COLLI

Colli di Monte Bove (AQ.), il Secolo Scorso

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Gli affreschi del prodigio di Berardo (1625)

Fig. 1 - Imperatore con corona
 La campagna per riportare alla luce gli affreschi della chiesa di San Berardo sta dando eccezionali risultati.
Le figure (1-5) sono la testimonianza dei primi motivi di cui si compone la rappresentazione pittorica del miracolo di Berardo nella conversione del Bravo dei Colonna Fancesco Di Ambrosio (che in seguito al prodigio mutò il suo cognome in Barnabei) e si possono ammirare un personaggio con una corona (sicuramente un esponente del potere temporale, probabilmente facente parte della famiglia Colonna, Fig. 1), contrapposto ad un vescovo (certamente Berardo, Fig. 2). Nella narrazione sinora rivelata non appare ancora l'uomo che si pente ma, altri dettagli, non descritti da don Paolo Panegrossi nelle sue Memorie, stanno emergendo, come questa gradevole figura femminile (a metà strada tra un'eterea creatura divina e una donna del tempo, Fig. 3) che rendono ancora più interessante la composizione.
Fig. 2 - Berardo, Vescovo dei Marsi
Gran parte della scritta di committenza è già visibile: Il testo è esattamente come riportato da don Paolo nelle Memorie, eccetto qualche piccola variante. Ora si legge: "FARE P. SVA. DIVOTIONE. A.D. 1625" (Fig. 4). Penegrossi invece scriveva: "FABRIZIO DI AMBROSIO F.F. PER VOTO A.D. 1626". Considerando che l'epigrafe non è ancora completamente svelata; che don Paolo, quando scrisse la sua opera (1867), gli affreschi erano già stati ricoperti e quindi non ebbe a disposizione una fonte diretta ma solo orale, il piccolo errore sulla data (un anno) appare sostanzialmente irrilevante. Il commitente, per ora, è identificato come "AMBROSIVS" (Fig. 5).
Fig.3 - Figura di donna
Fig. 4 - Scritta di committenza
Un'ultima annotazione: il volto di Berardo risulta straordinariamente somigliante a quello raffigurato nello stendardo, rinvenuto anni fa da Antonio Barnabei in una ricognizione effettuata nella sagrestia della chiesa san Nicola di Bari e di cui sinora non si era riusciti né a formulare un range di collocazione temporale, né un'attribuzione artistica. Lanciamo come ipotesi di scuola: la famiglia Di Ambrosio, sicuramente facoltosa in quanto rappresentante dei Colonna a Colli, potrebbe aver commissionato entrambi i lavori al medesimo autore, viste le affinità delle due opere?
Fig. 5 - Scritta di committenza, particolare
Altre scoperte interessanti si stanno facendo con il progredire dei lavori di campionatura delle due esperte operatrici sulle pareti dell'edificio sacro. Nella nicchia dove c'era la pala di santa Lucia, è apparsa questa scritta: " Pittore Corradini Francesco e aiutanti Luigino Gervasi Salvadei Andrea li pittarono l'anno 1933 19-5". E' verosimile che al disotto vi siano altri affreschi (Fig. 6).
Fig. 6 - Nicchia s. Lucia
Fig. 7 - Stele funeraria
Infine pubblichiamo questa stele funeraria (Fig. 7) presente nella chiesa di san Berardo. L'asprezza del testo, l'ortodossia ed il velo di livore che segnala il quinto capoverso, fanno pensare alle ultime volontà di uno dei tanti collesi le cui spoglie riposano sotto il pavimento della chiesa di san Berardo (ha svolto la funzione di cimitero succedaneo almeno sino al 1905). Il raro privilegio di una frase dedicatoria, non può che attribuirsi al collese più illustre che è lì sepolto, vale a dire don Paolo Panegrossi, (la morte, nel 1897 e, il luogo di sepoltura nella chiesa di san Berardo, sono attestati da un documento dell'Archivio Vescovile di Avezzano), malgrado la sua famiglia possedesse la propria sede funeraria nella cappella palatina della Madonna della Speranza (in uno spazio ricavato al di sotto della navata si trovano, in uno stato perfettamente conservato, i resti di due uomini, una donna e una bambina, verosimilmente esponenti della famiglia Panegrossi. All'interno di questo antro la temperatura è di 4 gradi, costanti in tutte le stagioni dell'anno).
 Poiché don Paolo era un rigoroso gesuita è possibile che abbia voluto marcare il dissenso con i costumi ...leggeri degli altri esponenti dell'illustre famiglia di Colli che, negli ultimi anni dell'Ottocento stavano dilapitando le enormi ricchezze accumulate nel corso dei due secoli precedenti, con donnine facili provenienti da Roma e che intrattenevano ad Arsoli, commissionando appunto, prima di morire, questa stele così singolare.

