rivista "Aequa" fornì gli elementi, all'illustre studioso francese della santità medievale per identificare questo toponimo arcaico con un villaggio collocato nei pressi dell'anfiteatro romano di Civitas Marsorum, l'odierna San Benedetto dei Marsi.

Colli nel Seicento aveva molte altre chiese

La nota manoscritta di Silvestro Floris
Nella congerie di documenti (oltre 800) che stiamo analizzando sul nostro paese, abbiamo rintracciato questa preziosa nota manoscritta, datata 1648, del Curato Silvestro Floris che ci fornisce molte notizie interessanti.
La prima informazione riguarda il consistente numero di Prelati presenti a Colli in quell'epoca: Domenico Parente, Silvestro Floris, senza beneficio, Pirro Parente, Romolo Floris ed il Chierico Antonio de Prosperis (o Prosperi). Dal frammento della Visita Pastorale del 1640 del Vescovo dei Marsi Lorenzo Massimi (la relazione non è firmata ma attribuita dalla catalogazione dell'Archivio Vescovile di Avezzano a questo Vescovo che esercitò il suo pastorato dal 1632 al 1647) apprendiamo che il redattore della nota manoscritta era stato nominato curato della chiesa parrocchiale S. Nicola da Philippi Columne (Filippo Colonna) e confermato dalla Bullas del Vescovo Bartolomeo Peretti, il 28 Agosto 1613. Domenico Parente era stato dotato di vari beneficis (proprietà) legati alla parrocchia S. Nicolai da Marci antoniis Columne (Marcantonio Colonna) e confermato dal Vescovo Bartolomeo Peretti il 28 (...) 1599. Questa pletora di chierici e le investiture prestigiose che li accompagnano, sembrano ulteriormente suffragare, l'ipotesi che formulammo nel corso della presentazione degli affreschi riportati alla luce nella chiesa di S. Berardo, il 1 Maggio del 2015, del particolare dinamismo economico/religioso di Colli nel XVI e XVII secolo, che favorì lo sbocciare di quel magnifico ciclo pittorico.
La nota manoscritta procede, poi, all'inventario delle reliquie presenti nella varie chiese e tra le tante ci piace segnalare quella dei "...capelli di S. Francesco".
Nel capitolo dedicato alle notizie sul paese, Silvestro Floris, c'informa che "...Anime numero 566" erano residenti. Le compagnie o confraternite erano tre: Santissimo Sacramento, San Berardo e Santissimo Rosario.
Frammento Visita Pastrorale
Le chiese erano: "S. Nicolao Parochia, S. Berardo, S. Antonio, S. Cuore derupata, S. Angelis derupata - S. Gio. dentro la Rocca...". E' la prima volta che una fonte documentale attesta la presenza a Colli di queste due chiese (Sacro Cuore e Sant'Angelo, per quest'ultima si aveva già avuto una laconica menzione nel Libro delle Decime del 1324), sia pure in uno stato di avanzata distruzione e si ha la conferma che la chiesa san Giovanni Battista si trovava all'interno del castello di Colli.
L'espressione che utilizzò Paolo Panegrossi nelle sue Memorie Storiche, localizzando questa chiesa (annotazione 1), "la rocca...conteneva", si prestava a qualche equivoco: ora si ha la certezza che l'edificio sacro si trovava dentro il castello nella parte meridionale (approssimativamente dove ore c'è l'ingresso).
La nota manoscritta termina con la descrizione dei vari altari della chiesa di san Nicola e l'elencazione di alcuni libri presenti in canonica.

La chiesa di S. Rocco edificata nel 1656

Il documento con la data di costruzione della chiesa  
Nella visita pastorale che il Vescovo dei Marsi Francesco Vincenzo Lajezza effettuò nel nostro paese nel giugno del 1777 attestò, nel descrivere la chiesa di S. Rocco, che fu edificata nel 1656 (anno della feroce pandemia di Peste che colpì il Regno di Napoli). Sembra anche d'interpretare, decriptando la scrittura, che il mese di costruzione fu giugno ed il giorno 15.
Questa è la prova documentale di un'ipotesi che avevamo formulata in un post precedente che la chiesa fosse sorta come ringraziamento per un pericolo scampato o almeno, per effetti tanatologici causati dal morbo, in parte leniti.
Interessante è anche la descrizione che della chiesa ne fa da Don Paolo Panegrossi in una memoria del 1879, dove si apprende che nella chiesa di S. Rocco: "...era caduta una Cona con immagine dell'Annunziazione della B.V.M. i cui muri erano di sostegno a quella piccola Chiesa Rurale."
Probabilmente con questo termine arcaico, ora desueto, di Cona don Paolo intendeva indicare un'immagine sacra che generalmente, soprattutto nell'Italia meridionale, era posta al disopra di un altare che, probabilmente, era l'attuale edicola unita alla chiesa medesima.

