L'albero Genealogico della famiglia Panegrossi redatto dal Dr. Mantica |
Ricostruito l'albero genealogico dei Panegrossi
Questo testo è un'ulteriore smentita alle fantasiose ricostruzioni sull'origine della famiglia, nel Seicento, apparse su un periodico locale e sul portale di informazione locale Terremarsicane. Avevamo già dimostrato, in un precedente post, che non vi era traccia dei Panegrossi a Colli nella seconda metà del Seicento ed avevamo pubblicato il primo documento che attestava la loro esistenza nel nostro territorio, grazie al professore Adolfo Bultrini che ci aveva fatto pervenire l'atto di matrimonio tra Antonio Panegrossi e Angela Romana Carlizza del 1782. Era la stessa fonte che, autonomamente, il dr. Mantica aveva rintracciato nella seconda metà del secolo scorso.
Il manoscritto ci propone anche un'interessante novità: il tratteggio di uno stemma araldico che per l'iconografia fa pensare ad una origine nobile della famiglia Panegrossi. La presenza, nella referenza iconografica, di monti trilobati ricorda lo stemma della famiglia comitale dei Marsi (cinque monti).
Infine seguendo questo collegamento ipertestuale si ottiene, in download xls, una più accurata ricostruzione dell'albero genealogico della famiglia Panegrossi che è il frutto della collaborazione di Marcello, Alberto e Sandro Mantica con il Dr. Aldo e Silvana Panegrossi.
Agli albori della storia di Colli
Un periodo scarsamente studiato della storia di Colli è quello della sua probabile fondazione. Spesso l’aneddotica, il mito fondante del Paladino Orlando e la sua spada Durlindana,
rispolverato anche di recente sui social network con risvolti decisamente esilaranti, prendeva il sopravvento sulla ricerca scientifica rigorosa:
tra le tante ipotesi frivole che ci è capitato di leggere soltanto due contributi, legati, in verità, più alla linguistica che alla ricerca storiografica e, una lontana eco, nelle Annotazioni delle Memorie storiche... di don Paolo Panegrossi ci sono parsi come lodevoli sforzi per comprendere questo evento cruciale del nostro
paese.
Gli scavi che l’école français de Rome ha condotto lungo la valle del Turano dal 1993 e la pubblicazione del voluminoso carteggio relativo ai sondaggi svolti che hanno rivelato le due fasi di “incastellamento” del territorio, unito al prezioso lavoro di ricerca effettuato sui documenti castrali del Regesto Farfense e sulle vicende dinastiche della famiglia dei Conti dei Marsi nell’area, ci consentono ora di comprendere meglio, almeno la temperie storico-sociale, nella quale è stato costruito il castello, primo nucleo abitativo dalla espansione del quale sorse Colli.
Genealogia dei Conti dei Marsi |
La prima attestazione documentale della presenza dei Conti dei Marsi nella media valle del Turano risale al 1030; ma i possedimenti della famiglia comitale in territorium carsolanum risalgono alla seconda metà del X secolo ed è altamente probabile che il castello di Colli sia stato costruito in questa epoca, prima come baluardo alle esondazioni saracene dalla valle del Turano, poi entrando a far parte di un sistema di difesa speculare che comprendeva il castello di Oricola e di Carsoli.
Al primo posto dei proprietari fondiari della valle del Turano figuravano i Conti dei Marsi e di Rieti. Dopo la morte del capostipite Berardo I (947-972), suo figlio Rainaldo II (972-1000) gli successe come Conte dei Marsi, mentre un secondo figlio Teodino (970-1000), divenne Conte di Rieti.
Il tentativo della dinastia di radicarsi profondamente nell'area è testimoniata dalla creazione di una effimera Diocesi di Carsoli dal 1050 al 1056 (vescovo Attone) e di ritagliarsi un territorio ben munito e fortificato procedendo al cosiddetto "primo incastellamento" della media valle del Turano, come hanno confermato gli scavi dell'école français de Rome nei territori di Offiano e Montagliano. Dal 1060, la rottura della solidarietà familiare, determinò lo smembramento di questi possedimenti a vantaggio dell'abbazia di Farfa.
Al primo posto dei proprietari fondiari della valle del Turano figuravano i Conti dei Marsi e di Rieti. Dopo la morte del capostipite Berardo I (947-972), suo figlio Rainaldo II (972-1000) gli successe come Conte dei Marsi, mentre un secondo figlio Teodino (970-1000), divenne Conte di Rieti.
