COLLI

Colli di Monte Bove (AQ.), il Secolo Scorso

image
image
image
image
image
image
image
image
image
image
image
image

La chiesa di S. Nicola detiene abbazia di Luppa

La scheda di Tomassetti della Bolla
La chiesa S. Nicola di Colli, ha detenuto dal XVIII secolo, l'abbazia noncupata di Luppa in virtù di una Bolla del papa Benedetto XIV del 30 Ottobre 1754.
In passato sull'argomento era intervenuto, autorevolmete, varie volte Il Foglio di Lumen, limtando, tuttavia, la propria ricerca alla presenza di una chiesa S.Maria di Luppa. Con questo documento che pubblichiamo si attesta che in realtà i ruderi ancora esistenti sono le vestigia di un'abbazia noncupata che aveva al suo interno un altare dedicato alla Vergine.
Il documento vaticano delinea la storia dell'edificio di culto, risalendo all'attribuzione temporanea a Fabrizio Colonna, Contestabile del regno di Napoli nel "...Pridiae Kalendas Octobris anno quintodecimo..." e viene evocata anche la finalità "...pro militibus." E' lo stesso esponenete della prestigiosa famiglia a richiedere, in seguito, l'attribuzione delle rendite di questa terra alla chiesa Parrocchiale di Colli "...ecclesiae suoi Patronus." In una data non precisata ed essendo la sede "...vacante per obitum.." la Diocesi dei Marsi ne attribuisce lo ius patronatus ad un certo Laicone descritto nel documento come "...nobilum et altissimus iudicet..."  In un'epoca sempre non precistata subentra "per obitum... Thomas Bernardini... ultimi Possessoni", per quindi finalmente essere retrocessa dalla Diocesi "...at Parochialis Ecclesia sancti Nicolai Barensis noncupati terra Collius."
L'incipit della Bolla

La rendita annua di IV Ducati viene attribuita a "...Caietanus De Carolis Presbitero." In altra parte del documento il fruitore dei canoni viene individuato con il patronimico "Caietano de Caroli". L'elenco dei sacerdoti del nostro paese presente nell'Archivio vescovile di Avezzano individua, per quel periodo, la titolarità della chiesa di S. Nicola, nella figura di "Gaetano Caroli". Ora è noto che a Colli sono state residenti sia la famiglia De Carolis, oggi estinta, che Caroli, ancora presente; pertanto questa duplicità del documento pubblicato ingenera qualche confusione; ma, gli elementi raccolti fanno propendere per l'ipotesi che l'Arciprete in carica pro tempore alla chiesa parrocchiale di S. Nicola di Bari, fosse effettivamente Gaetano Caroli.
Ringrazio la Sovrintendenza dei beni Archivistici del Lazio, Archivio Colonna, Monastero di S. Scolastica, Subiaco, per l'autorizzazione concessa a riprodurre il documento; nonché gli Eredi Colonna.

Escursione estiva: ascesa monte Midia (1737 m.)

La sommità del Monte Midia in un disegno originale
Ai tanti amici che gremiranno il nostro paese nel mese di Agosto e che, dopo qualche giorno di permanenza, inizieranno ad annoiarsi per la monotonia del soggiorno, proponiamo questa escursione estiva, di difficoltà media, che, se effettuata al levar del sole, si rivelerà un'esperienza indimenticabile per l'eccezionale bellezza del paesaggio che si potrà contemplare durante l'ascesa ed alla sommità del monte Midia.
Si consiglia di utilizzare la macchina per arrivare al camping di Marsia e parcheggiare un pò prima della barra metallica che delimita la strada per raggiungere il Pian del Pozzo. I più ardimentosi potranno fare questo percorso a piedi da Colli calcando le orme dei pellegrini che nel mese di Luglio si recano al santuario della SS. Trinità di Vallepietra. Appena cento metri dopo si lascia la strada per inoltrarsi nel sentiero che penetra nel bosco, sulla destra. Seguire accuratamente il tracciato tenemdosi sempre verso l'alto, tralasciando il sentiero marcato dal più forte tropismo. All'interno del bosco si potrà apprezzare una brezza mattutina rigenerante e, se si è fortunati, degustare qualche fragolina appena sbocciata. Dopo circa settecento metri si scollina su un costone brullo da dove si vede già la vetta del monte Midia. I passeggiatori più attenti noteranno un sentiero delimitato, saltuariamente, da bande verticali rosse: è la master line che vi consentirà di arrivare alla cima utilizzando il percorso più breve.
La Valle della Dogana
Durante l'ascesa sono consigliate brevi soste per apprezzare lo scenario che avete intorno: dietro di voi la Valle della Dogana in questo periodo, di primo mattino, avvolta dalle nebbie, spettacolo insolito. La scena è dominata dal monte Padiglione. Alla vostra destra (Sud) potrete ammmirare la faggeta più estesa d'Europa con i vari tratturi che conducono alla fonte di San Nicola, al santuario della SS. Trinità, a Pereto. Riprenedendo il cammino si è attratti dalla flora del monte caratterizzata da una prevelanza di piante di Genziana e del pericoloso Velabro bianco, perfettamente identico alla Genziana -eccetto nella disposizione dei rami che è asimmetrica-, le cui radici sono velenose e provocano la morte dell'uomo, se erroneamente utilizzate per fabbricare il celeberrimo amaro.
Il vero spettacolo vi aspetta alla sommità del monte: ad ovest si notano con distinzione Oricola, Riofreddo, Licenza, Tivoli, quando non c'è foschia, anche la periferia Est di Roma. Ruotando lo sguardo verso Nord-Ovest sono perfettamente visibili i monti reatini, il Velino, i campi coltivati del Fucino ed uno skyline mozzafiato sin verso Cocullo. Il tempo necessario per l'ascesa è di circa 1 h.