Il miliario della Valeria di Colli rubato è a Sorbo

Piazza Miliaria a Sorbo (AQ.)
Paolo Emilio Capaldi
Ricercatore e Storico

Ricercando fonti e testimonianze per la scrittura dell’articolo sulla rivista “Aequa”, dal titolo « Evo antico – Il carseolano e la genesi del toponimo di monte Romano » (1), tratterò delle vicende storiche e dell’antropizzazione del territorio, in special modo della via consolare “Valeria”.
Ritrovai in questo stesso blog l’importante testo del Promis che così recitava: « Ad una distanza di tre miglia da Carsoli, per conseguenza circa un miglio e mezzo prima del prossimo villaggio di Colli appartiene la colonna del milliario 48 trasportata non si sa quando al villaggio di Sorbo posto presso la Scurgola, né deve far meraviglia il trasporto di questo milliario riguardo alla distanza che intercede fra Colli e Sorbo, poiché tal traslocazione deve aver avuto luogo per mezzo della strada, o calpestata di Tra[e]monte[i] più breve e meno malagevole che non sia la Valeria » (2).
Il Promis proseguì con la dicitura dell’iscrizione che allora, ancora si poteva leggere sul miliario: « XLVIII // IMP NERVA // CAESAR AVGVSTVS // PONTIFEX MAXIMVS // TRIBVNICIA POTESTATE // COS. IIII // PATER PATRIAE // FACIENDAM CVRAVIT » (3).
In un caldo luglio di quest’estate, con l’aiuto di Maurizio, ci recammo a Sorbo (AQ) e potemmo facilmente ritrovare il cippo asportato e oggi conservato in “piazza Miliaria”, così come descritto dal Gattinara: « Innanzi la chiesa è eretta una colonna miliaria […], ma senza scritta » (4).
Ebbene, quando fu asportato il cippo dal sito della Valeria, che s’innalzava prima di due km e poco più, da Colli di Monte Bove?
Ci soccorre un probabile indizio riguardo gli avvenimenti accaduti intorno al 1806, poco prima dell’invasione francese; a ricordarli è il Zazza che così scrive: « La nostra Valeria per la montagna di Colli e sotto Colli sino a Tagliacozzo, fu fatta segno di orribili devastazioni da soldati, zappatori, minatori, per ordine del governo per timore delle invasioni francesi, sul declinare del passato secolo, e così perirono i colossali muraglioni, e qualche pezzo che sfuggì alla barbarie, trae a sé le meraviglie di tutti, anzi i vecchi mi riferivano che da Colli per scendere in Carsoli la strada si manteneva nella primiera magnificenza perché fiancheggiata da grossi muri in gran salciato, e che i macigni di detti muri furono rotolati per quelle balze che i principi Colonna si portavano in Avezzano con loro veicolo, lo attestavano il detto Giuseppe Cerri, come ancora la devastazione della strada avvenuta a’ suoi tempi, e lo stesso attestava il chiarissimo Teodosio De Vecchis di Oricola teste oculare » (5).
Ora, il Promis scrive nel 1836 e questi, e altri reperti, furono sistemati nella piazza di Sorbo, solamente dieci anni prima, nel 1826 (6).
Rimane il fatto che, con la costruzione della nuova Strada Statale 5 (Via Valeria), sia stata cancellata la memoria del passaggio della consolare romana per l’abitato di Colli di Monte Bove.
Inoltre, nel “Catalogus Baronum”, regesto Normanno di tutti i possedimenti del Regno, sotto Ruggero II, stilato definitivamente da re Guglielmo II il Bono nel 1187 (7), il feudo è così citato: « Pandolphus de Calle et Berardus de Calle tenent a Domino Rege in Marsi Collem Zippam, quod est feudum III. militum. et augmentum sunt IV. Una inter feudum, et augmentum obtulit milites VIII. et servientes XVI » (8).
Il toponimo “Zippam”, quindi “Zippa”, può avere due significati:
a) – Zippil. Sostantivo maschile derivante dal longobardo che significa « estremità a punta » (9).
Anche altrove appare sotto forma di termine derivato come “zippa”: « Dal longobardo, zippa, oggetto appuntito » (10).
In questo caso il toponimo di Colli di Monte Bove acquisirebbe il proprio nome per la conformazione del luogo orografico in cui sorge: le rocce del monte Guardia d’Orlando e del monte Bove s’innalzano sopra il paese e sono inequivocabilmente visibili da lontano; come punte aguzze s’innalzano verso il cielo, apparendo così come un sicuro riferimento geografico e d’orientamento.
b) – Cippus. Nello stesso dizionario sopracitato, alla voce “zeppa” è anche scritto: « Invece, la presenza di tepe, teapa ‘palo, pungolo, spiedo, punta, resta’ in rumeno ha fatto pensare al Pisani ad una comune origine con zeppa, “forse antico termine di origine mediterraneo-balcanico”, dopo aver espresso l’opinione che si tratti del centro-meridionale zeppo “stecco”, diminutivo del latino cippus » (11).
Non possiamo scartare questa seconda ipotesi vista la presenza del passaggio dell’importante asse viario della “Valeria”.
Assurda, non sarebbe la proposta di poter valorizzare nuovamente un dato storico così importante per questa frazione carsolana.
Infatti, c’era una proposta, caldeggiata da alcuni eruditi cittadini di Colli, di sostituire il toponimo del bel corso che attraversa il paese, appellandolo da “Via Trento” in “Via Valeria” (aggiungerei “vecchia”).
Inoltre, non sarebbe sbagliato porre nei pressi della cosiddetta porta Catena o dell’antico fontanile a muro dei Colonna, la copia di un miliario scavato in pietra locale (calcare), a ricordo della presenza di questa importante direttrice che contribuì ad arricchire il paese.
Con questo contributo abbiamo bussato ad una porta; speriamo che per l’amore della propria terra e nella coscienza delle persone, si apra un portone.
Colli - "Terra Sassosa"  Resti della Valeria, Massi Poligonali (foto: A. Proietti)

1 – L’articolo sarà pubblicato prossimamente, nel numero 62 di “Aequa”.
2 – Cfr. Promis C., Le antichità di Alba Fucense negli Equi, Roma, 1836, p. 59.
3 – Promis C., Idem, p. 59.
4 – Gattinara G., Storia di Tagliacozzo: dalle origini ai giorni nostri, con brevi cenni sulla regione marsicana, Città di Castello, Tipografia dello Stabilimento S. Lapi, 1894. Rist. anast. Tagliacozzo, Libreria Vincenzo Grossi, 1999, p. 86.
5 – Zazza A., Notizie di Carsoli, dal ms. C/86/1924 dell’Archivio della Diocesi dei Marsi, [s. d.], [1881], a cura di Sciò M. – Amici F. – Alessandri G., Pietrasecca di Carsoli, Associazione Culturale Lumen, 1998, p. 12, [4r-4v].
6 – Questa notizia l’ho potuta ricavare dalla targa che illustra un cippo funerario posto al lato della chiesa di Sorbo.
7 – Cfr. Brogi T., La Marsica antica, medioevale e fino all’abolizione dei feudi, Roma, Tipografia Salesiana, 1900, p. 178.
8 – Catalogus baronum, in Del Re G., Cronisti e scrittori sincroni napoletani editi e inediti. Storia della Monarchia. I Normanni, Napoli, dalla Stamperia dell’Iride, 1845, vol. I, p. 606.
Il Febonio nella sua opera sulla Storia dei Marsi riporta anch’egli, per il paese di Colli, lo stesso toponimo del Catalogus Baronum: « […] è indicato col nome di Colle Zippa, con mura fortificate e una torre a difesa del valico ».
Phoebonio M., Historiae Marsorum, Neapoli, apud Michaelem Monachum, ciɔiɔclxxviij [1678], libri tres. Rist. anast. Storia dei Marsi, Roma, Di Cristofaro Editore, 1991, vol. III, p. 219.
9 – Aa.Vv., Dizionario etimologico, Santarcangelo di Romagna, RusconiLibri, 2003, p. 1080.
10 – Nocentini A., L’etimologico vocabolario della lingua italiana, Milano, Le Monnier, 2010, p. 1346.
11Cortellazzo M. Zolli P., L’etimologico minore. Deli, dizionario etimologico della lingua italiana, Città di Castello, Zanichelli, 2011, p. 1435.