Il restyling del fontanile "alle prata"

Il fontanile "delle prata"
I cacciatori, i racoglitori di funghi e di more che in questo periodo frequentano la località "delle prata", avranno una gradita sorpresa nell'effettuare la tradizionale sosta al fontanile che insiste su questa zona; troveranno il manufatto completamente restaurato e sottoposto ad un restyling gradevole, in armonia con le linee architettoniche prevalenti nel sito.
Fonte Colle delle Parata come era (Foto: P.E. Capaldi)
L'opera finanziata dalla Comunità Montana "Montagna Marsicana", oltre alla sapiente ristrutturazione, è stata ulteriormente ingentilita dall'aggiunta di una nuova vasca che favorirà il ristoro di animali non provvisti di arti particolarmente poderosi. Il perimetro circostante, spesso melmoso, è stato bonificato con una pavimentazione a pietra incerta che renedrà fruibile la fonte anche nei piovosi mesi invernali. Un canale di scolo laterale che dal sito di accumolo dell'acqua arriva sino all'area di scolo del fontanile ridurrà ulteriormente la presenza di acqua stagnante.
L'opera è costata 17.500 €, finanziata dal Ministero dell'Ambiente e dalla Regione Abruzzo allo scopo di preservare la Batacrofauna, cioè tutti i quei vertebrati che allo stato larvale vengono denominati girini.
Queste precisazioni sul finanziamento dell'opera le dobbiamo a Paolo Emilio Capaldi.

ANALISI GEOLOGICA E DEI TOPONIMI DEL TERRITORIO DI COLLI
Gli ultimi "Calanchi" della catena fontecellese
Gli abitanti di Colli che hanno qualche lustro ...sulle spalle, hanno notato i cambiamenti e le trasformazioni orografiche che sta subendo la catena "fontecellese" nel versante prospicente l'abitato di Colli.
Oltre alle frane in atto ben visibili, oggetto della tesi di laurea del Dr. Gino Aniballi pubblicata su questo Blog, da qualche anno, nel versante di ponenete, stanno scomparendo i tradizionali "Calanchi" calcarei.
Queste evoluzioni hanno fatto germogliare, ai due geologi di Colli, (D.ssa Tullia Anastasi ed il citato Dr. Gino Aniballi) l'idea di realizzare un video per illustrare le caratteristiche geologiche del territorio di Colli, nonché di analizzare l'origine di alcuni toponimi.
Il coordinamento tecnico sarà assicurato da Giovanni Anastasi.

Un progetto di cimitero alla "Roccaccia" (1817)

Il Progetto del cimitero alla "Roccaccia" (1817)
Un interessante studio sui progetti dei cimiteri di Carsoli e delle sue frazioni, in ottemperenza alla legge borbonica dell' 11 Marzo 1817, è apparso sul Foglio di Lumen, Miscellanea 39, Agosto 2014, a firma di Michele Sciò. Il testo è corredato da una serie di immagini (quì pubblicata quella di Colli), provenienti dall'Archivio di Stato dell'Aquila, che raffigurano i criteri archietttonici che si dovevano seguire nella progettazione dei cimiteri, ma, l'niziativa non raggiunse l'obiettivo totemico per ragioni finanziarie.
L'esigenza di tumulare i defunti in un luogo chiuso e collocato a distanza dai paesi, diventò impellente nei primi anni dell'Ottocento, per le frequenti epidemie provocate  dall'uso di seppellire i morti nelle chiese o in delle pievi. Colli fu l'ultimo paese, tra quelli del circondario di Carsoli, ad avere l'attuale cimitero (1905) e ancora oggi i resti di misere spoglie si trovano nei sotterranei della chiesa di san Berardo e di san Nicola.
Nella chiesetta gentilizia della famiglia Panegrossi (ora Mantica) si trovano, in uno stato di conservazione eccezionalmente integro, le salme di quattro componenti la prestigiosa famiglia di Colli (due uomini una donna e una bambina).  La temperatura del luogo di sepoltura è di quattro gradi costanti in qualsiasi periodo dell'anno.
Ringrazio il Presidente dell'Associazione Lumen, don Fulvio Amici, per la cortese disponibilità menifestata nell'accordare il consenso alla pubblicazione della referenza iconografica.