E' consigliabile un primo ristoro non troppo frugale; riprendere il cammino seguendo il medesimo percorso dell'ascesa e giunti in prossimità del sentiero che s'immette nel bosco, continuare in avanti sino a raggiungere un sentiero molto ampio, solcato dal passaggio di fuoristrada. Giungere sino in fondo alla valle dove il sentiero si trasforma in un alveo di fiume tributario di fenomeni meteorici stagionali; costeggiarlo sulla destra o sulla sinistra (è indifferente) e dopo circa 500 m. si raggiunge Pian del Pozzo (foto in basso).
Pian del Pozzo con sullo sfondo il monte Midia

Qui si potrà di nuovo bivaccare in un rifugio attrezzato con camini per barbecue e tavoli in legno. Dopo una sosta a piacere si percorre la strada principale che ricondurrà, dopo circa 1 h. di cammino, nel luogo di sosta della macchina, in prossimità del camping.

Conferme sulla Virilassi della Vita di Berardo

L'Anfiteatro di Virilassi
Paolo Emilio Capaldi
Ricercatore e Storico

Nella Vita del Beato Berardo scritta da Giovanni di Segni, ricostruita di recente ed editata in francese e in latino dal prof. Jacques Dalarun, sono presenti più di cinquanta toponimi di località di epoca romana, per lo più collocati nella Marsica e nell’Abruzzo centrale, dove Berardo operò prodigi e dispiegò il suo pastorato, inaugurando una nuova arte di governo della Chiesa, incarnando un modello vescovile tipicamente Gregoriano.
Alcune di queste città romane vennero individuate attraverso un’appassionante avventura culturale che vide coinvolti alcuni cultori di storia locale, collaboratori della rivista di studi e ricerche Aequa; per altre si suggerirono delle ipotesi di lavoro: tra queste vi era Virilassi, prospettando che potesse trattarsi di un insediamento antropico prossimo a Civitas Marsorum, l’odierna San Benedetto dei Marsi, caratterizzato dalla presenza di un anfiteatro. Il reperimento di alcune fonti documentali confortano l’ipotesi formulata e l’enigma della Virilassi romana può, quindi, considerarsi risolto.
Nella propria tesi di laurea Fernique E., De Regione Marsorum. Thesim proponebat Facultati Litterarum Parisiensi, Lutetiae Parisiorum, Apud E. Thorin Bibliopolam et Editorem, mdccclxxx, pp. 74-80, scrive: Fuori delle mura, verso settentrione, vi sono ruderi di un anfiteatro; esso era lungo circa sessantacinque passi (m. 95), largo cinquantuno (m. 75); si può ancora vedere una porta, ma l’arena, a poco a poco, è stata ricoperta di terra né ormai si vedono vestigia di sedili”.
Nel secolo scorso, il direttore dell’Ufficio Tecnico del comune di Avezzano Loreto Orlandi, ispirandosi ampiamente alla Relazione del 15 maggio 1891 all’onorevole Commissione conservatrice di monumenti, di antichità e belle arti, della provincia dell’Aquila, sugli avanzi dell’antica Marruvio ne’ Marsi di Francesco Lolli (in Jetti G., La Marsica in due secoli, tra intellettuali, sovversivi e latifondisti, con una silloge di documenti inediti e rari, Avezzano, Ed. Kirke, 2012, pp. 69-96), pubblicò un prezioso volume (Orlandi L., I Marsi e l’origine di Avezzano, Napoli, Loffredo Editore, 1967, pp. 5-6. Le notizie sono state ricavate nella “nota biografica” di Palanza U. M.) con una descrizione dell’Anfiteatro ancora più accurata: Il solo resto visibile di fabbrica è un quarto del
Ipotesi della forma
architettonica del'Anfiteatro
perimetro ellittico, compreso fra l’estremità sud dell’asse maggiore e l’estremità est del minore, presso cui si nota una cella con parete frontale di m. 1,80 e lati di m. 2,00 con rivestimento a grossolano reticolo.
All’estremità sud dell’asse maggiore emerge dalla fossa una volta a botte a forma di androne con corda di m. 3,50 e freccia di m. 0,90 nella parte emergente sul rinterrato fossato.
Esternamente all’arco di fabbrica ellittico, a partire dall’estremità est dell’asse minore, si veggono a fior di terra cinque pilastri convergenti al centro dell’elissi, equidistanti fra loro di m. 4,00 e ciascuno largo m. 0,70 e lungo m. 2,50, La loro giacitura fa congetturare che appartenevano al porticato esteriore ed agli androni che se ne dipartivano, dando ingresso al vomitorio ed all’arena.
La presenza dei cinque pilastri esterni permette di ricostruire nelle sue proporzioni l’intero anfiteatro.
Aggiunti circa tre metri della lunghezza dei pilastri alle quattro estremità degli assi sopra misurati, si ha l’asse maggiore di m. 98,00 e quello minore di m. 82,00 e dando questi diametri una elisse perfetta, è da ritenere che tale calcolo sia esatto.
Facendo la proporzione tra queste misure e quelle dell’anfiteatro Flavio, che ha l’asse maggiore di m. 187,00 ed il minore di m. 155 e nell’arena rispettivamente di m. 85 e 53, nonché l’altezza totale di m. 49, risulta che gli assi dell’arena dell’anfiteatro di Marruvio sarebbero stati rispettivamente di m. 52 e m. 36, cosicché questo era grande oltre la metà del Colosseo.
È così sempre con tale confronto l’altezza totale dell’edificio deve calcolarsi a circa m. 25,00, che permette tre ordini di arcate sovrapposte e la capienza ragguagliata fra i trenta ed i trentacinquemila spettatori, che se può sembrare eccessiva in una città compresa nel perimetro di tre chilometri, non parrà più tale se si tien conto che agli spettacoli dovevano accorrere abitanti di tutta la Marsica e dei paesi finitimi.
Considerando infine che una ellisse con i diametri di metri 98 e 82 dà luogo a sessanta archi di m. 4,00 di luce impostati su pilastri spessi m. 0,70, dei quali archi quattro in corrispondenza delle testate degli assi rimanendone da questi intersecati giusto nel mezzo, possiamo ricostruirci l’aspetto dell’anfiteatro di Marruvio con tre ordini di arcate e con sessanta archi per ognuno”.