Correlazione tra le famiglie Panegrossi e Segna

Il documento, presente all'Archivio Vescovile di Avezzano, che attesta la correlazione tra le famiglie Panegrossi e Segna
Il 9 Ottobre 2012, il Dr. Gabriele Baldelli, archeologo ed ex Soprintendente per i Beni Archeologici dell'Umbria, mi inviò una email, chiedendomi se ero a conoscenza di eventuali correlazioni parentali tra le famiglie Panegrossi di Colli di Monte Bove e Segna di Poggio Cinolfo (Giuseppe Segna fu vescovo dei Marsi dal 3 Maggio 1824 all'8 Marzo 1840). Queste notizie gli erano necessarie per completare una sua ricerca storico/antiquaria sulle due prestigiose famiglie.
Risposi che il mio interesse per lo studio della famiglia Panegrossi era dovuto al fatto che aveva determinato il destino storico del mio paese per almeno centocinquanta anni e che, talune ricostruzioni oliste che avevano caratterizzato quel periodo, mi erano da stimolo per continuare la ricerca, ma che, purtroppo, in quel momento, non ero in possesso di informazioni che comprovassero il legame di parentela tra le due famiglie.
Una recente visita all'Archivio Vescovile di Avezzano mi ha consentito di fare questa scoperta e attestare la correlazione di parentela tra le due famiglie che il Dr. Baldelli ricercava. Tuttavia, come spesso, accade nella ricerca, il caso è stato una necessità e soltanto lo scrupolo dell'anonimo amanuense che redasse il libro delle Famiglie di Colli dal 1839 al 1879 ci ha consentito di raggiungere questo risultato: infatti, come mostra il documento che pubblichiamo in alto, Giacomo Panegrossi, figlio di Giò Nicola Panegrossi e Maria Speranza Latini, nato il 4 Marzo 1834, sposò in prime nozze Vittoria Tomei ed in seconde, Margherita Trojani, figlia di Angelo Trojani, di Petrella Liri e di Marianna Segna di Poggio Cinolfo.

Un'ipotesi di Albero Genealogico della famiglia Panegrossi

di Giovanni Anastasi
Cultore di Storia Locale


Le risorse artigianali di Colli nell'antichità

L'interno del laboratorio di un Fabbro
La consultazione degli archivi civili di Colli del XIX e XX secolo si rivela particolarmente edificante per individuare i vecchi mestieri artigianali che erano diffusi nel nostro paese.
Le professioni prevalenti erano quelle del Bracciante e del Coltivatore; tuttavia non è infrequente imbattersi in mestieri come Lanaio, Caldaio, Sarto, Fabbro Calzolaio, ecc. a testimonianza di una certa propensione verso l'imprenditoria artigianale.
Ora troviamo un'ulteriore conferma di questo dinamismo economico in due brevi passaggi presenti nel manoscritto di ANTONIO ZAZZA, Notizie di Carsoli, Pietrasecca 1998, che per gentile concessione del Presidente dell'Associazione Lumen, don Fulvio Amici, abbiamo potuto visionare nell'unica copia-master presente in archivio.
La prima informazione, contenuta nel foglio 4v (pagina 13 del testo stampato), riguarda un mastro Gervasi di Colli che rialzò di un terzo la torre campanaria della chiesa di Santa Vittoria di Carsoli, sottolineando che l'artigiano: "...lavorò nella sagrestia di San Pietro in Roma...".
L'altra notizia interessante la troviamo nel foglio 6r, (pagina 15 del testo stampato) in cui si afferma che: "La chiesa di S. Antonio Abate poco fora le mura di Carsoli col suo ospedale dicono fondata coi beni di una tal carseolana andata a marito in Colli, e coi beni di suo marito...".  E' una prova indiretta di come Colli tra il XVI e XVIII secolo fosse il paese economicamente più florido della nostra zona e che una sua cittadina potesse elargire alla collettività risorse finanziarie per costruire una chiesa con annesso l'ospedale.

Terminus ante quem sulla chiesa di S. Rocco

La Chiesa di San Rocco
Le fitte nebbie che avvolgevano la storia della costruzione della chiesa di San Rocco a Colli di Monte Bove, collocata all'entrata occidentale del paese, si vanno, gradualmente, diradando e oggi possiamo citare un documento presente presso l'Archivio Vescovile di Avezzano, che ci consente di stabilire un primo terminus ante quem sulla data di edificazione dell'edificio sacro.
Matteo Caroli accedeva alla carica di curatore delle chiese di San Berardo e di San Rocco di Colli nell'anno 1697 (D 128). Questa citazione significa che a quella data la chiesa di San Rocco era già esistente ed aveva una qualche rilevanza, per giustificare la nomina di un curatore sia pur incaricato anche della tutela della chiesa dedicata al vescovo dei Marsi.
Infine questa data si colloca in un arco temporale che suffraga, ulteriormente, l'ipotesi che avevamo formulato in un precedente post, sulla probabile edificazione della chiesa in un'epoca immediatamente successiva alla grande pandemia di peste che colpì il Regno di Napoli nel 1656.

