COLLI

Colli di Monte Bove (AQ.), il Secolo Scorso

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Il burrascoso trasloco della Madonna lignea

Madonna lignea - tardo XIII
Oltre alle preziose note su Colli del papà, Marcello Mantica ci ha fatto pervenire la copia di alcuni fatti storici del nostro paese, il cui autore è ignoto, contenuti in quattro fogli di quaderno manoscritti di difficile lettura ed interpretazione.
Va subito chiarito che la qualità della fonte non è paragonabile con quella del dr. Giuseppe (già nelle prime venti righe vi sono errori evidenti: la famiglia dei Conti dei Marsi viene fatta risalire al tempo di Carlo Magno , mentre tutte le fonti ad oggi note, concordano nel collocare il radicamento della famiglia comitale nel territorio dell'odierna Marsica circa duecento anni dopo; la presa del castello di Colli nel 1821 viene attribuita al corpo dei Bersaglieri che a quell'epoca non era ancora costituito). Tuttavia le descrizioni di alcune realtà sociologiche riguardanti il nostro paese sembrano più attendibili e, comunque suffragate da riscontri, se non fattuali, almeno logico/deduttivi.
Tra i tanti avvenimenti descritti, ci ha incuriosito la ricostruzione del trasloco della Madonna lignea dalla chiesa di San Giovanni Battista (dentro il Castello, ora non più esistente) alla chiesa di San Nicola di Bari. L'anonimo estensore scrive: "Presso il palazzo di S.Berardo eravi una chiesuola sotto il titolo di S.Giovanni Battista dove vi si venerava quest’immagine dei Bisognosi, ora nella chiesa parrocchiale, il prete della casa Caroli Don Giansante? O dei Lauri, ordinò che quest’immagine fosse portata alla chiesa qui di S.Nicola [] che l’immagine la mattina seguente si ritrovava per donde fu presa e così tutti in processione la ripresero di nuovo e pensarono farle una cona tosto avvenne un forte temporale che distrusse il grande canale della grotta roscia che era tutto terreno coltivabile e per tale avvenimento il prete (diceva sor Gio Nicola Panegrossi) per diversi giorni andava giù e su dal castello al basso gridando cosa ho fatto io! cosa ho fatto io!! E morì ------ pazzo Colli nel 700."
Il foglio manoscritto dove è raccontata la storia
L'evento riferito ci sembra pertinente perché è collocato storicamente in modo corretto. Una fonte documentale, P. PANEGROSSI, Memorie storiche..., ed una materiale, nicchia chiesa di San Nicola datata alla base 1739, AA.VV., Architettura e Arte nella Marsica, U. Japadre editore, concordano nel ritenere che la traslazione dell'icona sia avvenuta nella prima metà del Settecento. Ancora più significativo è quel punto interrogativo posto dopo il nome del sacerdote Giansante Caroli che non era attivo a Colli in quell'epoca in quanto nato nel 1756 (quindi dopo il trasloco della Madonna lignea) e fu Arcipresbitero del nostro paese dal 1805 al 1833. Corretto, invece, il suggerimento che il sacerdote in carica potesse essere Giacomo Antonio Lauri, che fu in effetti curato della Parrocchia di Colli dal 1689 al 1738 (fonte: Archivio Vescovile di Avezzano). 
Ringrazio Giovanni Anastasi che mi ha fatto pervenire la sua interpretazione del manoscritto e che ho ampiamente utilizzato per editare questo post.

Vecchio e nuovo tracciato della Valeria

Il confronto tra i tracciati della Valeria negli appunti
del Dr. Giuseppe Mantica
Un interessante bozzetto redatto dal Dr. Giuseppe Mantica che mette a confronto il vecchio ed il nuovo tracciato della via Valeria nel tratto che va dal Km. 83+700 (altezza del "Colle delle Parata/Posaturo") al Km. 86+800 (vicinanze del "Valico di Monte Bove"), con l'aggiunta di alcune note manoscritte sulle opere di sostruzione, frutto evidente di ricognizioni effettuate in loco, ci consentono di avere una visione più completa delle due arterie.
La prima informazione che si ricava dallo studio attento di questo prezioso documento, è che il nuovo itinerario della Valeria (costruito nel 1880 circa), si sforza di seguire una linea meno tortuosa rispetto al vecchio percorso. I due tracciati, nel tratto considerato, praticamente coincidono al Km. 85+700 e raggiungono il punto di maggiore divaricazione (150 m.) poco prima del Valico di Monte Bove. E' segnalato, più imponente, rispetto a come si può osservare oggi, il muro di contenimento in massi poligonali squadrati ("m. 20 circa di muro di sostenimento in pietre levigate") collocato sulla parete nord del monte Guardia d'Orlando all'altezza del Km. 86 (anticamente Colle Zippa).
Dopo il Km. 85 è fatto rilevare che la vecchia Valeria, è completamente scavata nella roccia ma che, purtroppo, il piano viabile è stato parzialmente distrutto per allocarvi il nuovo tracciato.