Marruvium o Civitas Marsorum
odierna San Benedetto dei Marsi
Per approfondire la ricerca a questo collegamento ipertestuale potrete trovare il saggio completo di Paolo Emilio Capaldi. Qui,invece, la relazione integrale di Francesco Lolli.






La vera storia del "saccheggio" di Colli

L'ingresso del castello dei Conti dei Marsi di Colli
Le note manoscritte che ci ha lasciato Giuseppe Mantica, si rivelano sempre più importanti per comprendere la storia di Colli. Il 9 Marzo 1821, quando le truppe austro-ungheresi attraversarono il nostro paese per raggiungere Napoli per sedare i moti rivoluzionari,secondo il Coppi Colli fu dato alle fiamme e saccheggiato; per Don Paolo Panegrossi fu solo saccheggiato, ora finalmente abbiamo la fonte, di tradizione orale, di Berardo Anastasi (postino a Colli nel secolo scorso), trascritta dal dr. Mantica, che apprese le notizie contenute nel suo racconto dal nonno Giò Domenico Anastasi.
"Il capo dei Carbonari di Colli era Giò Francesco De Carolis. Fu preso prigioniero dai Borboni e la sua casa fu saccheggiata. La famiglia fuggì a Nespolo. Per riscattarla furono pagati molti ducati, La famiglia rimase in miseria e la famiglia Panegrossi  fece loro trebbiare per lasciaglerli un Barcone di grano (10-15 q.). Ciò fu raccontato a Berarduccio dal nonno che, allora aveva 9 anni circa e che poi sposò la figlia del De Carolis". (Nella realtà ne aveva cinque in quanto Giò Domenico nacque nel 1816).
La composizione della famiglia De Carolis
Come si evince da questa pagina qui a fianco, tratta dello stato delle Anime di Colli, redatto dall'8 Agosto al 31 Dicembre 1821, la famiglia di Giò Francesco De Carolis, risiedeva di nuovo a Colli, ma il decesso della madre e della consorte del capo dei Carbonari di Colli, segnalano, probabilmente, che la terribile esperienza ebbe conseguenze tragiche. Va, inoltre, aggiunto che il 20 Giugno del 1821 Angelarosa mise al mondo un altro erede.
La pubblicistica dell'ottocento ha dato una narrazione donchisciottesca dell'avvenimento di quella giornata, utilizzando espressioni sarcastiche ("furono sparate solo qualche palla di cannone" - Coppi), le note manoscritte del dr. Mantica, precisano con meticolosità: "Nell'anno 1931 furono rinvenute nel torrione della roccaccia (3) e nel cimitero di Colli (21) (+ 1 conficcata in una quercia della Valle della Mola) palle di ferro di cannone del peso di Kg. 21. Un affusto di cannone fu usato, con adattamenti, per carro agricolo fino al 1930 circa."
Nel corso delle ricerche intraprese per scrivere questo post, ho provato una profonda emozione nell'apprendere la correlazione di parentela della mia famiglia con quel capo dei Carbonari che aveva anteposto i propri ideali patriottici al conformismo ambientale, subendone una dura repressione. In quello slancio fatto di principi etici profondi ho rivissuto ardori giovanili anarcoidi/barricadieri.