Fondo Berardo nell'archivio vescovile

L'edizione filologica della Vita di Berardo
Comunicazione al congresso di Poitiers




















Molto presto l'Archivio Vescovile di Avezzano si arricchirà di un Fondo dedicato a Berardo dove verranno raccolti tutti i documenti ed i testi pubblicati su Berardo. L'idea nacque nel Marzo scorso quando nel tentativo di perorare un eventuale inserimento nel programma dell'otto per mille gli interventi successivi da realizzare nella chiesa di San Berardo di Colli di Monte Bove per recuperare totalmente gli affreschi presenti nel luogo sacro (progetto piuttosto difficile da realizzare perché la chiesa non è inserita né nell'elenco dei Patti Lateranensi, né dalla successiva integrazione del 1986 e quindi non è sotto la giurisdizione del vescovado), il Cancelliere Ennio Grossi mi manifestò l'esigenza di raccogliere presso l'Archivio Vescovile tutti i testi che avevo portato per sensibilizzarlo sul dibattito storiografico internazionale animato intorno alla figura di Berardo come modello arcaico di vescovo tipicamente gregoriano, in modo da poter mettere a disposizione dei ricercatori futuri le fonti e la bibliografia raccolte.
Accettai l'idea con entusiasmo e da quel giorno ho lavorato per reperire soprattutto le pubblicazioni in lingue straniere e, con una certa ragionevolezza, oggi possiamo dire che il Fondo sarà così costituito:

a) - Sezione Internazionale
1) - P. TOUBERT, Les structures du Latium médiéval, Le Latium méridional et la Sabine du IX siècle à la fin du XII siècle. Roma, 1973
2) - J. DALARUN, Bérard des Marses (1080 - 1130) un éveque exemplaire, Paris, 2013
3) - J.DALARUN, Vie et miracles de Bérard éveque des Marses, Bruxelles, 2013
4) - J. DALARUN, Berardo dei Marsi un modello episcopale gregoriano, Carsoli, 2010
5) - J. DALARUN, Bérard éveque des Marses. Un art de gouverner, in Hagiografia, idéologie et politique au Moyen Age en Occident, Turnhout, 2012
6) - J. HOWE, St. Berardus of Marsica (d. 1130) "Model Gregorian Bishop", in JOURNAL OF ECCLESIASTICAL HISTORY, 58 (2007), p. 400-416

b) - Sezione Storici Italiani
1) - Z. ZAFARANA, Berardo, santo, Roma, 1966
2) - S.B. GAJANO, Berardo Vescovo dei Marsi, tra agiografia e storia, Roma, 2002
3) - F.UGHELLI, Italia sacra, ed.Coleti, Venezia, 1717

c) - Sezione Storici Locali
1) - P.A. CORSIGNANI, Reggia Marsicana, Napoli, 1738
2) - P. PANEGROSSI, Memorie storiche intorno a San Berardo Cardinale, Carsoli, 2011
3) - D. GIARDINI, San Berardo. Vita, leggende,miracoli, culti e reliquie, Cerchio, 2001
4) - F. F. ZAZZERA VINCENZO AMENDOLA, Berardo, servo scelto. Chosen servant, Marino, 2015
5) - M. ANASTASI, Sui toponimi sconosciuti presenti ne La vita del beato Berardo dei Marsi, in Aequa, 43 (dicembre 2010), p. 13-17

d) - Sezione Fonti Documentali
1) - BIBLIOTECA CASANATENSE, MS 2375, f. 77-167, M. FEBONIO, Dei santi Marsicani
2) - ARCHIVIO DELLA CONGREGAZIONE DELLE CAUSE DEI SANTI, Sacrae ritum Congregationis ab anno 1801 ad annum usque 1802
3) - ARCHIVIO DELLA CONGREGAZIONE DELLE CAUSE DEI SANTI, Sacrae ritum Congregationis decreta in causis servorum Dei, 1905.

Altra fonte sulla presa del castello di Colli (1821)

Copertina del volume del Pagani
di Paolo Emilio Capaldi

Ricercando fonti e testimonianze per la pubblicazione di un testo sui Monti Carseolani, ho ritrovata un'opera molto interessante: Giovanni Pagani, Avezzano e la sua storia, Abbazia di Casamari, 1968. Scorrendo il testo mi sono imbattuto nelle vicende che animarono Colli di Monte Bove, intorno al 20 Febbraio 1921 (1).
Nel 1815, il Congresso di Vienna si propose di restaurare lo status quo ante, agli sconvolgimenti conseguenti la rivoluzione francese del 1789, in tutti gli stati dell'Europa. Il vento delle novità e delle idee libertarie soffiò su tutti gli stati ed il re delle Due Sicilie Ferdinando IV (I), dovette assistere ai nuovi "moti rivoluzionari" (1820-1821), che coinvolsero il suo reame. Il 6 Luglio 1820 il re promise una nuova costituzione per il suo popolo, promulgandola il 13 Luglio.
Sotto la regia di Metternich, l'Austria si ritenne "custode" dell'Italia ed entrò nello scenario peninsulare con il suo esercito per domare le insurrezioni napoletane, con il velato proposito di impossessarsi del regno. Al comando del generale Primont, l'esercito austriaco, forte di cinquantamila uomini, mosse verso i confini del Regno di Napoli.
Il Pagani riporta una lunga citazione dell'attacco condotto dagli asburgici al castello di Colli, facendo riferimento ad alcune pagine dello storico Bernardino Iatosti inserite in Storia di Avezzano: scrive della difesa del castello ad opera del vecchio sergente Zazza di Pereto che, nonostante l'esiguità di uomini e mezzi, coi pochi proiettili rimasti, cercò di cannoneggiare l'esercito austriaco che avanzava.
(1) - Nelle Memorie storiche... don Paolo cita la data del 9 Marzo 1821.
Le pagine del Pagani, in download integrale, cliccando la didascalia della foto.