C'è un pò di Colli nella nuova Letteratura Italiana

Copertina
Tra gli autori emergenti della letteratura italiana contemporanea c'è anche Emanuele Velluti, nelle cui vene scorre un pò di sangue collese, che con questa sua ultima fatica letteraria, è al secondo romanzo pubblicato.
In Sovrastare il Destino, il nostro autore immagina un racconto fantastico i cui eroi sono personaggi tratti dalla realtà quotidiana e personificati dai suoi amici più cari. Si ritrovano i temi consueti trattati da Emanuele ma ci sembra che la scirttura sia più matura e notevolmente più intimista.
Nella medesima pagina anche le istruzioni per scaricare l'applicazione per la lettura gratuita degli e-book in formato Kindle.
La versione epub è in download gratuito qui

Le lotte per il castello di Colli nel Trecento

Fig. 1 - Il frontespizio del prezioso volume
Il recupero di questo prezioso volume del 1903 da parte di Paolo Emilio Capaldi, ci ha consentito di circoscrivere meglio le vicende complesse che hanno caratterizzato la lotta per il possesso del Castello di Colli nei primi anni del Trecento, a conferma della sua eccezionale importanza strategica nell'alto medio evo.
La scoperta del testo è ancora più decisiva in quanto le pergamene dell'Archivio Orsini citate sono andate perdute o, comunque, non sono reperibili tra le risorse digitali online dell'Archivio Storico Capitolino che, come è noto, ospita una parte dell'Archivio Orsini (quella più cospicua è conservata all'UCLA di Los Angeles. Nutro il progetto, nei prossimi giorni, di interloquire con la dott.ssa Mori, responsabile dell'archivio Orsini di Roma, per tentare di rintracciare queste pergamene).
Il 16 Gennaio 1307, il re di Sicilia Carlo II, ordina al Giustiziere d'Abruzzo Ultra di "rimettere in possesso" Giacomo Napoleone Orsini, conte di Tagliacozzo, della sesta parte del castello di Colli, illegalmente occupata da Francesco de Pontibus (1). L'ingiunzione regia o fu disattesa dal Giustiziere oppure dopo una prima restituzione il castello fu di nuovo occupato  da Francesco de Pontibus (la lettura attenta dell'incipit della pergamena fa propendere per questa seconda ipotesi), perché il 4 Aprile 1311, un Decreto di re Roberto di Sicilia ordina di nuovo, questa volta al Giustiziere dell'Abruzzo Citra, di far restituire a Giacomo Napoleone de filiis Ursi, "la sesta parte del Castel dei Colli", specificando "toltagli con violenza da Francesco de Pontibus."
Fig. 3 - Seconda ingiunzione

Fig. 2 - Prima ingiunzione
Sempre nello stesso volume è citata questa ulteriore pergamena che attesta la rilevanza storica che assumeva il nostro paese, identificato come detentore di così vaste terre da potersi considerare un Feudo. Infatti nell'anno 1340 (non sono specificati il giorno ed il mese): "Nella città di Tagliacozzo davanti alla chiesa di S. Cecilia Pietro D. Riccardo Frangipane di Cisterna, Loreto di Santa Maria da Valle, beneficiati di San Pietro di Roma, Roberto di Capistrello, Napoleone di Colli, Cola Molo di Tivoli, attestano che il magnifico Orso di Giacomo di Napoleone de filiis Ursi, destinò a suo procuratore generale Giacomuccio Lalli da Visso, suo famigliare per l'acquisto di alcuni beni feudali nel castello di Colli".
Tutte le referenze iconografiche ci sono state inviate da Paolo Emilio Capaldi che si ringrazia.
Fig. 4 - Nomina procuratore





(1) La famiglia de Pontibus fu detentrice, probabilmente in condominio con altri signori locali, della Contea di Tagliacozzo, dal 1130 (fine della dinastia dei Conti dei Marsi) sino al 1270 quando Risabella de Pontibus, consorte di Giacomo Orsini e unica figlia del conte di Tagliacozzo Bartolomeo de Pontibus e di Maria d'Aquino, testa a favore del proprio coniuge il trasferimento della medesima contea.

Lo scempio dei "Vallimpuni"

Questi marroni dei "Vallimpuni" saranno ormai solo un ricordo
Il paesaggio lunare dei Vallimpuni



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Una foresta secolare di castagni, sita nella località dei "Vallimpuni" di Colli di Monte Bove, non esiste più per la cupidigia degli uomini e per la furia iconoclasta di distruggere quello che la natura aveva impiegato centinaia di anni a costruire.
Nel corso dell'estate questo posto incantato, dove non penetrava un raggio di luce nemmeno quando il sole era allo zenith; gli alberi erano delle meravigliose sculture modellate dal tempo e dagli agenti atmosferici, è stato raso al suolo; devastata l'orografia del terreno con l'utilizzo di trattori a cingoli i cui segni indelebili sono ancora visibili, nonché la vita del sottobosco fatta di felci, funghi porcini, delicate fragoline e quei gustosi marroni qui rappresentati in una foto d'epoca.
Le piante secolari recise
Mi è stata raccontata una storia, che ha dell'incredibile, di come sia stato perpretato questo scempio: diritti alienati da non proprietari, sostituzione di persona addirittura non pù vivente, ecc. Siccome non ho potuto verificare questa versione, malgrado ad agosto mi sia recato due volte alla sede del corpo forestale dello Stato di Carsoli senza mai riuscire ad interloquire con i militari, mi limito a riportare le asserzioni più sbalorditive che mi sono state fatte. Dai frutti di questi alberi di castagno i nostri avi avevano tratto i mezzi per sfamare le loro famiglie nel corso dei duri e rigorosi inverni della prima metà del secolo scorso; le piante ed il terreno sottostante erano oggetto di una cura meticolosa (innesti, pulizia), rappresentavano un sapere contadino ontologico.
Rami restati al suolo
Le "statue" divelte
Sul terreno ora giacciono scheletri di alberi rinsecchiti, resti del taglio lasciati in deposito. E' rispettoso delle leggi tutto questo? Possibile che le autorità preposte al controllo siano impotenti almeno nell'imporre una sistemazione del territorio che possa favorire l'eventuale ricrescita del castagneto?