Albero Genealogico parziale della famiglia Anastasi

Lo scopo della costruzione di questo albero genealogico parziale della famiglia Anastasi è quello di dimostrare il rapporto di parentela con la famiglia di Giò Francesco De Carolis e quindi non ha alcuna pretesa di esaustività. L'arborescenza del grafico è limitata al ramo di discendenza maschile della famiglia. Tra parentesi è segnalata la data di nascita dei singoli componenti, che si è tralasciata per i viventi. Quando possibile, si è fatto ricorso all'onomastica vernacolare.
Il contributo apportato da Giovanni Anastasi per ricostruire questa genealogia, è stato fondamentale.

La scomparsa della più antica chiesa di Colli

1786 . Le proprietà della chiesa S. Giovanni
Nella Bolla del 25 Febbraio 1114 indirizzata a Berardo, il papa Pasquale II, ridisegnava i confini della Diocesi dei Marsi elencando tutti i luoghi di culto sotto la sua giurisdizione. Per il nostro territorio, erano presenti le chiese di S. Maria in Cellis a Carsoli e di S. Massimo a Roccaccerro; a Colli non ne è menzionata nessuana: la ragione può essere, quella più ovvia, ossia l'assenza di qualsiasi edificio sacro, oppure come sospetta l'eminente storico francese della santità medievale, Jacques Dalarun, perchè la Diocesi dei Marsi era frammentata in più sotto Diocesi che facevano capo a Trasacco e Celano, oltre che a S. Sabina.
Nella Bolla di papa Clemente III del 1188 al vescovo dei Marsi Eliano, compare la chiesa di S. Giovanni a Colli. In poco più di settanta anni le chiese della Diocesi hanno avuto un incremento di oltre 500%: cifra astronomica, pur considerando che i vescovi gregoriani ebbero una frenetica attività edificatoria e sottolineando che la sede dei Marsi restò vacante per ventiquattro anni dopo la morte di Berardo. E' più verosimile pensare che, alla fine del XII° secolo, la Diocesi era stata riunificata e così si spiegherebbe perfettamente il numero elevato delle chiese presenti nella seconda Bolla. Non è da escludere, tuttavia, che la costruzione della chiesa di S. Giovanni, collocata all'interno del Castello dei Conti dei Marsi, possa essere stata promossa dallo stesso Berardo, nel corso del suo pastorato (1110 - 1130).
Visita Pastorale del 1690
Nel 1303 la chiesa è presente nel Libro delle Decime della Diocesi dei Marsi. Nella visita pastorale effettuata nel 1690 dal Vescovo Francesco Berardino Corradini, cambia nome: "Ecclesia S. Marie, seu S. Joanny in arce - Chiesa S. Maria, già S. Giovanni all'interno della rocca."  Nel 1 Dicembre del 1800 la parrocchia venne soppressa dall'autorità ecclesiastica alla morte dell'economo curato Francesco Gervasi. Il 18 Agosto 1814 il Re delle due Sicilie emanò il decreto che cancellava la vacante Cura della chiesa S. Giovanni Battista; i rappresentanti del comune di Colli (Antonio Panegrossi, Eletto; Benedetto Caroli, Decurione, Francesco P..., Decurione) promossero una petizione, rivolta al vescovo, nella quale con argomentazioni, oggettivamente risibili, peroravano la causa della presenza di due sacerdoti a Colli. Nell'atto di indirizzo si sottolineava la mancanza di manutenzione della chiesa per circa due secoli, pur avendo rendite cospicue (nel 1786 ascendevano a Lire Tornesi 310), evidentemente complentamete assorbite dalle spese per il sostentamento del clero e che la Sottocura era autonoma dalla chiesa Parrocchiale di S. Nicola, la quale era "...di posteriore erezione, ma di dati ignoti."