Un progetto di cimitero alla "Roccaccia" (1817)

Il Progetto del cimitero alla "Roccaccia" (1817)
Un interessante studio sui progetti dei cimiteri di Carsoli e delle sue frazioni, in ottemperenza alla legge borbonica dell' 11 Marzo 1817, è apparso sul Foglio di Lumen, Miscellanea 39, Agosto 2014, a firma di Michele Sciò. Il testo è corredato da una serie di immagini (quì pubblicata quella di Colli), provenienti dall'Archivio di Stato dell'Aquila, che raffigurano i criteri archietttonici che si dovevano seguire nella progettazione dei cimiteri, ma, l'niziativa non raggiunse l'obiettivo totemico per ragioni finanziarie.
L'esigenza di tumulare i defunti in un luogo chiuso e collocato a distanza dai paesi, diventò impellente nei primi anni dell'Ottocento, per le frequenti epidemie provocate  dall'uso di seppellire i morti nelle chiese o in delle pievi. Colli fu l'ultimo paese, tra quelli del circondario di Carsoli, ad avere l'attuale cimitero (1905) e ancora oggi i resti di misere spoglie si trovano nei sotterranei della chiesa di san Berardo e di san Nicola.
Nella chiesetta gentilizia della famiglia Panegrossi (ora Mantica) si trovano, in uno stato di conservazione eccezionalmente integro, le salme di quattro componenti la prestigiosa famiglia di Colli (due uomini una donna e una bambina).  La temperatura del luogo di sepoltura è di quattro gradi costanti in qualsiasi periodo dell'anno.
Ringrazio il Presidente dell'Associazione Lumen, don Fulvio Amici, per la cortese disponibilità menifestata nell'accordare il consenso alla pubblicazione della referenza iconografica.

Atto rogato dal notaio De Simeonibus (1724)

Berardino de Simeonibus, o Bernardino dè Simoni, altre volte Berardino Simeoni - c'è una sorta di nomadismo anagrafico sull'onomastica -, notaio apostolico di Colli, rogò l'atto di concessione della Corona d'Oro all'immagine della Madonna dei Bisognosi del Monte Carsoli, nella Basilica Vaticana il 5 Novembre 1724.


Il documento è redatto con una grafia nervosa ma di facile interpretazione, attesta la concessione del privilegio alla sacra reliquia utilizzando le formule sacramentali dell'epoca.

Le lotte per il castello di Colli nel Trecento

Fig. 1 - Il frontespizio del prezioso volume
Il recupero di questo prezioso volume del 1903 da parte di Paolo Emilio Capaldi, ci ha consentito di circoscrivere meglio le vicende complesse che hanno caratterizzato la lotta per il possesso del Castello di Colli nei primi anni del Trecento, a conferma della sua eccezionale importanza strategica nell'alto medio evo.
La scoperta del testo è ancora più decisiva in quanto le pergamene dell'Archivio Orsini citate sono andate perdute o, comunque, non sono reperibili tra le risorse digitali online dell'Archivio Storico Capitolino che, come è noto, ospita una parte dell'Archivio Orsini (quella più cospicua è conservata all'UCLA di Los Angeles. Nutro il progetto, nei prossimi giorni, di interloquire con la dott.ssa Mori, responsabile dell'archivio Orsini di Roma, per tentare di rintracciare queste pergamene).
Il 16 Gennaio 1307, il re di Sicilia Carlo II, ordina al Giustiziere d'Abruzzo Ultra di "rimettere in possesso" Giacomo Napoleone Orsini, conte di Tagliacozzo, della sesta parte del castello di Colli, illegalmente occupata da Francesco de Pontibus (1). L'ingiunzione regia o fu disattesa dal Giustiziere oppure dopo una prima restituzione il castello fu di nuovo occupato  da Francesco de Pontibus (la lettura attenta dell'incipit della pergamena fa propendere per questa seconda ipotesi), perché il 4 Aprile 1311, un Decreto di re Roberto di Sicilia ordina di nuovo, questa volta al Giustiziere dell'Abruzzo Citra, di far restituire a Giacomo Napoleone de filiis Ursi, "la sesta parte del Castel dei Colli", specificando "toltagli con violenza da Francesco de Pontibus."
Fig. 3 - Seconda ingiunzione

Fig. 2 - Prima ingiunzione
Sempre nello stesso volume è citata questa ulteriore pergamena che attesta la rilevanza storica che assumeva il nostro paese, identificato come detentore di così vaste terre da potersi considerare un Feudo. Infatti nell'anno 1340 (non sono specificati il giorno ed il mese): "Nella città di Tagliacozzo davanti alla chiesa di S. Cecilia Pietro D. Riccardo Frangipane di Cisterna, Loreto di Santa Maria da Valle, beneficiati di San Pietro di Roma, Roberto di Capistrello, Napoleone di Colli, Cola Molo di Tivoli, attestano che il magnifico Orso di Giacomo di Napoleone de filiis Ursi, destinò a suo procuratore generale Giacomuccio Lalli da Visso, suo famigliare per l'acquisto di alcuni beni feudali nel castello di Colli".
Tutte le referenze iconografiche ci sono state inviate da Paolo Emilio Capaldi che si ringrazia.
Fig. 4 - Nomina procuratore





(1) La famiglia de Pontibus fu detentrice, probabilmente in condominio con altri signori locali, della Contea di Tagliacozzo, dal 1130 (fine della dinastia dei Conti dei Marsi) sino al 1270 quando Risabella de Pontibus, consorte di Giacomo Orsini e unica figlia del conte di Tagliacozzo Bartolomeo de Pontibus e di Maria d'Aquino, testa a favore del proprio coniuge il trasferimento della medesima contea.