Gli affreschi della chiesa di S. Berardo (2)

Fig. 1 - Il pentimento di F. De Ambrosio (?)
Fig. 2 - Particolare del Pontefice
Antonio Proietti, noto cultore locale di storia dell'arte, ha spesso smascherato "arabiche imposture" nella descrizione e nell'analisi di affreschi ed iscrizioni lapidee del nostro territorio. Molti si adontano per la sua proverbiale precisione, noi invece siamo lieti di accogliere queste sue puntualizzazioni sui primi affreschi rinvenuti nella chiesa di S. Berardo di Colli di Monte Bove.
In primo luogo il suo attento lavoro fotografico ha fatto apparire particolari sfuggiti alla nostra prima analisi: i due personaggi principali, intrattengono il loro ipotetico dialogo, sotto la supervisione di un Papa, riconoscibile dalla Tiara che indossa e che troneggia, con autorità, sull'azione scenica. Inoltre il penitente ha le stimmati su una mano, particolare che fa pensare ad un ecclesiastico e, più segnatamente, ad un frate. La figura che riceve l'atto di contrizione, che abbiamo ipotizzato possa essere Berardo per il bastone pastorale vescovile, stringe con la mano destra un grosso volume, probabilmente un testo sacro dell'antichità.
Fig. 3 - Una collina o la chiesa di S. Berardo stilizzata?
Ma la grande novità è certamente questa nuova figura venuta alla luce che, seppur rappresentata con una tecnica pittorica piuttosto grossolana e scolastica, tuttavia racchiude motivi e dettagli d'indubbio interesse, che meritano di essere attentamente studiati, soprattutto quando potrà essere apprezzata l'intera narrazione pittorica (secondo don Paolo Panegrossi le due pareti della chiesa di S. Berardo sono ricoperte da pitture murali).
Come mostra la Fig. 3, sottoponendo l'immagine ad un ingrandimento elevato, tra i due personaggi principali sembrano potersi individuare gli elementi morfologici di una collina, o comunque di un rilievo geologico, non la stilizzazione della chiesa di S. Berardo come avevamo ipotizzato nel post del 16/09/2013. Dopo un'ulteriore approfondita ricognizione dell'affresco nella sua dimensione naturale, confermiamo la nostra prima impressione e ci permettiamo di dissentire -almeno su questo punto- con le dotte e pertinenti osservazioni di Antonio Proietti.

Berardino Simeoni, notaio di Colli (1676)

Località dei terreni di Colli nel 1700
Ordinazione Paolo Giovanni Domenico Bultrini di Colli







A conferma dell'ipotesi già formulata in un precedente post di questo Blog ("I... Fuochi di Colli di Monte Bove") di una consistente presenza di clericali a Colli nel corso del Settecento, concorrono anche questi due documenti che ci ha inviato il prof. Adolfo Bultrini, provenienti dall'Archivio Diocesano di Avezzano, riguradanti Berardino Simeoni nato a Colli il 15 giugno 1676 ( 11 marzo 1730) parroco di Rocca di Botte e notaio apostolico. Questi atti che prendevano il nome di Patrimonarie consistevano nell'elenco della dotazione di beni di cui venivano provveduti i seminaristi per il loro mantenimento e decoro dalle loro famiglie. Quello qui pubblicato, che riguarda il novizio Angelo Berardini di Colli, contiene altri elementi storicamente interessanti, come ad esempio le località dei terreni trasferiti in dote.
Il sigillo notarile di Berardino Simeoni
Alcuni di questi toponimi sono: "alli li frati", "Colle Palumbo", probabilmente l'attuale "colle paiume", "Fonti vive", "Cese di ....antonio". L'atto precisa, altresì, che ad Angelo veniva elargito anche "un Bove chiamato moricone" e "un cavallo chiamato colonnella". Seguono i nomi di alcuni testinmoni, Carolo Vincentio, Cristini Caroli, Dominici Angeli, ma, l'informazione più interessante è che tra questi testimoni c'era anche Barnabeo de Ambrogio che è un'altra conferma dell'eccellenza di storico di don Paolo Panegrossi. A Pagina 44 delle Memorie storiche... ci racconta di Fabrizio di Ambrosio, bravo dei Colonna, ritratto in uno degli affreschi, ora coperti da vari strati di tinteggiatura, della chiesa di San Berardo di Colli mentre si pente delle sue angherie ed invoca il perdono del vescovo dei Marsi; più oltre il sacerdote precisa che questo Fabrizio cambiò il suo cognome in Barnabei: ora questo antroponimo Barnabeo de Ambrogio, sintesi tra vecchio e nuovo, citato nell'atto, è una conferma - da fonte documentale - di quanto il fatto riportato sia attendibile.
Ringrazio l'ingegnere Massimo Basilici per la segnalazione della figura di questo illustre collese del passato.