Sui confini orientali di Colli

L'accettazione dei confini orientali di Colli
Quando ero ragazzo ho spesso ascoltato opinioni colme di livore verso gli abitanti di Roccaccerro. Alla fine degli anni sessanta del secolo scorso, nell'osteria di mio padre, sentii spesso discorsi bellicosi sui nostri vicini orientali perché avevano installato all'ingresso di Marsia una barra invalicabile che impediva di raggiungere con le auto i nostri territori che insistevano nella catena del monte Fontecellese. Si intonavano, invece, odi ireniche ai collesi più inflessibili nelle trattative per delimitare i confini, dopo l'esito della causa che restituiva a Colli i diritti di fruire di nuovo dei cosiddetti Usi Civici.
Questo documento inedito, datato 1746, che pubblichiamo (Archivio Vescovile di Avezzano), spiega in parte le ragioni di tanta acrimonia. E' la decisione con la quale "Pena di scomunica" (lite tra Collium e Arce Cerri sui confini, promossa dai Massari del nostro paese), il vescovo dei Marsi del tempo Domenico Antonio Brizi (1741-1760) impone che i confini orientali di Colli siano delimitati dal Colle Zippa (probabilmente la sommità attuale che si trova alla'altezza del Km 86,00 della Valeria), il prato della Fonte della Canale, Piscina e Terre Roscie (sicuramente la località oggi denominata Terrasassosa). Il giudizio precisa che l'Unità di Colli ha pagato la "Bonatenenza", un onere che i cittadini di Colli versavano ai Massari per sfruttare queste terre.
A conferma dell'importanza religiosa di Colli in quel tempo, l'atto è sottoscritto da Domenico Antonio Colella Arciprete e da Caetani De Carolis Arcipresbitero; per Arce Cerri è apposta la firma di Hieronimus Grossi, Curato.

L' ...oscuramento degli affreschi di S. Berardo

La conversione del bravo De Ambrosio
In una nota manoscritta del dr. Giuseppe Mantica, (1909-1970) si trova la soluzione dell'enigma di quando furono ricoperti gli affreschi che lo scorso anno sono stati riportati alla luce nella chiesa di San Berardo.
L'illustre cultore d'arte raccolse la testimonianza di Vittorio Di Giacomo (1917-2005) che fornì una descrizione minuziosa dell'opera pittorica: "...stava inginocchiato davanti ad un crocefisso. Egli chiedeva il perdono per le sue bravate e il crocefisso è rappresentato con la testa piegata in segno di assenso. Il Barnabei aveva i capelli lunghi, colletto arricciato, polso ricamato, pantaloni in nero aderenti, scarpe con fibbia."
Una ricordo cosi vivo e preciso (era inaridito solo sul colore dei pantaloni) si ha dopo una lunga contemplazione dell'opera; è quindi altamente probabile che il magnifico affresco sia stato ricoperto nel 1933 (quando Vittorio aveva 16 anni, quindi è stato visibile per 308 anni) dal ...Braghettone locale, Francesco Corradino che, come hanno dimostrato i vari saggi esperiti sulla chiesa lo scorso anno, coadiuvato dai suoi assistenti Salvadei Andrea e Gervasi Luigino, si è cimentato in quest'opera di ricopertura degli affreschi in molte parti dell'edificio sacro.
La ...firma del... Braghettone Corradino
E' quindi praticamente certo che sino a quella data i collesi abbiano potuto ammirare quella magnifica rappresentazione che, dal 2015, si può nuovamente apprezzare in tutto il suo splendore, nella chiesa di San Berardo, per la solerte attenzione che il Presidente dell'Amministrazione Separata dei beni Civici Mario Dionisi, rivolge al patrimonio artistico di Colli.
Vittorio di Giacomo confida, inoltre, altri particolari coloriti ed inediti sulla figura di Fabrizio de Ambrosio (alias Barnabei): sembra che fosse un provetto lanciatore del giavellotto e che riuscisse a scagliare l'attrezzo oltre il campanile della chiesa di San Nicola di Bari. Sapeva anche maneggiare con destrezza il pugnale perché spesso si recava nei paesi vicini a sfidare a duello i cittadini del luogo nel corso delle feste patronali. Questa attitudine gli aveva procurato una fama di ...guastafeste.
Ringrazio i fratelli Mantica, ed in particolare Marcello, che mi hanno voluto conferire la copia fotostatica degli appunti che il loro compianto papà aveva raccolto su Colli, forse con il proposito di scriverne una storia, che sono una miniera di notizie interessanti sul nostro paese.