La chiesa di S. Berardo, eziologia storica


La Diocesi dei Marsi
di  Paolo Emilio Capaldi

L’edificio di forma rettangolare, a navata unica, è oggi inglobato al margine orientale del centro urbano.
Nel 1324, la chiesa appare citata nell’elenco delle decime da versare alla Diocesi dei Marsi: « Ecclesie Collis et Lupe […] 904. Ecclesia S. Berardi » (1).
Un’altra pergamena (XXX) del 1397 (ante), al f. 12v, suppone l’esistenza della chiesa. Anche in questo caso si tratta dei tributi dovuti alla cattedrale dei Marsi (S. Sabina), in occasione delle festività maggiori: Natale, Pasqua, S. Maria d’Agosto, Ognissanti, S. Sabina e San Michele Arcangelo. « In vicaria de Carzolo. In primis iure procurationis ipsius Vicarie. In Taliacotio […] In Collibus ab ecclesia sancti Iohannis cum aliis ecclesiis eiusdem loci aur. unc. unam » (2).
Tre secoli più tardi, il Febonio riporta un’annotazione sulla dislocazione della chiesa di San Berardo: « In suo onore, fuori del paese, sula via Valeria, gli abitanti, come segno della loro indefettibile e ardente devozione verso il Signore, fecero costruire una chiesa in cui si venerano le sue reliquie » (3).
Sessant’anni dopo il Corsignani rammenta questa chiesa nella sua opera scrivendo: « Di là di Pereto giacciono le Terre o sian Ville di Colli colla Chiesa Parrocchiale di S. Niccolò Vescovo di Mira e coll’altra di San Berardo » (4).
L’ottocento si afferma come il secolo che ci dona numerose notizie di quest’edificio sacro. Il Di Pietro descrivendo le chiese che si trovano in Colli aggiunge: « Ha un’altra chiesa edificata fuori le mura e dedicata a San Berardo, ove si conserva di esso qualche sacra reliquia » (5).
Numerose saranno le note che l’allora parroco di Colli, don Paolo Panegrossi, offrirà ai posteri sulla chiesa di San Berardo: « Povera è questa chiesa e disadorna, l’altare è di stucco, come pure di stucco è la sovrappostavi statua del Santo vestito pontificalmente con mitra e pastorale, tutto bene eseguito ed in grandezza poco meno del naturale. Una volta questa chiesa era tutta istoriata di pitture le quali è fama che fossero ricoperte per decreto fatto in sacra visita da non so qual vescovo; forse perché, oltre ad essere rozzamente eseguite, erano anche mal conservate.
Oddone de Collibus
Le Chiese di Colli nel libro delle Decime
Talune di queste furono risparmiate e rappresentano le immagini di varii santi, e sotto qualcuna è il nome di chi per sua divozione le fece eseguire nell’anno 1625: come si trova ripetuto due volte, mentre nelle altre l’iscrizione è cancellata in tutto o in parte. Tra queste è da notare una in cui si vede la figura di una donna, che genuflessa e con le braccia protese presenta un ammasso sanguigno innanzi ad un’immagine di S. Berardo, che vedesi più in alto. Dicesi che quell’ammasso sanguigno rappresenti un bambino caduto disgraziatamente all’altezza del muro che fiancheggia la chiesa presso la porta d’ingresso, immediatamente morto e tutto deformato per la precipitosa caduta; e che presentato dalla madre innanzi all’altare del Santo, gli ritornasse la vita e la sanità; ma non si legge più la sottopostavi iscrizione. E’ questa nell’alto della parete laterale dal lato del vangelo. Nel basso della parete opposta si distingue per l’accuratezza dell’esecuzione di altro autore una pittura rappresentante un giovane uomo genuflesso, con le mani giunte e sollevate verso un’immagine del Crocifisso, il quale ha inchinato verso lui amorevolmente il capo e sotto vi si legge l’epigrafe - FABRIZIO DI AMBROSIO F.F. PER VOTO A.D. 1626. - Il significato di questa pittura non è per nulla oscuro nel paese, dove esiste la famiglia a cui quel Fabrizio apparteneva, e che ha preso poi il cognome di Barnabei; ed in essa si veggono fino al presente ripetuti i nomi di Fabrizio e di Ambrogio. Era dunque quel Fabrizio uno dei scherani, o come dicono, uno dei bravi dei principi Colonna ai quali apparteneva il feudo di Colli: ed egli dopo aver passata nel disordine una parte di sua vita; rientrato in sè stesso e compunto dal dolore de’ suoi peccati, si gettò ai piedi del Crocifisso, il quale rivolse verso di lui benignamente il volto, ed inchinò il capo in segno di misericordia » (6).
Nell’ultimo paragrafo del suo opuscolo egli pone a conoscenza il lettore di vari miracoli accaduti per l’intercessione del Santo vescovo, tra i quali ricorda: « Anche l’olio della lampada è preso sovente dai fedeli per ungerne infermi, ed affermano riceverne grazie; specialmente per quello stato morboso detto spina ventosa, che attacca le ossa e le corrode. Di tal male era affetto un tal Desiderato Petruccetti di Monte Sabinese, villa poco lontana da Colli, ed andato in Roma per curarsi, era stato risoluto doversi fare l’amputazione del braccio malato. A tal operazione non volle assoggettarsi, e licenziatosi dai professori curanti andò in Colli, visitò la chiesa di S. Berardo, unse coll’olio della lampada il braccio, ed in breve fu guarito. Al presente è libero; sicchè può occuparsi dei lavori di campagna, ed afferma esser guarito per intercessione del Santo » (7).