Utili consigli restati inascoltati

I "desiderata" del vescovo De Giacomo
Nell'imminenza di una seconda campagna di campionatura degli affreschi presenti nella chiesa di S. Berardo, che sembra si stia concretizzando attraverso una partnership pubblico/privato, ci è apparso interessante pubblicare queste note, vergate da don Paolo Panegrossi, che esplicitano le osservazioni sulla chiesa dedicata al nostro Patrono, del vescovo De Giacomo, in occasione della visita pastorale del 14 e 15 Maggio 1872 a Colli.
La prima informazione preziosa di questo documento è che i temi sviluppati nella narrazione pittorica della chiesa sono numerosi, perché si prescrive di "...rinnovarsi le iscrizioni quasi cancellate che sono intorno a varie figure." Questa eventualità sembra assumere ancora maggiore certezza nel paragrafo successivo quando si consiglia l'allargamento delle due finestre che insistono sulla parete sud per dare maggiore luce alla chiesa ma, si prescrive "...facendo gli sfondi al di fuori"; suggerimento formulato nella chiara intenzione di non arrecare danni eccessivi agli affreschi interni. Tutt'altre esigenze sembrano, invece, privilegiare i curatori postmoderni dell'edificio sacro che lo gravano di pesanti interventi (forature delle pareti) per esporre paramenti sacri, organigrammi della Confraternita, che potrebbero avere una collocazione più consona nella sagrestia posta dietro l'altare principale, riducendo così il rischio di danno antropico agli affreschi sottostanti.
Le mutilazioni della Conversione
Il Monsignore restò inascoltato anche sul divieto di costruire un "...finestrone tondo sulla porta", che di recente è stato provvisto di vetri multicolori, ad effetti cromatici sgradevoli e, completamente avulsi dalle linee architettoniche di costruzione dell'edificio sacro, risalente almeno al XIV secolo: si conferma l'ossimoro: "il miglior modo di distruggere è costruire."
La parete sud della chiesa di S. Berardo

Singolare Agorà a Colli nel Seicento

La pagina iniziale dell'Antica Scrittura
La copia di un'antica scrittura, conservata sino a metà del secolo scorso nell'Archivio Parrocchiale di Colli, ci rapporta una singolare adunanza di alcuni cittadini del nostro paese, il "12 di Gennaro 1657", per decidere se aderire ad una nuova proposta di cessione di beni per ottenere la celebrazione di una messa a suffragio perenne alla morte di Pietro Paolo di Camillo, il giovedì di ogni settimana, nella chiesa di S, Berardo.
La riunione ha luogo "nella solita stanza della Comunità" alla presenza del Camerlengo (in epoca medievale era il tesoriere del Re) Giò Francesco Simeoni e dei Massari,  verte sull'integrazione di beni da concedere in aggiunta a quelli già trasferiti all'Università di Colli con un precedente contratto (il termine Università non va inteso nell'accezione moderna ma nel significato storico del tempo, come sinonimo di Comune), per ottenere il privilegio religioso. Oltre ai sei ducati di Regno e ducati "tre per 3° per ciascun anno durante sua vita", concessi nel negozio precedente, venivano aggiunti ducati centoventi in "beni stabili" (i beni immobiliari attuali) alla morte dell'attore, Nella nuova convenzione vengono devoluti all'Università di Colli anche alcuni terreni, dall'ubicazione dei quali si può presumere, che il di Camillo non fosse un cittadino di Colli ma di Carsoli o di Roccaccerro: uno di essi confina con "l'ospedale", verosimilmente, si tratta dell'ospedale per i poveri che esisteva a Carsoli nell'area che oggi insiste intorno al ponte in pietra sulla Valeria in direzione di Colli ed a fianco del quale nel Settecento una cittadina del nostro paese farà edificare la chiesa di S. Antonio Abate; un altro è situato "nel Prato alle Prata della Roccha di Cerro con l'alberi." L'atto conclusivo è firmato ed approvato, edittalmente, da tutti i cittadini presenti.
Regolamento del 1857
Pur in presenza di una Confraternita di S. Berardo (attestata dalla visita pastorale del vescovo dei Marsi del 1623 a Colli), i beni furono devoluti ad una entità, il Comune, a priori laica e per una finalità oltremondana. Il documento che pubblichiamo ci fa comprendere le diverse fasi storiche che ha attraversato questa gloriosa istituzione della Confraternita di S. Berardo: nel Seicento completamente asservita al potere temporale; nell'Ottocento subordinata all'autorità religiosa; in epoca contemporanea, formalmente ancora soggetta al potere della Chiesa, ma nella realtà utilizzata per riconvertirsi nel mercato politico e per entrare a far parte del notabilato locale egemonico, rissoso nel suo interno, mosso soltanto dal "familismo amorale" e da strategie di affermazione sociale.

Il Blog di Colli nella WayBackMachine

Cattura/Immagine del Blog di Colli
Il Blog di Colli, dal 2013, è inserito nella WayBackMachine della Biblioteca digitale di Internet Aechive, che ha come scopo di consentire un "accesso universale alla conoscenza". I data center sono collocati a Redwood City e a Mountain Wiew, in California. E' la più massiccia collezione digitale di fermo-immagine del World Wide Web. I dati archiviati hanno un server-mirror nella Biblioteca Alessandrina in Egitto.
Internet arrchive è stato fondato nel 1996 da Brewster Kahle e la WayBackMachine è il servizio che consente di accedere a versioni archiviate di pagine Web del passato. Preservando questi artefatti è stata creata una Biblioteca digitale che è messa a disposizione, gratuitamente, di ricercatori, storici e studiosi. Questa sorta di eredità culturale, permetterà alla futura civiltà di avere una Memoria e di trarre insegnamenti dai successi e dai fallimenti di quella che l'ha preceduta: sarà uno strumento di analisi unico per gli storici del futuro poiché la società contemporanea produce sempre più artefatti in forma digitale.
Per visionare una della pagine del Blog di Colli, presenti nella WayBackMachine di Internet Archive seguire questo link. Per redigere il post, le informazioni sono state attinte da Wikipedia, alla voce Internet Archive.