Ricostruito l'albero genealogico dei Panegrossi

L'albero Genealogico della famiglia Panegrossi redatto dal Dr. Mantica
Un prezioso manoscritto lasciato dal dr. Mantica (consorte di Valeria Panegrossi), custodito da Marcello Mantica, ci consente di avere un'esatta rappresentazione dell'albero genealogico della prestigiosa famiglia Panegrossi di Colli di Monte Bove.
Questo testo è un'ulteriore smentita alle fantasiose ricostruzioni sull'origine della famiglia, nel Seicento, apparse su un periodico locale e sul portale di informazione locale Terremarsicane. Avevamo già dimostrato, in un precedente post, che non vi era traccia dei Panegrossi a Colli nella seconda metà del Seicento ed avevamo pubblicato il primo documento che attestava la loro esistenza nel nostro territorio, grazie al professore Adolfo Bultrini che ci aveva fatto pervenire l'atto di matrimonio tra Antonio Panegrossi e Angela Romana Carlizza del 1782. Era la stessa fonte che, autonomamente, il dr. Mantica aveva rintracciato nella seconda metà del secolo scorso.
Il manoscritto ci propone anche un'interessante novità: il tratteggio di uno stemma araldico che per l'iconografia fa pensare ad una origine nobile della famiglia Panegrossi. La presenza, nella referenza iconografica, di monti trilobati ricorda lo stemma della famiglia comitale dei Marsi (cinque monti).
Infine seguendo questo collegamento ipertestuale si ottiene, in download xls, una più accurata ricostruzione dell'albero genealogico della famiglia Panegrossi che è il frutto della collaborazione di Marcello, Alberto e Sandro Mantica con il Dr. Aldo e Silvana Panegrossi.

Agli albori della storia di Colli

Un periodo scarsamente studiato della storia di Colli è quello della sua probabile fondazione. Spesso l’aneddotica, il mito fondante del Paladino Orlando e la sua spada Durlindana, rispolverato anche di recente sui social network con risvolti decisamente esilaranti, prendeva il sopravvento sulla ricerca scientifica rigorosa: tra le tante ipotesi frivole che ci è capitato di leggere soltanto due contributi, legati, in verità, più alla linguistica che alla ricerca storiografica e, una lontana eco, nelle Annotazioni delle Memorie storiche... di don Paolo Panegrossi ci sono parsi come lodevoli sforzi per comprendere questo evento cruciale del nostro paese.
Gli scavi che l’école français de Rome ha condotto lungo la valle del Turano dal 1993 e la pubblicazione del voluminoso carteggio relativo ai sondaggi svolti che hanno rivelato le due fasi di “incastellamento” del territorio, unito al prezioso lavoro di ricerca effettuato sui documenti castrali del Regesto Farfense e sulle vicende dinastiche della famiglia dei Conti dei Marsi nell’area, ci consentono ora di comprendere meglio, almeno la temperie storico-sociale, nella quale è stato costruito il castello, primo nucleo abitativo dalla espansione del quale sorse Colli.
Genealogia dei Conti dei Marsi
La prima attestazione documentale della presenza dei Conti dei Marsi nella media valle del Turano risale al 1030; ma i possedimenti della famiglia comitale in territorium carsolanum risalgono alla seconda metà del X secolo ed è altamente probabile che il castello di Colli sia stato costruito in questa epoca, prima come baluardo alle esondazioni saracene dalla valle del Turano, poi entrando a far parte di un sistema di difesa speculare che comprendeva il castello di Oricola e di Carsoli.
Al primo posto dei proprietari fondiari della valle del Turano figuravano i Conti dei Marsi e di Rieti. Dopo la morte del capostipite Berardo I (947-972), suo figlio Rainaldo II (972-1000) gli successe come Conte dei Marsi, mentre un secondo figlio Teodino (970-1000), divenne Conte di Rieti.
Il tentativo della dinastia di radicarsi profondamente nell'area è testimoniata dalla creazione di una effimera Diocesi di Carsoli dal 1050 al 1056 (vescovo Attone) e di ritagliarsi un territorio ben munito e fortificato procedendo al cosiddetto "primo incastellamento" della media valle del Turano, come hanno confermato gli scavi dell'école français de Rome nei territori di Offiano e Montagliano. Dal 1060, la rottura della solidarietà familiare, determinò lo smembramento di questi possedimenti a vantaggio dell'abbazia di Farfa.
 

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