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1 – p. sella (a cura di), Rationes Decimarum Italiae. Aprutium – Molisium. Le decime dei secoli XIII-XIV, 1936 Città del Vaticano, Biblioteca apostolica vaticana, p. 51.
Alla stessa pagina dell’elenco sono ascritte anche le chiese di San Giovanni, San Nicola, Sant’Angelo e le chiese di San Salvatore e Santa Maria di Luppa.
Nello stesso anno, nel registro appare anche un ulteriore obbligo da parte di Oddo di Colli verso la Diocesi dei Marsi: « 709. Die predicta et loco dompnus Oddo de Collibus solvit dictis subcollectoribus pro decima huius anni VIIe [indictionis] pro se et omnibus ecclesiis et clericis Collis et Luppe in carlenis de argento duobus per tarenum computatis in argento tar. duodecim ». Ibidem, p. 43.
C’è da aggiungere che già nel 1308 il clero del castello di Colli versò la decima alla diocesi. « 405. Clerici castri Colle solverunt tar.XVIII ». Ibidem, p. 22.
2 – m. r. berardi (a cura di), Una diocesi di confine tra Regno di Napoli e Stato Pontificio. Documenti e regesti dal fondo pergamenaceo della Curia Vescovile dei Marsi (secc. XIII-XVI), in Deputazione abruzzese di Storia e Patria. Documenti per la storia d’Abruzzo, n. 18, 2005 L’Aquila, Edizioni Libreria Colacchi, pp. 135.
Alle successive citazioni, nella stessa pergamena, degli oneri dovuti dalle chiese di Colli, sarà solo iscritta la chiesa di San Giovanni.
3 – m. febonio, Historiae Marsorum, libri tres, 1677 Neapoli, apud Michaelem Monacum. Rist., Storia dei Marsi, 1991 Roma, Di Cristofaro Editore, vol. III, p. 219.
4 – p. a. corsignani, Reggia Marsicana: ovvero memorie tipografico-storiche di varie Colonie e Città antiche e moderne della Provincia dei Marsi e di Valeria compresa, 1738 Napoli, 2 vol. Rist. anast., 1971 Bologna, Forni Editore, lb. I, p. 247.
5 – a. di pietro, Agglomerazioni delle popolazioni attuali della Diocesi dei Marsi, vol. II, 1869 Avezzano, rist. anast. [s.d.] Avezzano, Studio Bibliografico Adelmo Polla, collana “Storia d’Abruzzo”, n. 1, vol. II, p. 75.
6 – p. panegrossi, Memorie storiche intorno a S. Berardo Cardinale, Vescovo e protettore principale della Diocesi de’ Marsi, 1867 Roma, Tipi della Civiltà Cattolica. Rist. 2011 Subiaco, Comune di Carsoli, p. 44.
7 – Ibidem, p. 45

Berardino Simeoni, notaio di Colli (1676)

Località dei terreni di Colli nel 1700
Ordinazione Paolo Giovanni Domenico Bultrini di Colli







A conferma dell'ipotesi già formulata in un precedente post di questo Blog ("I... Fuochi di Colli di Monte Bove") di una consistente presenza di clericali a Colli nel corso del Settecento, concorrono anche questi due documenti che ci ha inviato il prof. Adolfo Bultrini, provenienti dall'Archivio Diocesano di Avezzano, riguradanti Berardino Simeoni nato a Colli il 15 giugno 1676 ( 11 marzo 1730) parroco di Rocca di Botte e notaio apostolico. Questi atti che prendevano il nome di Patrimonarie consistevano nell'elenco della dotazione di beni di cui venivano provveduti i seminaristi per il loro mantenimento e decoro dalle loro famiglie. Quello qui pubblicato, che riguarda il novizio Angelo Berardini di Colli, contiene altri elementi storicamente interessanti, come ad esempio le località dei terreni trasferiti in dote.
Il sigillo notarile di Berardino Simeoni
Alcuni di questi toponimi sono: "alli li frati", "Colle Palumbo", probabilmente l'attuale "colle paiume", "Fonti vive", "Cese di ....antonio". L'atto precisa, altresì, che ad Angelo veniva elargito anche "un Bove chiamato moricone" e "un cavallo chiamato colonnella". Seguono i nomi di alcuni testinmoni, Carolo Vincentio, Cristini Caroli, Dominici Angeli, ma, l'informazione più interessante è che tra questi testimoni c'era anche Barnabeo de Ambrogio che è un'altra conferma dell'eccellenza di storico di don Paolo Panegrossi. A Pagina 44 delle Memorie storiche... ci racconta di Fabrizio di Ambrosio, bravo dei Colonna, ritratto in uno degli affreschi, ora coperti da vari strati di tinteggiatura, della chiesa di San Berardo di Colli mentre si pente delle sue angherie ed invoca il perdono del vescovo dei Marsi; più oltre il sacerdote precisa che questo Fabrizio cambiò il suo cognome in Barnabei: ora questo antroponimo Barnabeo de Ambrogio, sintesi tra vecchio e nuovo, citato nell'atto, è una conferma - da fonte documentale - di quanto il fatto riportato sia attendibile.
Ringrazio l'ingegnere Massimo Basilici per la segnalazione della figura di questo illustre collese del passato.

Riscontri alle Memorie Storiche di don Paolo

Il Colera di Parigi
Colera Morbus attacca il Ministro - satira del XIX sec.













Abbiamo già avuto modo di sottolineare il rigore scientifico e l'attendibilità storica delle Memorie Storiche... di Don Paolo Panegrossi, ora ne abbiamo un'ulteriore riprova confrontando le notizie fornite sul Colera a Colli nel 1855 con le verifiche che si possono effettuare, disponendo online degli Archivi di Stato dell'Aquila sullo stato civile del periodo della Restaurazione (ringrazio Giuseppe Berardini e Giovanni Anastasi per avermi segnalato il link).
A pag. 14, nota 4, delle Memorie don Paolo afferma: "...Nel giorno 28 Agosto 1855 si manifestò in Colli il cholera... i morti non furon che 18 sopra una popolazione di men che 600... Giunse il giorno della festa della seconda domenica di ottobre. e la stessa mattina fu presa dal cholera una giovane, che ne moriva dopo pochi giorni... Da quell'ora in poi non vi furono più casi di cholera, ed i convalescenti si riebbero; e fu attribuito all'interecessione di Maria SSma". Il giorno è esatto quasi all'unità (il 26 agosto morì Rosolina Borgi di anni 40, anche se già in luglio si ebbero delle morti sospette) ed i morti sino al 14 ottobre, seconda domenica del mese, furono 16. Se si aggiungono i decessi successivi a questa data (in età comprese tra 30 e 58 anni, quindi verosimilmemente ancora attribuibili alla diffusione del morbo), si arriva al numero di 20 e, escludendo le morti del 3 settembre di Filippa de Carolis di anni 77 e del 1 ottobre di Luigi de Sante di anni 88, che potrebbero anche essere dovute all'età avanzata, si arriva proprio alla cifra riportata da don Paolo Panegrossi.
E' esatto alla lettera ciò che accadde il 14 ottobre, festa della Madonna dei Bisognosi, infatti, si ammalò Francesca Caroli di anni 30 che morì qualche giorno dopo, il 21 ottobre, come scritto nella nota 4 delle Memorie. Qualche perplessità, invece, desta quanto affermato in seguito "...da quell'ora in poi non vi furono più casi di cholera..." : qui ci sembra il religioso prendere il sopravvento sullo storico in quanto il 15 ottobre morì Sante Berardini di anni 50, il 21 appunto Francesca Caroli, il 19 novembre Flavia Jacoboni di anni 56, il 27 dello stesso mese Antonia Leonardi di anni 56; il 6 di dicembre perì Vittoria Leonardi di anni 58.
Fonti iconografiche: gallica.bnf.fr/Bibliothéque nationale de France