Le due Parrocchie di Colli

Documento che infirma la datazione dell'Archivio vescovile
Pubblichiamo un interessante Stato delle Anime di Colli (censimento della popolazione), che l'Archivio Vescovile di Avezzano fa risalire, genericamente, ai primi anni del Seicento. Questa datazione siamo in grado di smentirla, confrontando il documento con altro conservato nello stesso luogo.
L'immagine qui accanto è l'atto con il quale il giudice della Camera vescovile di Pescina risolve la lite tra la medesima Curia ed un cittadino di Colli, Giuseppe di Oderisio, sulla proprietà contestata di un terreno agricolo.  All'udienza del 30 Aprile del 1698, il convenuto è assente in quanto è impegnato: "...nella Campagna di Roma a guarzone al carreggio del carbone..." ed è rappresentato da sua moglie Laura e dal cognato Tomaso di Leonardo; nello Stato delle Anime che pubblichiamo il nucleo familiare di Giuseppe di Oderisio è formato da lui  e dalle figlie Giovanna e Berardina. Laura non c'è perché, verosimilmente, già deceduta; pertanto il terminus ante quem di quel documento può essere solo coevo o successivo all'anno 1698.
Ricollocata la fonte in un contesto più appropriato, possiamo analizzare il suo straordinario valore storico per il nostro paese. Questo Stato delle Anime, tra i tanti che abbiamo reperito nell'Archivio Vescovile, colmi di cancellature e di integrazioni non datate che ne sviliscono l'interesse storico, suddivide i nuclei familiari nelle due parrocchie allora esistenti: quella di Gio Battista, che probabilmente insisteva nell'area che va dall'attuale Albergo di Sestilio Berardini al rione La Villetta, addossato al castello dei Conti dei Marsi; l'altra di San Nicolao a cui facevano riferimento i nuovi rioni collocati lungo la via Valeria e l'area intorno alla stessa chiesa di S. Nicola. Ogni componente dei nuclei familiari è individuato con il rapporto di parentela con il capofamiglia, a fianco, è riportata l'età.
Una pagina dello Stato delle Anime
Le famiglie di Colli erano così suddivise  (il numero che compare in parentesi è quello dei componenti):
PARROCCHIA DI GIO' BATTISTA: Giovanni Di Nicola (4); Domenico Di Fausto (7); Isidoro Di Fausto (3); Maria del Quondam... (4); Giacinto Di Tomaso (3); Domenico Di Aniceto (8); Filippo Di Carlo (7); Sisto del Quondam Giò Francesco (10); Stefano del Quondam Giò Francesco (5); Marcello Di Domenico (3); Tomaso Di Domenico (5); Tomaso Di Leonardo (4); Angelo Antonio Di Michelangelo (6); Giuseppe Di Odorisio (3); Domenico Di Carlo + Odorisio Di Carlo (8); Giò Battista Zazza + Mattia del Quondam Stefano (8); Felice Antonio Caroli + Angela Di Sisto (5); Ascanio Floris  + Alessio Simeoni (3); Adriano Floris (1); Pasquale Di Carlo (7); Giò Domenico Falgioneo + Berardo Falgioneo (10); Carla Di Gregorio (4); Giustino Di Giò Battista + Francescantonio (6); Giò Pietro Pennazza (2); Angelo Di Dio (7); Antonio Mancinij (5); Madalena Di Berardo (2); Carlo Latini (3); Verginia Feliciani (1); Giuseppe Berardini (7); Luisa Di Canale (5); Felice Antonio Simeoni (6); Domenico Antonio Simeoni (3); Giò Carlo Simeoni (5); Geronimo Simeoni (2); Calisto D'Anastasio (5); Giovanna Di Ascentio (9); Berardo Simeoni (2).
PARROCCHIA S. NICOLAO: Giò Maria Berardini  (4); Giò...Quondam Giò Francesco (2); Domenico Angelo Di Carlo (5); Carlo Antonio Caroli (9); Berardino Pignata (7); Giò Berardini (8); Prospero Prosperi (5); Angelo Di Nicola (6); Giò D'Aurelio (7); Cesare Di Gregorio (7); Antonio Lauri (3); Giò Carlo Simeoni (6); Antonio Latini (4); Antonio D'Aurelio (7); Cresiata Di Dio (7); Giò Simeoni + Antonio D'Ercole (7); Sante Di Domenico (5); Vittoria del Quondam Giò (3); Angelo Di Barnabeo (6); Giuseppe Ferri (10); Matteo Lauri (10); Andrea Lauri (5); Domenico Di Giò Angelo della Scarpa -l'odierna Licenza- oste dell'Osteria S.l.C. (8); Barnaba Lauri (5); Berardino Lauri (3); Silvestro D'Oratio (4); Giò Di Fabritio (3); Antonio Di Dario (2); Pietro Lauri (4); Bartolomeo Lauri (5); Giorgio Caroli (7); Domenico Di Antonio (4); Lorenzo D'Angelo (5); Nicola del Quondam Francesco (2); Antonio Di Marcello (5); Francesco D'Aurelio (6); Celestino Di Domenico (4); Alessio D'Amicis (4); Ignazio Di Dario (6); Francesco Caciotti di Oricola, Oste dell'Osteria di Colli (2); Filippo Parente  (3); Berardino Parente (4); Giuseppe Parente (7); Francesco Parente (8); Massimiliano Di Domenico (2); Fabritio Di Pietro (6); Sante D'Aurelio (8); Domenico Di Giuseppe (7); Giocomo Antonio di Antonio (3); Antonio Buldrini (6) Giò Battista .... (6); Matteo D'Aloisio (6); Filippo ... (7).
Gli abitanti complessivi erano 470 (188+282); 321 avevano meno di quaranta anni. Alcuni nuclei erano individuati solo con il nome del capostipite (Quondam) o erano formate da più famiglie che coabitavano; per le ultime due non siamo riusciti a decifrare la grafia del loro patronimico. L'onomastica di questo Stato delle Anime si ritrova diffusamente, nell'elenco dei parroci che avevano officiato a Colli (Floris, Pignata, Simeoni, già Simeonibus, Prosperi, Lauri). La famiglia Di Carlo, oggi estinta, commitente dell'affresco di S. Ambrogio nella chiesa di S, Berardo, era quella che contava il maggior numero di componenti. Non era ancora radicata nel nostro territorio la famiglia Panegrossi. Trova conferma l'ipotesi, presente nelle Note manoscritte che ci ha lasciato Giuseppe Mantica, che tra le prime famiglie ad abbandonare il rione Castello, per popolare l'asse lungo la Valeria, furono quelle dei Parente (tutte classificate entro i confini della Parrocchia di S. Nicolao) e quelle dei Simeoni (in maggioranza ancora residenti entro la giurisdizione della Parrocchia di Giò Battista, ma, una parte consistente di essa, già inglobata in quella di S. Nicolao). I conduttori delle due osterie censite, non erano autoctoni.