Il tentativo della dinastia di radicarsi profondamente nell'area è testimoniata dalla creazione di una effimera Diocesi di Carsoli dal 1050 al 1056 (vescovo Attone) e di ritagliarsi un territorio ben munito e fortificato procedendo al cosiddetto "primo incastellamento" della media valle del Turano, come hanno confermato gli scavi dell'école français de Rome nei territori di Offiano e Montagliano. Dal 1060, la rottura della solidarietà familiare, determinò lo smembramento di questi possedimenti a vantaggio dell'abbazia di Farfa.
Ritrovata la "Virilassi" della vita di Berardo
Vista dell'anfiteatro romano a San Benedetto dei Marsi |
Nel ricostruire la leggenda di Berardo, il professore Jacques Dalarun, che poi pubblicò, in francese, nelle Publications de la Sorbonne e, nella versione latina, con un'ampia ricostruzione filologica, presso la Société des Bollandistes di Bruxelles, non riusciva ad individuare questa località "Virilassi". Un'appassionante ricerca storica condotta da alcuni redattori delle rivista "Aequa" fornì gli elementi, all'illustre studioso francese della santità medievale per identificare questo toponimo arcaico con un villaggio collocato nei pressi dell'anfiteatro romano di Civitas Marsorum, l'odierna San Benedetto dei Marsi.
Colli nel Seicento aveva molte altre chiese
La nota manoscritta di Silvestro Floris |
La prima informazione riguarda il consistente numero di Prelati presenti a Colli in quell'epoca: Domenico Parente, Silvestro Floris, senza beneficio, Pirro Parente, Romolo Floris ed il Chierico Antonio de Prosperis (o Prosperi). Dal frammento della Visita Pastorale del 1640 del Vescovo dei Marsi Lorenzo Massimi (la relazione non è firmata ma attribuita dalla catalogazione dell'Archivio Vescovile di Avezzano a questo Vescovo che esercitò il suo pastorato dal 1632 al 1647) apprendiamo che il redattore della nota manoscritta era stato nominato curato della chiesa parrocchiale S. Nicola da Philippi Columne (Filippo Colonna) e confermato dalla Bullas del Vescovo Bartolomeo Peretti, il 28 Agosto 1613. Domenico Parente era stato dotato di vari beneficis (proprietà) legati alla parrocchia S. Nicolai da Marci antoniis Columne (Marcantonio Colonna) e confermato dal Vescovo Bartolomeo Peretti il 28 (...) 1599. Questa pletora di chierici e le investiture prestigiose che li accompagnano, sembrano ulteriormente suffragare, l'ipotesi che formulammo nel corso della presentazione degli affreschi riportati alla luce nella chiesa di S. Berardo, il 1 Maggio del 2015, del particolare dinamismo economico/religioso di Colli nel XVI e XVII secolo, che favorì lo sbocciare di quel magnifico ciclo pittorico.
La nota manoscritta procede, poi, all'inventario delle reliquie presenti nella varie chiese e tra le tante ci piace segnalare quella dei "...capelli di S. Francesco".
Nel capitolo dedicato alle notizie sul paese, Silvestro Floris, c'informa che "...Anime numero 566" erano residenti. Le compagnie o confraternite erano tre: Santissimo Sacramento, San Berardo e Santissimo Rosario.
Frammento Visita Pastrorale |
L'espressione che utilizzò Paolo Panegrossi nelle sue Memorie Storiche, localizzando questa chiesa (annotazione 1), "la rocca...conteneva", si prestava a qualche equivoco: ora si ha la certezza che l'edificio sacro si trovava dentro il castello nella parte meridionale (approssimativamente dove ore c'è l'ingresso).
La nota manoscritta termina con la descrizione dei vari altari della chiesa di san Nicola e l'elencazione di alcuni libri presenti in canonica.
Gli affreschi della chiesa di S. Berardo su Aequa
La campagna pittorica della chiesa di San Berardo di Colli di Monte Bove, datata 1625/26 |
La rivista di studi e ricerche Aequa, nel numero 63 del mese di Dicembre 2015, pubblica eccellenti immagini sugli affreschi della chiesa di San Berardo, recentemente riportati alla luce, corredate da un articolo di commento a firma di A. Proietti.