Riscontri alle Memorie Storiche di don Paolo

Il Colera di Parigi
Colera Morbus attacca il Ministro - satira del XIX sec.













Abbiamo già avuto modo di sottolineare il rigore scientifico e l'attendibilità storica delle Memorie Storiche... di Don Paolo Panegrossi, ora ne abbiamo un'ulteriore riprova confrontando le notizie fornite sul Colera a Colli nel 1855 con le verifiche che si possono effettuare, disponendo online degli Archivi di Stato dell'Aquila sullo stato civile del periodo della Restaurazione (ringrazio Giuseppe Berardini e Giovanni Anastasi per avermi segnalato il link).
A pag. 14, nota 4, delle Memorie don Paolo afferma: "...Nel giorno 28 Agosto 1855 si manifestò in Colli il cholera... i morti non furon che 18 sopra una popolazione di men che 600... Giunse il giorno della festa della seconda domenica di ottobre. e la stessa mattina fu presa dal cholera una giovane, che ne moriva dopo pochi giorni... Da quell'ora in poi non vi furono più casi di cholera, ed i convalescenti si riebbero; e fu attribuito all'interecessione di Maria SSma". Il giorno è esatto quasi all'unità (il 26 agosto morì Rosolina Borgi di anni 40, anche se già in luglio si ebbero delle morti sospette) ed i morti sino al 14 ottobre, seconda domenica del mese, furono 16. Se si aggiungono i decessi successivi a questa data (in età comprese tra 30 e 58 anni, quindi verosimilmemente ancora attribuibili alla diffusione del morbo), si arriva al numero di 20 e, escludendo le morti del 3 settembre di Filippa de Carolis di anni 77 e del 1 ottobre di Luigi de Sante di anni 88, che potrebbero anche essere dovute all'età avanzata, si arriva proprio alla cifra riportata da don Paolo Panegrossi.
E' esatto alla lettera ciò che accadde il 14 ottobre, festa della Madonna dei Bisognosi, infatti, si ammalò Francesca Caroli di anni 30 che morì qualche giorno dopo, il 21 ottobre, come scritto nella nota 4 delle Memorie. Qualche perplessità, invece, desta quanto affermato in seguito "...da quell'ora in poi non vi furono più casi di cholera..." : qui ci sembra il religioso prendere il sopravvento sullo storico in quanto il 15 ottobre morì Sante Berardini di anni 50, il 21 appunto Francesca Caroli, il 19 novembre Flavia Jacoboni di anni 56, il 27 dello stesso mese Antonia Leonardi di anni 56; il 6 di dicembre perì Vittoria Leonardi di anni 58.
Fonti iconografiche: gallica.bnf.fr/Bibliothéque nationale de France

Il Film dell'epopea di Colli nella storia

La retrocopertina
Copertina del DVD
La storia di Colli di Monte Bove dall'età Longobarda all'epoca contemporanea. L'importanza dell'agiografia di Berardo illustrata attraverso l'analisi delle fonti medievali e moderne. Le vicende storiche della Marsica illuminate dal prezioso contributo di Sofia Boesch Gajano, professore onorario dell'Università 3 di Roma, costituiscono questo documentario realizzato con passione e competenza da Giuseppe Berardini e Giovanni Anastasi.
E' possibile fare richiesta del DVD inviando un'email all'indirizzo segnalato in "Contatti" al fondo di questo Blog.