Il Film dell'epopea di Colli nella storia

La retrocopertina
Copertina del DVD
La storia di Colli di Monte Bove dall'età Longobarda all'epoca contemporanea. L'importanza dell'agiografia di Berardo illustrata attraverso l'analisi delle fonti medievali e moderne. Le vicende storiche della Marsica illuminate dal prezioso contributo di Sofia Boesch Gajano, professore onorario dell'Università 3 di Roma, costituiscono questo documentario realizzato con passione e competenza da Giuseppe Berardini e Giovanni Anastasi.
E' possibile fare richiesta del DVD inviando un'email all'indirizzo segnalato in "Contatti" al fondo di questo Blog.

I Panegrossi non ancora attivi a Colli nel 1669

Il Frontespizio della nuova Numerazione dei Fuochi
Il Duca Filippo Colonna proprietario delle Terre di Colli





















La nuova numerazione dei fuochi del Regno di Napoli del 1669 ci consente di conoscere il signore delle terre di Colli (il Duca Filippo Colonna di Tagliacozzo) e, indirettamente, di smentire la pubblicistica locale che collocava nel 1640 l'anno dell'arrivo della famiglia Panegrossi nel nostro paese.
Il nuovo registro è molto accurato nel recensire i proprietari dei beni immobili: infatti quando in una località questi beni sono posseduti da più famiglie sono puntualmente registrate e ad ognuna di esse è imputata la quota del tributo in ragione dell'entità dei possedimenti (ad esempio ciò accade per Capistrello e Leofreni).
Pertanto, pur non potendosi negare recisamente l'ipotesi della presenza a Colli di qualche componente la famiglia Panegrossi già in quell'epoca, si può assolutamente escludere che possedesse terre in quantità significative come, invece, avverrà nel secolo successivo, attestato dai molteplici atti di compravendita custoditi da Alberto Mantica, discendente matrilineare della famiglia Panegrossi.

Il saggio che ha reso Berardo celebre nel mondo

Testo originale in Francese
Testo in Italiano
Per gentile concessione di Richard Figuier, direttore delle pubblicazioni dell'Ecole francaise de Rome, rendiamo disponibili le pagine nella versione originale in francese e nella traduzione italiana, che hanno elevato il Pastorato di Berardo dei Marsi (1080-1130) ad oggetto di studi, di libri, di comunicazioni a convegni. Nella sua missione apostolica, Berardo ha inventato una nuova arte di governo della Chiesa ed ha messo in pratica un modello episcopale arcaico tipicamente gregoriano.
La versione italiana del saggio è composta da 25 pagine (scusandomi per alcuni errori di battitura dovuti al fatto che non ho avuto il tempo di rileggerla), dense di notizie inedite sull'agiografia di Berardo nato a Colli di Monte Bove ed inserite nel volume di Pierre Toubert Les structures du Latium médiéval. Le Latium méridional et la Sabine du IX siècle à la fin du XII siècle, Roma, 1973, già considerato un classico della storiografia contemporanea. Il testo è praticamente introvabile (si può reperire solo in poche Biblioteche e presso raffinati bibliofili. Ringrazio il dr. Nicola Cariello per avermi messo a disposizione il prezioso volume). Per accedere ai testi cliccare sulle rispettive didascalie.

Colli fa parte della Contea di Tagliacozzo (1396)

Procura del Comune di Colli a Matteo di Macario di Andrea de Cellis
Questo è il documento originale presente nell'Archivio Storico Capitolino di Roma (Archivio Orsini, Pergamene, Regesto Presutti, segnatura II.A.10,004 catena 229) del 22 Febbraio 1396 con il quale i cittadini di Collis (Colle) danno mandato a Matteo di Macario di Andrea de Cellis ed altri (il suffisso de Cellis, autorizza a formulare l'ipotesi che Matteo risiedesse a Celle, l'odierna Carsoli), di prestare giuramento e fedeltà al re Ladislao davanti alle persone di Giacomo Orsini conte di Tagliacozzo e Nicola dell'Aquila, commissario regio.

Battaglia parlamentare per l'autonomia di Colli

Nei tre anni di vita di questo blog, in una sola circostanza non è stato dato seguito ad una richiesta di utilizzo gratuito di documenti riguardanti il nostro paese (rifiuto dell'Istituto LUCE di concedere un video del 1934 sulle grandi manovre militari del Piano del Cavaliere dove si può apprezzare un breve filmato girato a Colli). In un altro frangente (opuscolo su Chiesa di San Nicola) abbiamo preferito rinunciare alla pubblicazione in quanto ci s'imponevano limiti e restrizioni che snaturavano la filosofia della Rete.
Oggi, invece, per l'estrema attenzione che rivolge ai temi della diffusione della cultura e per la proverbiale disponibilità del professore Terenzio Flamini, pubblichiamo integralmente il suo studio apparso su Documenti e Ristampe - Il Foglio di Lumen Miscellanea 32, Anno 2012, Pietrasecca di Carsoli, dal titolo: Colli di Montebove. Le lotte per ritornare comune autonomo. Buona lettura. (download del saggio completo, in PDF, cliccando sull'immagine in alto a sinistra).
 

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