Le chiese di Colli a fine Ottocento
In una memoria (collegamento ipertestuale al documento) che l’ex parroco di Colli, Paolo Panegrossi, inviò al Vescovo dei
Marsi il 7 Febbraio 1891, per richiedere
una messa di anniversario annuale (“un
funerale, il più semplice che usi in paese”) dopo la sua morte (che
interverrà il 28 Agosto 1898) come parziale risarcimento per i suoi continui
impegni finanziari per risanare le chiese di Colli, si possono ritrovare numerose informazioni sul loro stato di conservazione nella seconda metà del secolo XIX°.
Don Paolo
esercitò la sua missione pastorale a Colli dal 1868 al 1887. Il suo successore fu
un economo curato, quindi non un parroco
a pieno titolo, Alfonso Continenza
che si dimise nel 1891 e due anni dopo per ordine del Vescovo dei Marsi, venne
sollevato dall’incarico. Questa successione deve essere stata particolarmente
burrascosa e lo si intuisce sia dal linguaggio severo che
utilizza il Sacerdote di Colli (“[…] Quali
e quante fossero le rendite della Parrocchia or è dimostrato ad evidenza da
fatti giuridici.”) che dalla misura irrituale che il Vescovo fu indotto a prendere (spero di poter
prossimamente chiarire meglio questa vicenda analizzando i documenti presenti
nell’archivio vescovile di Avezzano). Dopo un periodo di vacanza, il 7 Febbraio
1898, nell’arcipretura di San Nicola fu designato Cesare Lucchetti, che sarà il Parroco più longevo (47 anni di
pastorato) dell'età Moderna e Contemporanea a Colli.
Don Paolo,
dopo aver ricordato di aver speso 500 Lire per ristrutturare la casa parrocchiale,
si sofferma su lavori nelle varie chiese di Colli che promosse o finanziò con
le proprie risorse economiche. Abbiamo così un affresco molto suggestivo del
nostro paese alla fine dell’Ottocento.
Chiesa di S. Berardo - La sagrestia aggiunta |
Nella chiesa di San Berardo, oltre ad aver risanato
il tetto ed effettuati alcuni ornamenti interni, fu decisa una misura radicale
per eliminare l’umidità perenne che affliggeva vari settori della chiesa: nella
parete confinante con l’antica Valeria “fu
eseguita alla maggiore profondità possibile uno scavo lungo tutta la parete
superiore e difesa con contromuro per lasciar libero il vuoto alla corrente dell’aria”.
L’altare che ospitava la statua del santo “inquinato
da umidità di ignota provenienza e per liberarvelo fu presa dai fondamenti con
solidità non ordinaria un’aggiunta alla chiesa stessa in forma di ferro di
cavallo da cielo a terra.” Questa descrizione ci fornisce una preziosa
informazione: la chiesa di San Berardo quando fu edificata (ad oggi, la fonte
più antica che attesta la sua presenza nel nostro paese, è il libro delle
Decime dell’anno 1303) aveva una forma rettangolare che non includeva l’attuale
spazio collocato dietro l’altare di san Berardo.
Gli interventi che Paolo Panegrossi promosse nella chiesa Parrocchiale di San Nicola
furono quello splendido soffitto a cassettoni
che, dopo i lavori di ristrutturazione del secolo scorso, ora è solo
parzialmente visibile e l’aggiunta di una “restrosagrestia
ampia e decente per conservare Sacri Arredi e Utensili di chiesa”.
Chiesa di S. Rocco - Il sapiente recupero |
Nella chiesa di san Rocco fu ricostruita la Cona che
raffigurava l’Annunciazione della beata vergine Maria “i cui muri erano di sostegno a quella piccola chiesa rurale. Fu
rifatta dai fondamenti la Cona nella quale manca ancora la pittura”. Da
questa descrizione particolareggiata si desume che solo successivamente fu
edificata l’edicola attuale che ora è unita alla chiesa di san Rocco.
Don Paolo Panegrossi, con la modestia
che lo contraddistingue e che dovrebbe essere da monito ai tanti personaggi
moderni sempre pronti a promuovere e valorizzare ogni loro azione, tralascia di elencare i
molteplici interventi che promosse a sue spesa nella chiesa palatina di
famiglia della Madonna della Speranza e le ingenti risorse che dedicò al risanamento
della strade di accesso a tutte le chiese di Colli.
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