Il tracciato della Valeria nel Settecento

La carta dell'abate De Revillas - Diocesis Marsorum
Jean-Baptiste Bourguignon d'Anville







Queste due carte geografiche della Diocesi dei Marsi, probabilmente coeve, risalenti alla prima metà del XVIII secolo, mostrano con un'accurata dovizia di particolari il vecchio tracciato della via Valeria a Colli di Monte Bove (qui identificato come Colle) prima dell'intervento coattivo della famiglia Panegrossi che ne fece deviare l'antico percorso proprio nel nostro paese per consentire l'attraversamento del rione Castello.
La prima carta del 1735, opera dell'abate de Revillas, fu redatta su commissione di Giuseppe Baronio, vescovo dei Marsi.
 La rappresentazione grafica della Marsica di Jean-Baptiste Bourguignon d'Anville, non datata, è inserita in un contesto geografico più ampio ed ha per titolo: "Italie centrale entre Civita-Vecchia Terracine Ponte-Corvo Celano" ma è altrettanto chiaro il percorso della Valeria a Colli.

Primo percorso guidato tra le bellezze di Colli

Il Sindaco di Carsoli (A. Barnabei)

La locandina del percorso
Il 18 Agosto è stato promosso dal comune di Carsoli il primo percorso storico-religioso-artistico dei monumenti di Colli di Monte Bove.
La prima tappa è stata la visita al castello dei Conti dei Marsi dove il Sindaco di Carsoli dr. Mario Mazzetti ha illustrato le finalità della manifestazione ed i progetti che l'Amministrazione ha in cantiere per il nostro paese. il Sacerdote Paolo Emilio Capaldi, assistente del capo istruttore delle guide AGESCI e profondo conoscitore della toponomastica dei monti carseolani/simbruini, ha brevemente esaminato le varie ipotesi sull'origine del nome di Colli; è quindi seguita un'illustrazione stororica del castello, sottolineando che vi è nato nel 1080 Berardo, vescovo dei Marsi dal 1110 al 1130 e le vicende che lo hanno caratterizzato nelle varie epoche storiche.
Chiesa Madonna della Speranza (A. Barnabei)
La seconda sosta è stata fatta nella chiesa privata della Madonna della Speranza. E' stata spiegata la sua collocazione architettonica, le opere di pregio che ha custodito (una rara edizione dell'immagine della Sacra Sindone, ora presente solo in copia, come in riproduzione è collocata sull'altare centrale una Madonna con bambino risalente al Quattrocento). La passeggiata è proseguita per la chiesa di San Nicola di Bari e ci si è soffermati, in particolare, sull'organo a mantice, sulla madonna lignea del XIII° secolo, ora la museo della Marsica di Celano, e soprattutto sullo splendido altare della Madonna del Rosario, recentemente restaurato, che risente di motivi rinascimentali (l'artista che lo ha creato è stato certamente influenzato da Raffaello e da Leonardo).
L'ingresso del castello dei Conti dei Marsi (A. Barnabei)
Nella chiesa dedicata a San Berardo è stato ricordato che sono presenti due affreschi, ora ricoperti da alcuni strati di vernice, che testimoniano due miracoli di Berardo (conversione del bravo Di Ambrosio e madre che implora il ritorno in vita del figlio) sfuggiti sia ai redattori alto/medievali della leggenda, che agli studiosi contemporanei. E' poi stato esaminato l'ampio dibattito internazionale che si è animato sulla figura di Berardo a partire dal 1973 da quando cioè Pierre Toubert nel suo testo già considerato un classico della storiografia contemporanea, Les structures du Latium méridional..., ha dedicato cinquanta pagine al nostro Berardo identificandolo come uno dei tre vescovi (insieme a Brunone di Sora e Pietro d'Anangni) che ha messo in pratica la Riforma Gregoriana della Chiesa Cattolica. La bella giornata si è conclusa a Piazza Palazzo dove è stata fatta eco della presenza della dogana del Regno di Napoli.

Colli fa parte della Contea di Tagliacozzo (1396)

Procura del Comune di Colli a Matteo di Macario di Andrea de Cellis
Questo è il documento originale presente nell'Archivio Storico Capitolino di Roma (Archivio Orsini, Pergamene, Regesto Presutti, segnatura II.A.10,004 catena 229) del 22 Febbraio 1396 con il quale i cittadini di Collis (Colle) danno mandato a Matteo di Macario di Andrea de Cellis ed altri (il suffisso de Cellis, autorizza a formulare l'ipotesi che Matteo risiedesse a Celle, l'odierna Carsoli), di prestare giuramento e fedeltà al re Ladislao davanti alle persone di Giacomo Orsini conte di Tagliacozzo e Nicola dell'Aquila, commissario regio.