Mortalità infantile piaga endemica di Colli

I dati demografici di Colli 1753-1762
Il confronto, delle note manoscritte sul nostro paese che ci ha lasciato il dr. Giuseppe Mantica e i documenti che abbiamo reperito nell'Archivio vescovile di Avezzano, ci offre la possibilità di effettuare un affascinante viaggio tra le nebbie sibilline della storia passata di Colli e di scoprire  la stratigrafia sociale della nostra comunità nei tempi antichi.
E' noto che l'illustre umanista del secolo scorso ha esaminato accuratamente i documenti presenti nell'Archivio della chiesa parrocchiale di S. Nicola ed ora non più reperibili per l'incuria con la quale sono stati conservati nel tempo. Per gli anni che vanno dal 1753 al 1762 il dr. Mantica ha accuratamente annotato l'età dei decessi e quindi possiamo scoprire che in quel decennio la vita media a Colli era di 32,4 anni. Disaggregando i dati delle sequenze statistiche si può rilevare che coloro che erano riusciti a superare i primi anni di vita, avevano una longevità invidiabile per gli
Ragazzi di Colli (Foto:A. Barnabei)
standards del tempo: non sono infrequenti decessi avvenuti oltre gli ottanta anni di vita, come significativo è il numero delle persone decedute dopo i settanta anni di età. Agghiaccianti, invece, sono i dati della mortalità infantile: in quei dieci anni, otto bambini sono  morti prima di dieci giorni di vita; diciassette entro i quindici mesi; ventiquattro prima del compimento del decimo anno di età. Le cause erano ovvie: povertà, malnutrizione, esposizione al freddo, insalubrità delle abitazioni fatiscenti.
Censimento del 1814
Un altro documento interessante, proveniente dall'Archivio Vescovile di Avezzano, redatto da Antonio Panegrosso il 4 marzo del 1814, è il censimento del nostro paese, effettuato applicando tecniche non certamente di uso frequenti nel tempo. Abbiamo quindi una ripartizione della popolazione per età e per stato civile: L'85% della popolazione aveva un'età inferiore  ai 40 anni ed il numero dei celibi era superiore ai coniugati ed ai vedovi/e. Si precisava che tutta la popolazione era originaria della provincia ed è molto probabile che l'età delle donne coniugate fosse, generalmente, superiore a quella degli uomini. Questa intima convinzione è maturata dallo studio che ho avviato su tutti gli Stati delle Anime che i vari vescovi hanno lasciato dopo le loro visite pastorali a Colli e dove il fenomeno si osserva con una frequenza significativa e non irrilevante.