Battaglia parlamentare per l'autonomia di Colli

Nei tre anni di vita di questo blog, in una sola circostanza non è stato dato seguito ad una richiesta di utilizzo gratuito di documenti riguardanti il nostro paese (rifiuto dell'Istituto LUCE di concedere un video del 1934 sulle grandi manovre militari del Piano del Cavaliere dove si può apprezzare un breve filmato girato a Colli). In un altro frangente (opuscolo su Chiesa di San Nicola) abbiamo preferito rinunciare alla pubblicazione in quanto ci s'imponevano limiti e restrizioni che snaturavano la filosofia della Rete.
Oggi, invece, per l'estrema attenzione che rivolge ai temi della diffusione della cultura e per la proverbiale disponibilità del professore Terenzio Flamini, pubblichiamo integralmente il suo studio apparso su Documenti e Ristampe - Il Foglio di Lumen Miscellanea 32, Anno 2012, Pietrasecca di Carsoli, dal titolo: Colli di Montebove. Le lotte per ritornare comune autonomo. Buona lettura. (download del saggio completo, in PDF, cliccando sull'immagine in alto a sinistra).

Passeggiata primaverile sui monti intorno a Colli

 di
Paolo Emilio Capaldi

La primavera è in arrivo sulle nostre montagne, la neve è presente ancora per poco nelle faggete che si alzano di fronte al nostro paese. Al di sopra delle foreste incominciano gli altopiani prativi frequentati dal bestiame e dagli armenti.
Il sole incomincia a scaldare un po’ di più ed ecco che i prati si costellano delle prime fioriture primaverili.
Prima d’illustrare la flora rinvenuta vorrei descrivere le condizioni climatiche precedenti questa primavera: la stagione invernale fu piuttosto arida, tant’è che una notevole e ripetuta nevicata nella prima decade di febbraio scongiurò la siccità delle sorgenti; in montagna le nevi raggiunsero almeno i due metri e mezzo d’altezza. Il mese di marzo si è dimostrato anch’esso poco piovoso e piuttosto soleggiato; in aprile il periodo poco prima della Santa Pasqua (domenica 8) risultò piovoso.
Galanthus nivalis L., Bucaneve
Descriviamo ora la passeggiata. Nella faggeta ecco apparire tra le macchie di neve il bellissimo Bucaneve, Galanthus nivalis L., della famiglia delle Amaryllaceae. Il fiore appare con il capolino reclinato verso il basso e dona al bosco un senso di nuova felicità: il grigio dei faggi, il colore scuro del terreno contrasta col bianco di questo fiore disseminato nel bosco.
Il nome deriva dal greco e significa latte – fiore per il suo colore bianchissimo.

Bellis Perennis, Margherite
Tra i primi fiori che biancheggiano come nuvole i pascoli vi sono le Margheritine cioè la Bellis perennis L., della famiglia delle Asteraceae. I capolini si aprono la mattina presto e si chiudono la sera e anche nei giorni nuvolosi.
Il nome deriva dal latino, “bellus”, che vuol dire grazioso, elegante per la semplice bellezza di questo fiore; il nome della specie, “perennis” si deve al suo perpetuarsi sui prati fin quasi la fine di novembre per poi ricomparire timidamente in marzo/aprile, ma già in gennaio nella fascia marina.
Crocus Vernus (L.) Hill

Un altro fiore comunissimo dei pascoli è lo Zafferano Minore, Crocus vernus (L.) Hill. Il fiore della famiglia delle Iridaceae ha come radice un bulbo ed è alto una decina di cm, generalmente di colore violetto.
L’etimo del fiore deriva dal greco, “filo”, che è riferito agli stami e lo stimma filamentoso di questo fiore. Gli è attribuita una leggenda mitologica greca: Crocus era un giovane che si trasformò in questo fiore per non aver ricambiato l’amore con la ninfa Smilace.
Eranthis Hyemalis (L.)
Un altro fiore, più raro dei precedenti è il Pie’ di Gallo, Eranthis hyemalis (L.) Salisb., della famiglia delle Ranuculaceae. Questo fiore dai petali gialli, a cui piace la frescura, sta scomparendo nelle basse pianure per prediligere la fascia montana. Nella flora d’Italia del Pignatti infatti, è segnalato fino ai 1000 m (ediz. 1982), invece, lo si può ritrovare sui nostri monti fino a 1400 m.
La pianta, più rara che mai, si ritrova ai margini delle radure. Il nome si riferisce ad “Er”, Primavera – Fiore. Il nome della specie, hyemalis richiama il freddo dell’inverno.
Un’altra pianta più comune che ama il fresco delle radure è l’azzurrissima Scilla Silvestre, Scilla bifolia L., della famiglia delle Liliaceae.
Scilla Silvestre
La pianta per radice ha un bulbo e si erge dal terreno con due strette foglie basali (bifolia) raggiungendo l’altezza media di una decina di cm.
Secondo il botanico Miller il nome le deriva dalla sua tossicità, nuocio – faccio male; la sua radice è un violento veleno, come alimento, tuttavia è usata in medicina.
Tussilago Farfara (L.)
Aggirandomi per i prati m’imbatto in un banco di argilla inumidita, ove crescono isolati dei bei fiori detti Tussilaggine, Tussilago farfara L., della famiglia delle Asteraceae.
Il bel fiore giallo nel suo stagliarsi dal terreno è rivestito nel fusto dalle foglioline cauline.
Il significato gli deriva dal latino tussis – tosse perché il fiore può essere utilizzato come medicamento contro la tosse persistente.
Gagea Villosa Sweet