La tomba di Maria Panegrossi a Celano

La lapide di Maria Panegrossi a Celano

Giovanni Anastasi
CULTORE DI STORIA LOCALE

La ricostruzione dell’albero genealogico della famiglia Panegrossi di Colli di Monte Bove presente in questo Blog (collegamento) è stata resa possibile grazie alla collaborazione con Marcello, Alberto e Alessandro Mantica, insieme a Aldo e Silvana Panegrossi, eredi della famiglia stessa. Per mancanza di documentazione presenta ancora diverse lacune come, ad esempio, la data di morte di alcuni componenti. Una di queste carenze è stata colmata, grazie al ritrovamento da parte di Francesca Berardini, di una lapide durante una visita alla chiesa della Madonna delle Grazie di Celano. La chiesa, presso la quale il Vescovo Berardo si ammalò gravemente poco prima di morire (era il 9 settembre del 1130), è conosciuta anticamente con il nome di Sancti Joanni ad Caput Aquae. All’ esterno presenta una suggestiva cripta denominata “Cappella delle Anime Sante”. Al suo interno, se si guarda frontalmente nella parete a destra del piccolo altare, è collocata una lapide che riporta due nomi: “Maria Panegrossi in Carusi m. 9 VI 1876 e Dionisio Carusi m. 15 XII 1892”. Ipotizzato, immediatamente, una probabile provenienza da Colli di questa Maria Panegrossi, dopo aver consultato i documenti dell’Archivio di Stato dell’Aquila, possiamo affermare con assoluta certezza che si tratti di una componente della famiglia del nostro paese. Maria Scolastica Panegrossi (nome completo nell’atto di nascita) nacque a Colli il 14 febbraio del 1828, fu una dei dodici figli di Giannicola Panegrossi e Maria Speranza Latini, quindi sorella, tra gli altri, di Don Paolo, Arciprete a Colli nella seconda metà dell’800 e di Luigi Silvestro pro-sindaco del Comune di Colli intorno al 1860. Delle altre tre sorelle (quattro in realtà, perché Luisa morì a soli 2 mesi) era l’unica di cui non avevamo altre notizie biografiche, esclusa la data di nascita. Le figlie di Giannicola e Maria Speranza - Angela, Carolina Teresa e Filomena Loreta - si unirono in matrimonio, rispettivamente, con: Carlo Giacomini di Tagliacozzo, Antonio Carlizza di Villa Romana e Giovanni Pompei di Tremonti, tutti proprietari terrieri e benestanti di paesi vicini al nosreo. Lo stesso fu per Maria Scolastica coniugata con Giuseppe Carusi, figlio di Dionisio e della defunta Maria Troiani, famiglia benestante di Celano, matrimonio celebrato a Colli nel settembre del 1864. Maria morì piuttosto giovane a soli 48 anni e, per ora, ancora non conosciamo eventuali discendenti. Speriamo in futuro di poter aggiungere altri tasselli per avere un quadro  più preciso della ricca famiglia che per molti anni ha avuto un ruolo essenziale nella vita sociale ed economica di Colli di Monte Bove.

Siginolfum Comitem dona S. Vincenzo a Farfa

Regesto Farfense - Atto con cui Siginolfo dona la chiesa di S. Vincenzo a Farfa


Il documento che pubblichiamo è di un eccezionale valore storico in quanto è tratto da un rarissimo esemplare del Regesto Farfense (la copia in nostro possesso proviene da una importante Università Americana) e attesta la presenza della famiglia comitale dei Conti dei Marsi nella nostra area territoriale nell'XI secolo.
L'atto di donazione della chiesa di S. Vincenzo al Monastero S.ta Maria di Farfa, redatto dal "Iudex et notarius Rainaldus",  è datato 1062, mese di febbraio, indizione XV; rappresenta uno strumento di analisi ontologica per comprendere come è stato costituito il patrimonio di alcuni monasteri in epoca tardo-antica. Dopo il fallimento del tentattivo di costituire una diocesi autonoma a Carsoli, Siginolfo "... filium berardi comitis qui sumus habitatores castelli sancti angeli territorii carsulani...", temendo per la salvezza della propria anima "... et genitoris ac genitricis meae et coniugis meae...", spera di procurarsi per sé e per i suoi parenti l'indulgenza plenaria, concedendo la chiesa di S. Vincenzo al monastero di Farfa.
I confini dell'edificio sacro sono accuratamente descritti: "...A capitem viam, A II° latere fossatum, A III°latere alium fossatum, A pede viam publicam -In alto una strada; al II° lato un fossato, al III° lato un altro fossato, in basso una strada pubblica-)". La viam pubblicam è, senza ombra di dubbio, il vecchio tracciato della Valeria che in quel tratto costeggiava il fiume Turano e seguiva la morfologia della valle medesima. Uno dei testimoni che controfirma l'atto, Burrelli, era un esponente della famiglia comitale, conte dell'attuale Borrello, località abruzzese situata tra Chieti e Castel di Sangro.
 

Disclaimer

Questo blog non rappresenta una testata giornalistica in quanto viene aggiornato senza alcuna periodicità. Non può pertanto essere considerato un prodotto editoriale ai sensi della legge n. 62 del 7.03.2001.