Continuo a camminare in una zona con alcune pietre calcaree e m’imbatto nel piccolo ed elegante fiore giallo detto Gagea o Cipollaccio, Gagea villosa (M. Bieb.) Sweet, appartenente alla famiglia delle Liliaceae.
Il fiore delicatissimo ha come radice un bulbo, ha la caratteristica di aver ricoperto il fusto da una densa pelosità; è la sua prima comparizione che lascerà spazio nel mese successivo ad altre specie di Gagee lì intorno.


Segue...

Il Liber Baptizatorum di Colli dal 1901 al 1921

Don Cesare Lucchetti con il coro di Colli
Sino alla firma dei "Patti Lateranensi", i parroci hanno svolto anche l'attività preziosa ed insostituibile, di ufficiali allo stato civile, redigendo i cosiddetti "Registri dei Battesimi"  delle popolazioni di cui curavano lo spirito.
Nel periodo preso in esame (1901 - 1920), l'attività sacerdotale di Colli di Monte Bove è stata svolta ininterrottamente da Don Cesare Lucchetti (l'Aricpresbitura della chiesa San Nicola di Colli fu molto longeva: iniziò nel 1898 e terminò nel 1946) se si eccettua un periodo di latenza nel 1918, sostiuito dal parroco Pasquale Di Loreto. In venti anni si ebbero 587 nuovi nati (elenco completo qui; da segnalare, tuttavia un'alta mortalità infantile, non inferiore al 10% delle nascite): cifra impressionante se rapportata al tasso di fertilità insignificante di quesi ultimi anni.
Pietro Di Giovambattista
L'elemento che maggiormente risalta è la varietà degli antroponimi non più presenti nel paese: Penna, Antonelli, Pietrangeli, Feliciani, Ferlini, Amicucci, Galeone, Battagli per i genitori maschili; Cofini, Bani, Canduccini, Paverati, Puchiarelli, Nardoni, Zangrilli per le consorti. Significativa era l'esogamia, peraltro non limitata alle aree finitime: ad esempio Benedetto Cerroni, nato nel 1901 da Stefano Cerroni e Maria Falcioni, si unisce in matrimonio con Costanza Bugna a Nizza (Francia) il 14/04/1932.
Quanto all'onomastica, registrata un'ovvia frequenza di nomi ispirati alla figura di San Berardo e declinata in varie forme: Berardo/a, Berardino/a, ecc., non mancava di una certa fantasia: Crucifissa, Graziosa, Anastasia, Ermete, Olindo, Educanda, Ulderina, Sirio, Igino, Telesforo, Ligiero e Doralice.
Non esiste, inoltre, correlazione esplicita tra il numero dei matrimoni celebrati ed i nuovi nati nell'anno successivo a testimonianza di una sostenuta prolificità delle coppie già sposate (grafico qui sotto per gli anni di cui si dispongono i dati completi).
Il confronto tra Matrimoni e nuovi nati
A testimonianza di un'idigenza diffusa nel paese non è infrequente il caso in cui lo stesso Sacerdote espleta il ruolo di padrino del battezzante. Sua sorella, Cleonice Lucchetti, è madrina in altri 21 casi, sopratutto negli anni del primo conflitto mondiale.
A conforto della grande importanza di questi dati statistici, si può rilevare che in qualche modo registrano l'eclissi della famiglia Panegrossi che per 150 anni circa aveva determinato le sorti economico-sociali di Colli e che proprio negli anni immediatamente precedenti la guerra, per dissidi interni e investimenti poco oculati, disperderà l'ingente patrimonio familiare e il cui lustro verrà tenuto alto, in seguito, solo dall'eminente neurologo Giuseppe Panegrossi, medico personale della Regina Elena. Infatti mentre tra il 1901 ed il 1911 la famiglia Panegrossi è presente ben 11 volte con un suo esponente nel ruolo di padrino/madrina (Nicola, Giovanni, Giacomo, Margherita Trojani in Panegrossi), a testimonianza di un'intatta potenzialità economica, negli anni successivi espleterà questo compito una sola volta con Nicola Panegrossi nel 1921.
Tutte le immagini a corredo di questo post provengono dall'Archivio privato di Antonio Barnabei.
A. Granati - M. Quartini
Pasquarosa Caroli
Matrimonio E. Di Giovamb.

Chiara Zazza
Benedetto Caroli
A. Cerroni - P. Gervasi
 

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